Mubarak e famiglia agli arresti nella villa sul Mar Rosso
GERUSALEMME – Non è un esilio quello di Hosni Mubarak, l’ex presidente egiziano rovesciato lo scorso 11 febbraio, nella sua residenza presidenziale di Sharm El Sheikh sulle rive del Mar Rosso. L’ex raìs, che vive nel sontuoso compound presidenziale insieme alla sua famiglia, è un detenuto. Lo ha chiarito ieri pomeriggio smentendo le voci di una sua fuga in Arabia Saudita, rilanciata da diversi media arabi, il comunicato n.29 delle Forze armate che controllano l’Egitto dopo la sua caduta. Tutta la famiglia del raìs, compresa la moglie Suzanne e il figlio Gamal, sono «stati posti in residenza sorvegliata, con il divieto di lasciare il paese». È a Sharm el Sheikh che l’uomo che ha guidato l’Egitto per più di trent’anni aspetterà il suo destino. Sulla sua testa pendono diversi capi d’accusa, frode, storno di beni dello Stato, appropriazione indebita, ma soprattutto la Commissione che indaga sulle violenze durante le manifestazioni contro di lui ha chiesto alla procura di incriminarlo insieme al suo ministro dell’Interno, Habib al-Adli, per le uccisioni di centinaia di manifestanti durante le proteste. Durante la Rivoluzione del 25 gennaio, almeno 360 persone morirono e migliaia rimasero ferite, spesso da colpi d’arma da fuoco, proiettili di gomma e getti degli idranti sparati dalle forze di sicurezza. Al-Adli è già stato rinviato a giudizio per riciclaggio e sperpero di denaro pubblico. Per la repressione delle proteste sono già stati arrestati diversi alti ufficiali della polizia. La Giustizia egiziana sta anche valutando l’incriminazione di diversi esponenti del regime per la violazione dei diritti dell’uomo, per le torture sistematiche nelle carceri contro gli oppositori. Il procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja, l’argentino Luis Moreno-Ocampo, è stato al Cairo la scorsa settimana per una serie di incontri con le autorità egiziane e con attivisti dei diritti dell’uomo. Al centro del colloqui, l’adesione dell’Egitto al protocollo istitutivo della Corte e la ratifica dello statuto della Corte per consentire di esaminare la possibilità di processare davanti alla Cpi l’ex presidente, i suoi ministri e gli agenti di polizia accusati di omicidio e di crimini contro l’umanità per le violenze contro la popolazione civile durante le proteste. Prigioniero nel suo palazzo sul Mar Rosso, privato di gran parte della fortuna che aveva accumulato all’estero – bloccati i conti in Europa, quelli in Svizzera e quelli negli Emirati arabi uniti – Mubarak si dovrà accontentare della sua modesta pensione di ex generale. Stando all’Istituto di previdenza egiziano, l’ex raìs avrà diritto ad una pensione di 2mila sterline egiziane, poco meno di 240 euro al mese. La pensione è stata calcolata sulla base del suo incarico a capo dell’Aeronautica militare nel 1969. Quella del suo braccio destro, l’ex vice presidente Omar Suleiman, sarà invece di 43mila sterline egiziane (5.125 euro), anche in questo caso calcolata sulla base del precedente incarico alla guida dei servizi segreti. Ad entrambi non è stato riconosciuto il trattamento previdenziale per i vertici di Stato, come se gli ultimi trent’anni che li hanno visti al potere non fossero mai esistiti.
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