In Sicilia e a Pisa le nuove tendopoli così il governo sistemerà gli immigrati
PALERMO – Poche certezze, molte ipotesi, un impegno. «Mercoledì Lampedusa sarà svuotata», annuncia il commissario straordinario per l’emergenza Giuseppe Caruso. La disponibilità finanziaria di diverse decine di milioni di euro, arrivata ieri mattina, gli ha consentito di noleggiare le sei navi che domani pomeriggio dovrebbero “liberare” Lampedusa dall’assedio dei migranti: cinque navi passeggeri di Tirrenia, Grimaldi, T-Link, Grandi navi veloci, più il traghetto della Siremar per Porto Empedocle e la San Marco, capaci di portare via circa 10.000 persone, ben di più dei 6000 profughi ancora a Lampedusa. E c’è l’ipotesi che una delle navi possa rimanere davanti al porto per accogliere a bordo, direttamente dal molo, i nuovi migranti in arrivo. Sui porti di destinazione delle navi c’è ancora grande incertezza: la meta verrà comunicata ai comandanti solo domani pomeriggio dopo che il consiglio dei ministri avrà approvato il piano al quale sta lavorando l’unità di crisi del Viminale. Maroni, che domani incontrerà di nuovo i presidenti della Regione, non nasconde le sue preoccupazioni per il controllo delle coste da parte dell’instabile governo tunisino che proprio ieri ha sostituito il ministro dell’Interno. Il mancato rispetto degli impegni assunti ha persino fatto prendere in considerazione l’ipotesi di rispedire i migranti direttamente in Tunisia con le navi noleggiate ma sembra poco praticabile per il rispetto delle procedure. Il primo urgente nodo da sciogliere è quello della disponibilità immediata dei siti individuati per ospitare tendopoli o per rendere vivibili vecchi edifici o caserme su aree demaniali della Difesa. Dopo quella già realizzata a Manduria, una seconda tendopoli da 800 posti è in via di realizzazione a Trapani, nell’area di Kinisia, a tre chilometri dall’aeroporto di Birgi, oggi base delle operazioni militari in Libia. E una terza per poco meno di un migliaio di posti sarà allestita a Coltano, centro in provincia di Pisa che già ospita un insediamento Rom e che fu sede di un campo di prigionia americano per i repubblichini. Un quarto sito potrebbe essere individuato oggi anche nel nord Italia, ma sembra molto difficile che le tendopoli siano pronte per giovedì e non è affatto escluso che, intanto, i migranti evacuati da Lampedusa possano essere tenuti sulle navi. L’unica certezza è che, ancora una volta, le prime due località in cui verrà smistato poco più di un migliaio dei migranti di Lampedusa sono in Sicilia: Trapani appunto e Caltanissetta, in un’area attigua al Cie di Pian del Lago. E mentre i prefetti di tutta Italia continuano a cercare aree per ospitare tendopoli (i sindaci della Locride hanno dato la disponibilità ad ospitarne una) sopralluoghi sono in corso per verificare l’agibilità dei 13 siti di demanio militare indicati dal ministro La Russa. Alcuni, come l’ex polverificio Boceda in provincia di Massa Carrara, sono già stati dichiarati inidonei. Nella lista dei “13”, ci sono poi due centri in Friuli Venezia Giulia, l’ex poligono Ciarlec di Clauzetto e il deposito a Sgonico; due in Piemonte, l’ex deposito di munizioni Front e l’ex poligono armamento di Cirè; in Lombardia l’ex Campo della promessa a Castano Primo, nei pressi di Malpensa e in Emilia Romagna, a Monghidoro. Altri due centri ancora in Puglia, a Carapelle e nell’ex aeroporto di San Pancrazio Salentino, e in Sicilia, nell’ex deposito di munizioni a Marsala e a Torretta, a pochi chilometri da Palermo. Da Manduria a Trapani, esplode la protesta. Il sindaco di Trapani Fazio chiede un ripensamento per non compromettere l’economia già penalizzata dalla chiusura dell’aeroporto civile. Oggi in programma una marcia su Birgi. Protesta anche il governatore della Puglia Nichi Vendola ieri in visita a Manduria: «Perché migliaia di persone concentrate qui? Se poi leggo che dal Veneto e dalla Lombardia si dice “qui neanche un immigrato”, cosa succede? Che la Sicilia e la Puglia porteranno il carico per intero sulle loro spalle?». Furioso anche il governatore della Toscana, Enrico Rossi: «Se questa è le scelta non la condividiamo, è un atto d’imperio del governo».
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