Bollorè all’attacco di Kellner per dare la spallata a Generali

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MILANO – Vincent Bollorè, il finanziere bretone importante azionista di Mediobanca fin dal 2003, sta cercando la spallata in grado di riportarlo in auge insieme al suo alleato di sempre Cesare Geronzi. Dopo la fallita incursione sul gruppo Ligresti – stoppata dalla Consob che sta indagando sui suoi acquisti in Borsa di azioni Premafin prima dell’annnucio di Groupama – ha scelto come arena di confronto il consiglio delle Generali dove è entrato come vicepresidente nell’aprile 2010. Da quel momento ha cercato l’appiglio per mettere in crisi il management del Leone e spianare la strada al presidente, abituato a gestire le banche senza far leva sulle deleghe ma solo su manager accondiscendenti. Nel mirino è finita ben presto l’operazione effettuata nel 2007 con l’oligarca ceco Petr Kellner, trampolino di lancio per aggredire i più attraenti mercati assicurativi dell’est. L’Isvap, che negli anni di Antoine Bernheim non aveva mai mosso un dito contro le Generali, ha posato la lente sulle operazioni all’est permettendo a Bollorè di vestire i panni dell’investitore prudente invece del raider. Il punto dolente è l’opzione di uscita concessa a Kellner nel 2010 e che è stata poi rinegoziata nel 2009 e di cui ieri si sono avuti ulteriori dettagli. Il finanziere ceco già  nel 2008 aveva chiesto un prestito sindacato a Calyon di 2,1 miliardi ponendo a garanzia il suo 49% di Generali Ppf Holding, del valore di 2,5 miliardi. Poi è arrivata la revisione del contratto che per Generali ha comportato il beneficio della non rinegoziabilità  del prezzo, prevista inizialmente. E nel 2014, secondo le intese, oltre al valore della partecipazione andranno aggiunti anche gli interessi che Ppf paga nel frattempo a Calyon per il prestito, sottratti i dividendi percepiti durante il periodo dalla joint venture. Ipotizzando che il 49% di Kellner resti al valore attuale di 2,5 miliardi il prezzo reale che Generali dovrebbe pagare resterebbe esattamente a 2,5 miliardi dal momento che i dividendi percepiti sono stati ampiamente superiori agli interessi passivi. In più, Generali ha sottoscritto un prestito obbligazionario a prezzi di mercato per 400 milioni emesso da Ppf e il cui rimborso, nell’eventuale esercizio dell’opzione, andrebbe scalato dal prezzo dovuto a Kellner. Tutto ciò è stato inserito nella nota integrativa del bilancio del Leone, come richiesto dall’Isvap, nella quale è stato indicato un rischio al 2014 compreso tra 2,5 e 3 miliardi. Ma a Bollorè non basta e vorrebbe che quella cifra fosse considerata già  oggi un debito per Generali. Nel cda del 16 marzo, dove ha sollevato il problema, è stato chiesto un parere specifico al collegio sindacale. Poi tutti hanno approvato il bilancio tranne lui. La spallata per il momento è stata evitata ma non è escluso che ci ritenti, magari cercando sponde negli organi di vigilanza o altre carte compromettenti sull’oligarca ceco che piace tanto ai consiglieri Generali.


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