by Editore | 29 Marzo 2011 6:48
ROMA – «Sulla responsabilità civile andiamo avanti: ce lo chiede l’Europa e la gente è con noi». Silvio Berlusconi non sente storie, non accetta raccomandazioni alla prudenza. Se il Quirinale, raccogliendo le osservazioni del Csm e le critiche dei magistrati, esercita la sua moral suasion per scongiurare il blitz sulla responsabilità civile delle toghe, il premier non ha intenzione di deflettere. «Il 73 per cento degli italiani», ha dichiarato trionfante alcune sera fa a palazzo Grazioli, sventolando un sondaggio, «pensa che i magistrati debbano rispondere degli errori di tasca loro. Esattamente come gli altri professionisti». Nessuna fuga in avanti dunque e nessuna sorpresa per l’emendamento del leghista romagnolo Gianluca Pini alla legge comunitaria 2010. Tanto che lo stesso Pini ieri ha fatto cadere il velo, rivelando di aver informato il Guardasigilli «già la scorsa settimana» della modifica che avrebbe di lì a poco depositato in commissione. Un gioco delle parti insomma, perché, come spiega un esponente del “gruppo di lavoro” Pdl sulla giustizia, «a Berlusconi fa comodo che questa norma sia presentata dalla Lega, così nessuno potrà accusarci di ritorsione contro i magistrati». L’unica concessione che il Pdl intende fare è di natura cosmetica: una diversa formulazione dell’articolo 12, un perimetro più circoscritto dei casi in cui il magistrato deve rispondere personalmente del suo errore, ma che ne mantiene intatta la portata. Il possibile conflitto con Napolitano non induce per ora il Cavaliere alla retromarcia. Anzi, è da giorni che il premier rimugina su quello «sgarbo» che, a suo dire, il Quirinale gli ha fatto nominando “con riserva” il ministro Saverio Romano. E non vede l’ora di restituirglielo. La temperatura tra i due palazzi è tornata gelida. «Prima o poi vedrete che scoppierà uno scontro istituzionale – profetizzava il giorno della nomina di Romano il coordinatore del Pdl Denis Verdini – perché Napolitano ha una concezione presidenziale del suo ruolo. E non ci vengano a dire che il Quirinale è intoccabile: è sempre stato il Pci, di cui Napolitano mi sembra facesse parte, ad attaccare i presidenti della Repubblica del passato, Gronchi, Segni, Leone fino a Cossiga. Salvo poi glorificarli da morti». Insomma, nel centrodestra non c’è aria di piegare la testa. E l’argomento scelto, quello della responsabilità civile dei magistrati, si presta sicuramente meglio delle leggi ad personam per sostenere uno scontro pubblico. «Questa legge – spiega il sottosegretario Andrea Augello in Transatlantico – è il calcio d’inizio della finale tra Berlusconi e i giudici. Un terreno di gioco perfetto, perché indurrà le toghe a una reazione corporativa, di casta. Prevedo che Montecitorio diventerà un Maracanà , quelli dell’opposizione ci hanno già consegnato le dichiarazioni di guerra». La partita sulla responsabilità civile si gioca in un collo di bottiglia che vedrà nei prossimi giorni il premier tornare al palazzo di giustizia di Milano, mentre in Parlamento i suoi cavalcheranno il processo breve e le altre norme anti-pm. Ieri il Cavaliere ha iniziato la sua controffensiva mediatica, offrendosi alle telecamere in un gesto identico a quello del “Predellino”. Una dimostrazione di spavalderia decisa all’ultimo minuto, mentre gli avvocati avevano previsto un’uscita in auto dal retro del tribunale: «Ho fatto vedere a tutti che non scappo – ha riferito più tardi il premier al telefono da Milano – anche se considero questo processo basato su un’assoluta menzogna». All’uscita dal palazzo di Giustizia il Cavaliere ha trovato un centinaio di manifestanti del Pdl, accompagnati da Mario Mantovani e da Daniela Santanché. E sembra che non sia stato troppo felice nel constatare l’assenza degli altri big milanesi: «Forse non lo sapevano», ha ironizzato.
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