Libia, video-vertice a quattro senza l’Italia

by Editore | 29 Marzo 2011 7:02

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Ora che il comando militare è passato completamente nelle mani della Nato, i quattro si sono ritrovati ieri pomeriggio in videoconferenza per capire quali possono essere le soluzioni politiche della crisi alla vigilia della conferenza della coalizione che si apre oggi a Londra. Berlusconi non è stato invitato a partecipare all’incontro. Una conferma che l’Italia non è considerato un interlocutore credibile per gestire l’uscita di scena del suo ex alleato di Tripoli. Ieri, mentre il premier turco Erdogan si proponeva come mediatore tra il regime di Gheddafi e gli insorti, Sarkozy e Cameron, come promesso, hanno espresso una posizione comune sulla necessità  di trovare una via di uscita politica dal conflitto, fondata sul riconoscimento del Consiglio di Transizione come l’organismo che dovrebbe sovrintendere al passaggio verso elezioni e alla formazione di un governo democratico in una Libia unita. Il governo italiano, aveva preannunciato una posizione comune con la Germania, ma da Roma e Berlino non è uscito nessun comunicato. Anche perché la Merkel sta ormai da tempo parlando con americani, francesi e tedeschi per cercare di riportare la Germania nella cabina di regia della crisi. Il ministro degli Esteri Frattini si è provato a spiegare che la videoconferenza quadripartita «non sta decidendo niente», e che comunque «l’Italia non sente la sindrome dell’esclusione». Ma fonti vicine al premier raccontano di un Berlusconi infuriato. Un malumore di cui si fa portavoce Osvaldo Napoli, vicecapogruppo Pdl alla Camera: «Berlusconi dovrebbe utilizzare il metodo Sigonella e sospendere subito l’utilizzo delle basi. Non esiste che noi ci carichiamo tutti gli immigrati mentre i cosiddetti alleati fanno i furbi». «No a patti separati, le telefonate di questo tipo non portano a nulla, a formati singolari l’Italia risponde con i fatti», rincarano fonti diplomatiche. Precedentemente, Frattini si era limitato a dire che per la Libia «occorre trovare una soluzione condivisa», e ad augurarsi che «Paesi africani» possano «offrire ospitalità » a Gheddafi, contro cui è in corso un’inchiesta del Tribunale penale internazionale per crimini contro l’umanità . Il ministro italiano è anche tornato a insistere sulla necessità  di aprire un dialogo con le tribù libiche. Più articolata, anche se comunque ancora necessariamente vaga in attesa della conferenza di oggi, la posizione comune espressa da Sarkozy e Cameron. Francia e Gran Bretagna, che appaiono sempre più saldamente al comando della gestione politica della crisi, hanno ribadito l’invito ai partigiani di Gheddafi perché depongano le armi «prima che sia troppo tardi». «L’azione militare non e’ un obiettivo in se stesso – scrivono i due leader – Una soluzione duratura può essere solo politica e decisa dal popolo libico. Ecco perché il processo che comincia domani a Londra è importante». Questo processo, che sarà  tenuto a battesimo dalla Conferenza cui partecipano i ministri degli esteri e i rappresentanti di una quarantina di Paesi e di organizzazioni internazionali, si articola attorno al Consiglio nazionale di Transizione di Bengasi, a cui viene riconosciuto un «ruolo di pioniere». Ad esso spetterà  il compito di organizzare elezioni che portino alla formazione di un governo democratico. E non a caso ieri il Qatar è stato il primo dei Paesi arabi a riconoscere il Consiglio di Transizione come «l’unico rappresentante del popolo libico». Un passo che fino ad ora era stato compiuto solo dalla Francia e dal Parlamento europeo. C’è attesa intanto per il discorso sulla Libia che il presidente Obama dovrebbe pronunciare nella notte. Ma le anticipazioni lasciano intendere che, con il passaggio definitivo del comando delle operazioni militari all’Alleanza Atlantica, la Casa Bianca intenda caratterizzare il ruolo degli Stati Uniti come una azione «di supporto» delle missioni Nato, rinunciando volentieri alla leadership politica della gestione della crisi. «L’impegno dell’America sarà  limitato nel tempo e negli obiettivi», ha fatto sapere il presidente.

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