Il sognatore di vignette e biciclette
E del libro che esce in Italia: “Racconta di quando ero povero e di un regalo che non ebbi mai”. “Mi sento come un trapezista che si allena per ore per poi volteggiare nell’aria per un brevissimo istante” Parigi – «il disegno è un mezzo di comunicazione universale. Può parlare a tutti, al di là delle differenze di lingua e cultura. Per questo cerco di creare immagini con poche connotazioni spazio-temporali, ma capaci di evocare la poesia presente in ogni uomo». Gentilissimo e sorridente, Jean-Jacques Sempé ci riceve nel suo appartamento-atelier all’ultimo piano di un palazzo signorile nel quartiere parigino di Montparnasse. Uno spazio luminoso e ordinato, dominato da una grande vetrata da cui lo sguardo si perde sulla distesa dei tetti di Parigi. Qui, tra tavoli ingombri di fogli e colori, il celebre disegnatore francese crea le sue incantevoli vignette, la cui poetica perennemente in bilico tra ironia e malinconia è ormai conosciuta in tutto il mondo: «I miei disegni nascono sempre dalla fantasia e dalla ràªverie. E questa vista su Parigi è perfetta per perdersi a fantasticare, anche se poi, dato che sono molto pigro, faccio fatica a mettermi al lavoro». Sempé – che fino al 24 aprile espone a Parigi, alla Galérie Martine Gossieaux una serie di illustrazioni sul tema del mare, dell’estate e delle vacanze – si presenta come un artigiano disinteressato alle nuove tecnologie, che da più di cinquant’anni lavora sempre allo stesso modo – «anche perché alla fine sono sempre io da solo davanti a un foglio bianco» – alternando matite, pastelli, chine e acquerelli, a seconda del tema e dell’umore del momento. Non a caso, non ha mai pensato di fare un disegno al computer, che peraltro neppure possiede. «Non credo ai libri elettronici, perché ci saranno sempre dei lettori che avranno voglia di avere un libro vero tra le mani, di sfogliarne le pagine e continuare a sognare. Se proprio devo interessarmi a qualcosa, preferisco guardare alle tecniche del passato, come ad esempio l’incisione», ammette, mentre guarda soddisfatto Il segreto di Monsieur Taburin, un libretto delizioso appena pubblicato in Italia da Donzelli (già editore delle avventure del Piccolo Nicolas), che racconta la buffa storia di un bravissimo meccanico di biciclette che però non sa andare in bicicletta, un segreto che non ha il coraggio di rivelare a nessuno, neppure a sua moglie. «È un libro cui tengo molto, perché per finirlo mi ci sono voluti quasi trent’anni. All’inizio, scrissi e disegnai due terzi dell’avventura di Raoul Taburin in pochissimi giorni, procedendo spedito senza mai fermarmi. Poi però non seppi come concludere la storia, che così è restata per quasi tre decenni nei miei cassetti». Ripreso e abbandonato più volte, il libro ha trovato un finale solo qualche anno fa: «Alla fine, n’è venuta fuori una bella storia d’amicizia, costruita sull’idea che ogni uomo ha probabilmente un segreto nascosto dentro di sé». Una storia che, oltretutto, rende omaggio al grande sogno della sua infanzia: «Avrei tanto voluto avere una bicicletta, ma i miei genitori, che erano molto poveri, non hanno mai potuto regalarmela. Così, quando finalmente ho potuto comprarmene una, per molti anni mi sono spostato a Parigi esclusivamente pedalando. Non mi stancavo mai». Nonostante i settantanove anni e gli innumerevoli successi di una carriera durante la quale ha pubblicato una sessantina di libri, Sempé oggi continua a lavorare di buona lena, dedicandosi come sempre a più progetti contemporaneamente. In questo momento, ad esempio, oltre ai disegni per Paris Match e il New Yorker, due testate con cui collabora da moltissimi anni, sta preparando due nuovi libri, uno dedicato all’infanzia e uno di vignette umoristiche, che sono la sua vera passione: «L’ironia non deve mai trasformarsi in cattiveria. Un vignettista non deve infierire né prendersi troppo sul serio, pensando d’essere migliore degli altri. Al contrario, deve essere dotato di una certa autoironia. Nei miei disegni evito di fare la morale, preferisco far sorridere con leggerezza, una qualità che però domanda moltissimo lavoro. In fondo, mi sento come un trapezista che si allena per ore per poi volteggiare nell’aria per un brevissimo istante». Per questo ricomincia le sue illustrazioni infinite volte, senza mai esserne pienamente soddisfatto, sebbene oggi sia più indulgente con se stesso di quanto non lo sia stato in passato: «In fondo, cerco sempre la perfezione, anche se non so mai bene cosa sia». Per ottenere un buon disegno occorre naturalmente saper osservare la società , cogliendone i dettagli che ne rivelano le debolezze e le contraddizioni, le incongruenze e le stranezze. E Sempé, seppure abbia spesso dichiarato d’essere poco interessato alla realtà , sa osservare benissimo il mondo che lo circonda. «Se disegno una strada, non mi metto certo a disegnare cavalli e carrozze, ma automobili e camion. È così che la realtà entra nei miei disegni, benché sempre filtrata dal mio punto di vista», spiega, ricordando che la società contemporanea gli sembra «molto più dura, più violenta, più rapida, ma anche molto più monotona», di quella della sua giovinezza. «Oggi tutto tende all’uniformità , tutto si assomiglia, quindi per un disegnatore è meno divertente rappresentare il reale. Ecco perché cerco di metterne in luce gli aspetti più buffi o stravaganti», conclude l’autore del Segreto di Monsieur Taburin, che, «di fronte ai grandi maestri del passato», considera un suo dovere restare «necessariamente umile». E mentre ci saluta, accendendosi l’ennesima sigaretta, si lascia andare a un’ultima confidenza: «Sono sempre stupito dalla caparbietà degli uomini che cercano in ogni situazione di crearsi almeno un pezzetto di felicità . Che per me, poi, ha sempre qualcosa a che fare con la poesia». Ecco, adesso forse abbiamo capito. Au revoir, Monsieur Sempé.
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