Catastrofe innaturale è il prezzo del profitto inseguito a ogni costo

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Il motivo è tragicamente semplice: questo Paese è situato alla confluenza di quattro “placche tettoniche”, parti della crosta terrestre dello spessore di circa 100 chilometri. Queste placche non smettono di muoversi, di entrare in collisione, di sovrapporsi, provocando così numerosi sismi nella regione: nel corso degli ultimi dieci anni, 16 sismi di grande intensità  (tra 5,8 e 8,1) hanno colpito il Giappone. Il 17 gennaio del 1995, un terremoto di grandissima magnitudo (7,3) devastò la città  di Kobe e le regioni di Osaka e Kyoto, provocando 6.500 morti e distruggendo 250.000 abitazioni. L’anno dopo, il 15 novembre 2006, uno dei terremoti più violenti di tutti i tempi (8,1) fece scattare un allarme tsunami nell’estremo nord dell’arcipelago giapponese. La settimana scorsa, la magnitudo del sisma dell’11 marzo è stata rivalutata come un grado 9! Questo lo pone al quarto posto mondiale dal 1900 in poi e lo rende il più importante nella storia recente del Giappone. Considerando le dimensioni della tragedia e le terribili incertezze sulla dispersione di radioattività , non è ancora opportuno dare giudizi definitivi su un evento tanto complesso quanto doloroso. Attualmente, non dobbiamo temere in Europa una contaminazione grave dovuta alle fughe radioattive di Fukushima, che si disperdono in dosi infinitesimali e, dunque, non sono pericolose per la salute. Ricordiamoci delle decine di esplosioni termonucleari per esperimenti militari realizzate dagli anni Cinquanta e che non hanno avuto, pare, conseguenze a livello mondiale. In Giappone, invece, e forse in alcune regioni del Sud-Est asiatico, tutto dipenderà  dall’intensità  delle radiazioni e dal tempo di esposizione ai fattori radioattivi. Al momento la situazione a Fukushima è fuori controllo. La salute di milioni di giapponesi, quindi, è minacciata: i potenziali effetti delle radiazioni potrebbero fare di Fukushima una seconda Chernobyl. Gli ingegneri della Tepco non ce la fanno e sono evidentemente incompetenti. I sistemi di sicurezza sono manifestamente insufficienti. La catastrofe, dunque, è diventata, sotto certi aspetti, globale: in molti paesi, l’industria nucleare civile è oggetto di violenti attacchi. Questo riguarda anche l’Italia, che compra dalla Francia elettricità  “nucleare”. La prima domanda è sulla cosiddetta fatalità : «Non potevamo prevedere gli effetti dello tsunami», hanno dichiarato a turno i responsabili giapponesi in tv. Ciò è molto discutibile: come osano evocare in questo modo gli effetti di questo potente tsunami in un paese che ne ha subà­ti centinaia nella sua storia? Inoltre, tutti in Giappone sanno che nel 2003 l’azienda elettronucleare di diritto privato Tepco dovette chiudere tutti i suoi reattori dopo la scoperta di documenti falsificati per nascondere gli incidenti (circa 200) avvenuti, anche nella centrale di Fukushima. Sappiamo anche che gli impianti nucleari della Tepco, nella regione costiera di Niigata, furono danneggiati nel luglio 2007 da un sisma di magnitudo 6,8 (che portò a una diminuzione del 7% dei dividendi distribuiti agli azionisti e a una perdita del 75% dei ricavi della società ). Ciò che è successo a Fukushima era dunque prevedibile. I giapponesi che hanno perso uno o più parenti, o la loro casa, o il loro lavoro, o tutte e tre le cose insieme, avrebbero il diritto di chiederne conto a tutti quelli che hanno nascosto o minimizzato questi fatti. Per non parlare di quelle che in Europa sono considerate da molti specialisti delle centrali “low cost” dal punto di vista della sicurezza. Questo solleva un secondo dubbio, sui rischi che fa correre alla popolazione la privatizzazione di un’industria sensibile come quella elettronucleare. Questo dibattito riveste una natura completamente diversa da quella che riguarda certi servizi pubblici: la privatizzazione del servizio pubblico della produzione e della distribuzione dell’acqua potabile, per esempio, ha raramente degli effetti nefasti in termini di salute pubblica nei paesi “avanzati”. Al contrario, la ricerca del profitto da parte di potenti azionisti (come i fondi pensione) potrebbe avere delle gravi conseguenze. È dunque legittimo chiedersi se la tragica vulnerabilità  delle centrali nucleari del paese degli tsunami non abbia davvero alcun rapporto con la forsennata ricerca di economie anche in termini di sicurezza e di salute. Tepco ha appena ammesso che tra il 2001 e il 2011 il controllo obbligatorio della sicurezza sugli impianti non è stato fatto! La catastrofe di Fukushima non è solo “naturale”. È sempre più chiaro che la sicurezza dei giapponesi è stata messa in gioco alla Borsa di Tokyo. (traduzione di Luis E. Moriones)


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