by Sergio Segio | 26 Marzo 2011 7:07
NAPOLI — L’odore malato della discarica arriva fino a piazza Rosa dei Venti. Una decina di anziani chiacchierano sotto alla tenda del presidio. Alcuni indicano lo striscione appeso sulla cancellata delle case popolari. «Avevamo ragione noi» c’è scritto. Non si muove nulla. Non passano camion carichi di monnezza. Tutto fermo. Anche il grande buco da settecentomila tonnellate, che dovrebbe prendersi il grosso della spazzatura di Napoli. Lavori in corso, c’è da collaudare gli argini, a rischio smottamento. Per dieci giorni, rivolgersi altrove. Già , ma dove? Sembra di essere tornati al maggio 2008. Il rondò tra Chiaiano e Marano, dominato da una struttura in metallo che rappresenta una nave affondata, era diventato famoso in tutta Italia come piazza Titanic. La soluzione al dramma dei rifiuti napoletani passava per quest’incrocio che conduceva alla futura discarica. Scontri, cariche, barricate, politica in ebollizione. La fecero. Adesso siamo ai resti, come dicono da queste parti. È arrivata al limite massimo, colma di monnezza dopo due anni di vita accidentata, tra frane, smottamenti dell’invaso e allarmi sul percolato che sgocciolava nella selva che la circonda. Il sistema rifiuti è costruito per stare in un equilibrio precario, su un filo che rischia di spezzarsi da un momento all’altro. Così i dieci giorni di manutenzione a Chiaiano sono il battito d’ali che genera nuovi cumuli a fare da spartitraffico lungo via Toledo, sommerge i quartieri periferici di Ponticelli, riporta l’orologio indietro allo scorso Natale, ultima tappa di una emergenza eterna. In strade come via Tasso e corso Vittorio Emanuele ci sono auto incastrate tra i sacchetti neri, e mezzi pubblici che slalomeggiano a fatica su carreggiate intasate di immondizia. Oggi sono milleduecento le tonnellate a terra, nel fine settimana gli impianti lavorano a scartamento ridotto, entro lunedì mattina si arriverà a duemila. I rifiuti stanno tornando. In silenzio, senza destare scandalo. Anche la peggiore delle vergogne può creare assuefazione. La corsa contro il tempo è ripartita. Chiaiano è ormai piena, ancora non c’è traccia del buco che rimpiazzerà quello che sta per chiudere. L’accordo firmato lo scorso 4 gennaio a Palazzo Chigi prevedeva la «rapida» individuazione di un sito per realizzare «immediatamente» una nuova discarica nel Napoletano. Quattro mesi dopo non è dato sapere dove, se e quando si farà . La Provincia sta trattando con i sindaci dell’area vesuviana, ma a Terzigno non era finita propriamente in un trionfo, con la rivolta della popolazione e la conseguente marcia indietro. C’è da pensare al futuro prossimo, ma il presente è segnato dai cumuli. La nuova crisi, si spera passeggera in attesa della seguente, è dovuta al blocco di Chiaiano, unico invaso napoletano, e all’impianto di tritovagliatura di Caivano, da due mesi completamente fermo a causa della frazione umida che ha invaso ogni pertugio disponibile. Era la parte di monnezza che doveva andare in Spagna per nave, così era stato annunciato durante l’emergenza natalizia. L’accordo invece non è stato fatto, il «molle» è rimasto qui, dove nessuno sa come fare a smaltirlo. Caivano riaprirà solo tra 50-60 giorni. Un’eternità . In questi tre mesi i camion dell’Asia, l’azienda cittadina incaricata della raccolta, hanno scorrazzato per tutta la Regione, portando i rifiuti ad Avellino e Caserta. Ma dal 7 marzo la discarica di Pianodardine viaggia a metà carico, per problemi tecnici all’invaso, e ha rimandato indietro le cento tonnellate quotidiane in arrivo da Napoli. Il 17 marzo la Procura di Benevento ha sequestrato la discarica di Sant’Arcangelo di Trimonte, uno dei siti aperti per tamponare la grande crisi dell’inverno 2008, che raccoglie tutti i rifiuti della sua provincia e quelli di Napoli quando c’è urgenza, cioè sempre. «Inquinamento causato dall’illecito smaltimento del percolato prodotto all’interno della discarica, nonché pericolo di frana e di disastro ambientale» . E così, seguendo l’allarme per l’ambiente, si torna alla casella di partenza di questo maleodorante gioco dell’oca. Agli anziani del presidio di Chiaiano, al loro striscione e all’odore mefitico che si respira quando gira il vento. Nei giorni scorsi un’inchiesta della Procura antimafia di Napoli ha portato alla perquisizione dell’impianto e degli uffici delle società incaricate di gestirlo. L’ipotesi di reato è la frode in pubbliche forniture. Per la copertura dei rifiuti sversati sarebbe stata utilizzata semplice argilla, di scarsa qualità , e terreni di risulta. I comitati e gli abitanti della zona hanno passato due anni a lamentarsi dei miasmi. Avevano invocato più volte controlli e analisi per la sicurezza del sito, ricevendo in cambio un’alzata di spalle. Adesso che vedono confermati i loro timori, sono tornati ad affollare il presidio, pronti a bloccare i camion quando la discarica verrà riaperta. Tanto dura poco, dicono tutti. Sulla carta, Chiaiano dovrebbe chiudere all’inizio dell’estate. Ma l’esaurimento tecnico dell’invaso è previsto per il 16 maggio. Il giorno dopo l’elezione del prossimo sindaco di Napoli.
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