La favola a lieto fine di Khaled “Ero l’ultimo dei disperati ora ho una mamma italiana”

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LAMPEDUSA – «Khaled ha fatto bingo, ha vinto due lotterie messe assieme, beato lui e che Allah lo aiuti ancora», dice ora Hamed, 13 anni, tunisino, di Kerkena, un’isola di fronte a Djerba. Hamed e Khaled sono partiti insieme, il 14 marzo scorso. Hamed è ancora a Lampedusa, Khaled, 12 anni, ha invece trovato una “nuova” mamma, una giornalista italiana che lo avuto in affidamento e se l’è portato a vivere a Roma. La storia di Khaled sembra uscita da un libro di fiabe, una vicenda tragica ma a lieto fine. L’avevamo in parte raccontata settimane fa quando è arrivato a Lampedusa a bordo di un barcone con altri 64 disperati. Lui era un “doppio” clandestino perché durante il viaggio si era nascosto nella sala macchine del peschereccio per non pagare il viaggio. Solo a poche miglia da Lampedusa Khaled ha lasciato il suo nascondiglio. Khaled era felice quando è arrivato a Lampedusa. Era fuggito da Kerkena perché il padre non lo faceva studiare e lo mandava a lavorare e perché la madre è rinchiusa in manicomio. Ma la sua felicità  era durata poche ore. Poco dopo sull’isola è arrivato un altro barcone. A bordo c’erano die tunisini sopravvissuti a un naufragio nel quale erano morti 32 adulti e otto bambini. E tra questi c’era anche il fratello di Khaled. Lo avevamo incontrato nel centro di accoglienza di Lampedusa ed il suo viso da bambino non passava inosservato. Lo abbiamo rivisto due giorni fa all’aeroporto. Era con la sua “nuova” mamma e si stava imbarcando su un aereo (era la prima volta che volava in vita sua) diretto a Roma. Khaled stringeva al donna, felice come una pasqua, già  ben vestito e pulito. «Sono davvero contento, ma ho ancora il cuore a pezzi per mio fratello. Lui mi aveva detto di non partire, io non l’ho ascoltato e mi sono nascosto nella barca che doveva salpare il giorno dopo. Lui non c’è più, ma io studierò e lavorerò e pregherò sempre per lui». La storia di Khaled la conoscono ormai tutti, nella piccola comunità  dei minorenni di Lampedusa, circa 230 ragazzi dagli 11 ai 16 anni ancora in attesa di una destinazione e fino ad ieri costretti a bivaccare nei locali dell’Area Marina Protetta, in una situazione infernale. Locali sporchi e maleodoranti, senza coperte e spesso senza cibo. Due giorni fa i ragazzi hanno protestato clamorosamente, rifiutando il pranzo, un dodicenne si è tagliato le vene e altri hanno minacciato di farlo. Ieri finalmente qualcosa è cambiato: 83 minori sono stati trasferiti sulla terraferma, gli altri sono spostati nella “Casa Fraternità ” di Lampedusa in un ambiente più tranquillo dove vengono costantemente assistiti anche dai volontari di Save the Children. Ma altri ragazzi arrivano ancora a Lampedusa, ieri una decina, e al largo sono state avvistati cinque barconi con a bordo altre donne e altri bambini. L’odissea di Lampedusa continua


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