Bindi: nessun asse segreto con Bossi non parliamo a lui ma ai suoi elettori
ROMA – «Sul federalismo regionale ci siamo confrontati nel merito, ma nessuno si illuda che ci siano possibilità di collaborare con i leghisti». Per Rosy Bindi, l’attrazione tra Carroccio e Pd è da escludere. Eppure, presidente Bindi, Bossi ha ringraziato i Democratici per il federalismo regionale. Dice che si era messo d’accordo con Bersani sull’astensione parlamentare. Un certo feeling c’è e potrebbe essere coltivato? «Non sono al corrente di colloqui particolari tra il mio partito e il partito di Bossi. Non è il caso che Bossi millanti una telefonata con Bersani che è stata smentita. Il dialogo non c’è, salvo quello che tutti conoscono, cioè l’intervista del segretario alla Padania e il nostro comportamento in Parlamento. Bossi ci ringrazia e fa bene, perché con il nostro lavoro in Bicamerale abbiamo impedito o contenuto i danni del “loro” federalismo. Abbiamo messo ancora una volta sub iudice quel provvedimento la cui attuazione non potrà essere avviata prima del 2013, e solo a condizione che ci siano le risorse. Questa è la clausola di salvaguardia. E sia chiaro che, se non cambia la politica economica del governo, le risorse non ci saranno mai. La riforma allora sarebbe da riscrivere. Al leader leghista suggerirei poi di non vendere in Padania quel che ancora non c’è: è stato votato il presupposto per il federalismo, non è ancora l’attuazione della riforma». La scelta di tendere la mano alla Lega sul federalismo sta agitando le acque del suo partito. C’è chi avrebbe preferito un no. Perché vi siete astenuti? «Ci siamo astenuti perché sono state accolte tutte le nostre proposte: noi abbiamo dato per l’ennesima volta prova di essere un’opposizione non pregiudiziale, che si confronta nel merito. Se quel provvedimento fosse andato in aula sarebbe stato comunque approvato e senza i miglioramenti che ci sono stati. Politicamente non ci siamo comunque distratti. Proprio in queste settimane i leghisti sono stati promotori alle Camere della prescrizione breve, dell’inserimento della responsabilità civile dei magistrati nella legge comunitaria, del via libera al conflitto di attribuzione sul caso Ruby. Il Carroccio strumentalizza la tragedia di Lampedusa per lucrare consenso. Ha tenuto sotto scacco il Parlamento sulla Libia. Non ci sono possibilità di collaborazione con una forza così». Bersani ha tuttavia rivolto un appello al Carroccio: siamo noi a garantire l’orizzonte federalista, smettetela – ha detto – di tenere bordone a Berlusconi. Questa sembra un’avance. Lei come la interpreta? «Credo che Bersani abbia voluto ricordare alla Lega i misfatti di cui si sta rendendo corresponsabile: sostiene un premier con quattro capi di imputazione. Noi parliamo agli elettori della Lega, per ricordare che il federalismo lo abbiamo introdotto noi nella Costituzione, sta nel dna del Pd, non in quello nella maggioranza». Il Pd non pecca di tatticismo, in nome della spallata a Berlusconi? «Stiamo perseguendo un obiettivo strategico, che è quello di ricostruire l’Italia dopo Berlusconi. Questa è la strategia dentro cui ci muoviamo e che offriamo alle opposizioni e a tutto il paese, agli elettori della Lega come a quelli del Pdl. Se andassimo a votare Berlusconi non vincerebbe perché non ha più la maggioranza, ma dobbiamo conquistare anche il suo elettorato a un impegno di ricostruzione dell’Italia. Per mandare a casa Berlusconi occorre la capacità di muoversi anche nel breve periodo. Sappiamo bene che dobbiamo fare scoppiare le contraddizioni nella Lega perché – nessuno lo nega – il Carroccio ha ora in mano il governo più di quanto ce l’abbia lo stesso Berlusconi. Il premier ha consegnato a Bossi la golden share della sua maggioranza, noi non gli daremo quella del paese».
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