Franzen-Piperno e il pubblico impaziente
Perché la noia, come scrive Leopardi, è la «semplice vita sentita, provata, conosciuta, pienamente presente all’individuo e occupantelo». La noia siamo noi. Praticarla senza timore, senza angoscia, significa far pace con la nostra miseria. Perché mai, mi chiedevo, attribuiamo valore salvifico alla meditazione, a una pratica che consiste nello stare ore seduti sui ginocchi bramando il vuoto, e non riconosciamo più il senso della nostrana e antica noia? Lo pensavo l’altra sera, per colpa di uno scalpitìo, un’insofferenza che si percepiva in platea fin dalle prime battute. Era successo che per presentare lo scrittore americano super star, e dialogare con lui, era stato chiamato uno scrittore italiano, Alessandro Piperno. Più diversi, persino nell’aspetto, i due non potevano essere. Da una parte Franzen, in jeans e camicia, il maschio occidentale forever young capace di lunghe passeggiate nei boschi e grande cordialità , dall’altra lo scrittore introverso in abiti di sartoria, amante della letteratura francese, perfettamente a suo agio in biblioteca e nella aule universitarie, ma di certo poco attratto dalla natura e i suoi sentieri. L’incontro (bell’anticipo del festival “Libri Come”) poteva essere affascinante. Bastava avere un po’ di pazienza. E invece non ne abbiamo avuta. E appena Piperno si è allungato un po’, ha cincischiato con eleganza, fuori dai tempi-fast a cui la tv ci ha abituato, azzardandosi a parlare di letteratura senza darci in pasto al volo lo scrittore figo, il pubblico si è ribellato. Una parte dei 600 presenti, non tutti. Ma una parte rumorosa. Con battute, grida. Fateci sentire l’americano, fatece divertì. Sacrosanto. Perché Franzen quando riceveva la parola sapeva incantare. È spiritoso, brillante, sa fare le pause e modulare la voce, si è prodotto persino in una esilarante imitazione dello scrittore americano rozzo di fronte all’intervistatore inglese raffinato. Perfetto, niente da dire. Ma le cose preziose non sono solo quelle che ti saltano in braccio come gattini. Specie se si parla di libri, a volte la bellezza sta dopo, nascosta sotto strati e strati di cose pesanti e indigeribili, che ti si fiaccano i muscoli a spostare. Ci vuole un po’ di pazienza, ma ne vale la pena.
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