Dall’Opa alla holding in comune le strategie per fermare i francesi

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MILANO – Il decreto del governo che permetterà  di spostare l’assemblea di Parmalat a giugno ha di fatto riaperto i giochi sulla società  di Collecchio. Ora sul tavolo di Intesa Sanpaolo e Mediobanca, le banche che in questa fase sono più attive per trovare una soluzione alternativa a Lactalis, sono squadernate più possibilità . Ma tutto ruota intorno a un “pivot”, un gruppo alimentare dalle spalle forte come Ferrero, che possa agire da aggregatore. Il se è d’obbligo perché nelle negoziazioni che poi hanno portato Lactalis a comprare le quote dei fondi esteri, Ferrero era in contatto con i venditori ma è apparso titubante. Alla fine non si è seduto al tavolo della trattativa vera e propria e questa incertezza ha permesso ai francesi di concludere il blitz in meno di 12 ore. Adesso i Ferrero sembrano più “caldi” ma molto dipende dal via libera all’operazione che vorrà  dare il patron Michele Ferrero, dal momento che i due figli Pietro e Giovanni appaiono smaniosi di intraprendere nuove avventure. Le possibilità  sul tavolo sono sostanzialmente tre. O la cordata italiana – che può già  contare su circa il 6% tra Intesa, Mediobanca e Generali – cerca di rafforzare la posizione rastrellando azioni in Borsa e avviando una sorta di proxy per aggregare altri investitori istituzionali. O lancia un’Opa, totalitaria o parziale. O fa un accordo con i francesi per formare una sorta di holding che controlla il gruppo, un po’ come è successo su Edison e su Telecom Italia. Il rastrellamento in Borsa non è impossibile, anche perché Lactalis ha dimostrato che si può fare senza attirare troppo l’attenzione e limitando la crescita del prezzo del titolo. Con Ferrero in campo le munizioni non mancherebbero considerando che, secondo indiscrezioni, Intesa aveva già  deliberato in consiglio di gestione un investimento in Parmalat da ulteriori 300 milioni. A quel punto si arriverebbe a una battaglia in assemblea in cui si confronterebbero due piani industriali alternativi per Parmalat, uno italiano e uno francese. La soluzione dell’Opa sarebbe quella risolutiva, nel senso che Lactalis non ha le munizioni finanziarie per una contro offerta e sarebbe costretta a uscire comunque con una plusvalenza rispetto all’investimento iniziale. L’esborso della cordata italiana in questo caso potrebbe essere più limitato se si procedesse con un’Opa parziale, sul 60-70% del capitale. L’ultima via, forse la più difficile da perseguire, è quella di un’alleanza tra Ferrero e Lactalis per un controllo congiunto su Parmalat. Sebbene le diplomazie siano al lavoro, chi conosce bene i due gruppi riferisce che entrambi sono a conduzione famigliare e abituati a comandare sui propri possedimenti. Si andrebbe in questa direzione solo se il governo italiano intraprenderà  altri passi forti nella direzione della reciprocità  e se nessuno fosse disposto a lanciare un’Opa. A quel punto Lactalis dovrebbe venire a più miti consigli ma il rischio di un calderone italo-francese ad alta conflittualità  diventerebbe molto alto.


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(la Repubblica, 11 marzo 2007, Pagina 48 Economia)

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