by Editore | 30 Marzo 2011 6:24
MILANO – Il responso del mercato è stato chiarissimo: l’apertura (quasi) ufficiale della stagione degli aumenti di capitale è ormai partita e fa paura. Ieri a Piazza Affari Ubi è scesa del 12,36%: al primo giorno di contrattazioni dopo l’annuncio, la banca guidata da Victor Massiah ha perso oltre la metà di quanto punta ad ottenere dagli azionisti, con l’aumento da un miliardo comunicato il giorno prima a mercati chiusi. Sul titolo si sono abbattuti i giudizi non positivi degli analisti, da Citigroup – che ha confermato la raccomandazione hold ma ha ridotto il target price da 8 e 6,70 euro – a Equita sim, che ha tagliato il target price a 6,7 euro; a Société Générale, che ha ridotto il rating da hold a sell, con target price rivisto a 6 euro, a Nomura, che ha abbassato il rating a “reduce” da “neutral” ed ha dedicato alla banca un report intitolato «Un inaspettato aumento di capitale per (meno) ovvie ragioni», in cui si parla di “ratio dubbiosa” per l’operazione. La Borsa del resto ha picchiato duro anche sugli altri titoli, dal Banco Popolare (che pure l’aumento lo ha già fatto) e che ha perso il 6,92%, a Mps (-4,55%), all’indiziata numero uno all’aumento, la Popolare di Milano, che ha chiuso con una perdita del 7,06% (mentre Intesa ha ceduto il 4,53% e Unicredit il 3,68%). In realtà il lunghissimo cda della Popolare di Milano si è concluso con una fumata nera per quanto riguarda l’aumento: «Analizzata la situazione patrimoniale attuale del gruppo, il cda ha deliberato di non precedere ad alcuna operazione di aumento di capitale, non ravvisandone la necessità », si legge in una nota. Il consiglio ha anche approvato i conti, che si sono chiusi con un aumento del 2,3% dell’utile netto consolidato, a 106 milioni, un Core tier 1 a quota 7,1% (e una proposta di dividendo di 10 centesimi, invariato). Ma se il responso alla Bpm (per il momento) sembra categorico, la via degli aumenti di capitale appare comunque segnata per il sistema bancario italiano. Non è ancora chiaro a che livello sarà fissata l’asticella con i nuovi criteri di Basilea 3 ma certo i valori saranno più alti di quelli che le banche, anche le più virtuose, possono esprimere. Lo stesso ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha chiaramente spiegato, in un’audizione alla Camera, che «Basilea è definita su uno standard che non possiamo unilateralmente modificare. E’ uno standard mondiale: non dico che è giusto o sbagliato, ma non possiamo modificarlo». E infatti la domanda a questo punto è sull’ordine di partenza ai blocchi, su chi insomma si muoverà per primo per chiedere mezzi freschi al mercato. Sotto questo profilo, alcuni ritengono che Ubi in realtà abbia solo voluto battere la concorrenza e presentarsi per prima sul mercato: insomma non si sarebbe mossa perché ha mal di pancia specifici ma solo per una ragione di tempismo. A parte il Banco Popolare tutte le altre finora sono ferme ai blocchi: pronte a scattare ma fino a ieri incollate alle posizioni. Il ragionamento che si fa sul mercato, infatti, è che a questo punto tutte le banche hanno bisogno di rafforzarsi; per rientrare nei futuri parametri e per avere i margini per crescere. Alcuni analisti ritengono che chi sceglie di soprassedere lo fa perché spera – nel frattempo – di concludere qualche altra operazione, di riuscire a vendere qualche pezzo di argenteria per far cassa in qualche altro modo e ridurre così l’importo da chiedere al mercato.
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