by Sergio Segio | 8 Settembre 2010 7:10
LECCE. E per protesta le gabbie dei reclusi si montano in piazza. In quella principale della città . Il cuore di Lecce è piazza Sant’Oronzo, una delle più scenografiche e stratificate d’Italia con l’anfiteatro romano, edifici del ‘500 e architettura littoria che strizza l’occhio al funzionalismo. Nel bel mezzo dell’ovale pedonalizzato saranno costruite per iniziativa del sindacato Uil-penitenziari, appena giungerà l’autorizzazione ministeriale, due celle detentive in scala 1:1 arredate di letti a castello e circondate da sbarre sorvegliate da guardie carcerarie. È questa la rappresentazione-denuncia delle penose condizioni di vita dei reclusi, causa sovraffollamento, nel penitenziario di borgo San Nicola. I leccesi potranno assistere liberamente nel salotto buono della loro città a uno spaccato dal vero di vita carceraria. Oltre che ad attirare l’attenzione della gente, l’intento è di sensibilizzare le istituzioni sia sullo stato gramo dei detenuti sia sul lavoro massacrante, per carenza di organici, degli agenti di custodia.
A fronte di una capienza di 650 detenuti, il carcere di Lecce ne contiene di fatto 1500. Il soprannumero, in costante crescita, lo sta facendo scoppiare: nello scorso febbraio, durante una nostra visita, si era a quota 1400. Lo spazio vitale che per ogni singolo in cella non dovrebbe scendere sotto i sette metri quadrati, stabiliti dal comitato permanente sulla tortura, si riduce a meno di tre metri. In alcuni casi anche a meno di due. Per rendere palesi queste angustie, è partita dal carcere una singolare vertenza che non ha precedenti fra i detenuti degli istituti penitenziari in Puglia: una ventina di reclusi, assistiti da un legale, ha presentato ricorso al tribunale di sorveglianza per trattamento inumano e degradante con richiesta di risarcimento di danno fisico e morale intorno a 500-600 euro per ogni mese di detenzione. Si tratta di una denuncia vera e propria (depositata a luglio e la cui prima udienza sarà fissata fra qualche giorno) per una condizione che lede la dignità di vita carceraria, venendo a mancare il parametro minimo sullo spazio vitale a persone costrette in cella per venti ore di fila con lacune igieniche che rasentano la sopravvivenza.
La corte europea di Strasburgo per i diritti dell’uomo ha gia emesso una sentenza, lo scorso anno, con la quale lo stato italiano ha dovuto risarcire un detenuto straniero afflitto da logorio psico-fisico per essere rimasto per qualche mese rinchiuso in cella il cui spazio a disposizione era inferiore a tre metri quadrati.
Come conseguenza di vite ai limiti, in borgo San Nicola si è giunti a tre suicidi solo in quest’ultimo anno, mentre i tentativi di farla finita si sommano ormai a decine. Difficoltà enormi anche per il personale di polizia penitenziaria, già pesantemente sotto organico: si demanda spesso a un solo agente, specialmente nelle turnazioni notturne, il controllo di 100-150 detenuti. Per fare uscire dai cancelli del supercarcere di Lecce una situazione così esplosiva, forse già sfuggita di mano, e porla sotto gli occhi della società civile, si ricorre dunque a questa sorta di provocazione-informazione delle gabbie in piazza. Che lo spettacolo, se pur triste, cominci.
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