Cina, la repressione silenziosa

by Sergio Segio | 29 Marzo 2011 16:43

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A fari spenti, senza la consueta attenzione internazionale, la Cina sta procedendo nella sua marcia spedita verso il completo annientamento di quello strano fenomeno, chiamato la rivolta del gelsomino[1]. Un evento che ha scosso la rete, sotto forma di chiamate a manifestare, riflessioni, opinioni e partecipazione virtuale, cui è seguita una straordinaria prevenzione e repressione nella vita reale. Un evento che non fosse stato offuscato dalle rivolte del Mediterraneo sarebbe stata la notizia dagli esteri per ogni media. Con la corsa – comprensibile – dell’infomazione alla copertura di quanto accade in Libia[2], Siria e Giappone[3], invece, la Cina ha portato avanti una mastodontica manovra di accerchiamento nei confronti di chiunque fosse in odore di dissidenza, senza che quasi nessuno se ne accorgesse.

Dall’inizio di febbraio ad oggi, dalla prima apparizione sul sito sino americano di boxun.com della chiamata alla rivolta del gelsomino, centinaia sono stati gli attivisti fermati, arrestati, costretti in casa, impediti a viaggiare o controllati ad ogni minimo spostamento. Contemporaneamente all’annuale Assemblea Nazionale si è proceduto prima a spegnere le voci, poi a indebolire i pochi microfoni rimasti (Gmail a singhiozzo, Linkedin bloccato poi sbloccato, la rete strizzata a più riprese, per finire con la campagna contro le vpn, unico pertugio con il quale ovviare alla censura dell’ormai noto Great Firewall).

Arresti e sparizioni
E cominciano ad affiorare storie inquietanti e nomi rilevanti. Yang Hengjun è un cinese con passaporto australiano. Ha lavorato per il Ministero degli Esteri cinese, è stato il primo scrittore di romanzi di spionaggio politico in Cina. Ha deciso di pubblicare i suoi lavori in rete, che riconosce come suo editore, decidendo di vivere tra Cina e Australia, nell’ottica di approfondire quella funzione di ponte tra culture diverse di cui come molti altri cinesi si è sentito investito. Si dichiara un patriota e ha affermato che “non importa se sei uno studente, un cittadino comune o un funzionario ufficiale. Per risolvere i problemi della Cina moderna stai sicuro che troverai utile studiare le questioni oggetto di dibattito in occidente e come vengono affrontate”.

L’ultima chiamata ad un amico – sabato scorso – lo dava a Canton: nelle parole raccolte dal suo conoscente, una sferzata di preoccupazione. Yang Hengjun era convinto di essere seguito da tre uomini. Infine è scomparso inghiottito dal silenzio e dalla probabile detenzione. Non è l’unico, non è il primo e non sarà  l’ultimo. La Cina macina arresti e accuse a mesi di distanza, facendo luce su persone scomparse il cui destino si intuiva, senza averne la certezza, o forse semplicemente non volendoci credere. Sono nomi su Twitter, su blog, con cui però chi vive in Cina e opera nei media, intrattiene relazioni, anche solo attraverso scambi di mail o messaggi via microblog. Gente, carne e sangue, persone reali, fuori da ogni mitizzazione e apprezzate per essere voci fuori da un coro spesso impegnato a ripetere lo stesso mantra, abilmente suggerito dalla Propaganda e dalla socialità  cinese.

Ran Yunfei è stato arrestato il 20 febbraio. Anche per lui la connessione maligna, dal punto di vista dell’autorità  cinese, era con le rivolte del gelsomino: Ran Yunfei aveva twittato gli appelli alla rivolta. Il reato: un forward di un messaggio lanciato chissà  da chi. Un silenzio di un mese cui è seguita ieri l’accusa ufficiale che conferma l’arresto: sovversione di stato.

Fili storici e manovre politiche
C’è un filo storico che lega tutti gli attivisti cinesi contemporanei, ed è Charta 08[4], il manifesto della nuova generazione di dissidenti. Un documento che ha finito per unire in un unico calderone nuovi arrivati, vecchi attivisti di proteste innnominabili, quelle del 1989, vecchi politici ai margini da tempo della politica che conta perché scoperti a filtrare con personaggi sospetti, come Bao Tong, ai domiciliari da vent’anni. E’ questo – secondo molti degli opinionisti che stanno in Cina – il brodo nel quale sarebbe nato e sviluppato il tentativo delle rivolte del gelsomino.

Anche Liu Xianbin[5], già  in carcere e quindi in disparte rispetto alle vicende legate ai gelsomini, si è visto ricondannare a 10 anni. Le accuse sono le stesse di Liu Xiaobo, ma questi ultimi arresti sono passati nel silenzio generale dei media, senza dare adito a proteste, comunicati, figurarsi premi Nobel.

E’ preoccupante la stretta cinese, perché nei corridoi di Zhongnanhai, la sede dei potenti locali, qualcosa sta accadendo. Si può riflettere su questo giro di vite, immaginando una resa dei conti ai piani più alti con una parziale vittoria dei falchi all’interno del Partito, in vista del passaggio di consegne tra l’attuale dirigenza e la quinta generazione dei leader cinesi, con Xi Jinping[6], probabile futuro presidente e segretario del Pcc. Se l’attuale guida politica – la coppia Hu Jintao e Wen Jiabao – si è sempre tenuta in equilibrio, sbandierando piccoli segnali di aperture, in concomitanza con il consueto pugno duro (dimostrato in occasione del Nobel a Liu Xiaobo o del controllo sui giornalisti stranieri nei giorni delle proteste del gelsomino), è pur vero che specie nei confronti dell’opinione pubblica on line si era potuto sentire qualche meccanismo muoversi. Democrazia incrementale, interviste di Wen Jiabao alla Cnn in cui definiva la democrazia una necessità , un dibattito intellettuale vivo, segnali di piccole e minime aperture. Le chat in diretta, pur con utenti selezionati, di Wen Jiabao lasciavano inoltre intendere che, pur con caratteristiche cinesi, la dirigenza locale stesse approcciando la società  civile on line con una certa attenzione e cura.

Invece. Ed è complicato, anche più del normale, scrivere di questi ultimi eventi dalla prospettiva di chi aveva deciso di tratteggiare ed esplorare anche altre facce della Cina, quelle legate al cambiamento, ai piccoli ma presenti segnali di un paese che va incontro ad un destino ancora da scrivere, in cui poter prendere parte e modificarne il percorso. Mamma Cina, come raccontavano i ragazzi del 1989, si fa amare, ma non ama tutti allo stesso modo.

http://carattericinesi.china-files.com/febbraio01.php

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Endnotes:
  1. rivolta del gelsomino: http://it.peacereporter.net/articolo/27034/La+Cina+e+il+gelsomino
  2. Libia: http://it.peacereporter.net/articolo/27576/Dossier+Libia
  3. Giappone: http://it.peacereporter.net/articolo/27454/Il+Giappone+in+ginocchio
  4. Charta 08: http://it.peacereporter.net/articolo/24578/Nobel+per+la+Pace+a+Liu+Xiaobo%2C+il+pi%F9+famoso+dissidente+cinese
  5. Liu Xianbin: http://it.peacereporter.net/articolo/22842/Cina%2C++arrestato+di+nuovo+l%27attivista+Liu+Xianbin
  6. Xi Jinping: http://it.peacereporter.net/articolo/24766/Cina%2C+il+futuro+leader

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2011/03/cina-la-repressione-silenziosa/