by Sergio Segio | 16 Giugno 2010 6:35
PENSACOLA (FLorida) – Barack Obama promette che dopo la marea nera tutto tornerà come prima e anche meglio di prima. «A questo disastro senza precedenti risponderemo con un’azione senza precedenti. E ci adopereremo perché in futuro non possa accadere più». Ma l’America che a sera lo guarda in tv sa bene che il presidente non sta parlando soltanto delle spiagge e del petrolio: sta parlando anche di sé. Per questo ora che nel Golfo rischia di annegare politicamente passa al contrattacco usando una tecnica antica: messaggio alla nazione. Il presidente parla al suo popolo dallo Studio Ovale. Ma la maledizione sembra non finire mai: un fulmine ha colpito la nave della Bp su cui viene raccolto il petrolio aspirato dal pozzo della marea nera. A bordo è scoppiato un piccolo incendio, le operazioni di contenimento sono state temporaneamente sospese.
Obama è appena tornato dal quarto blitz in un mese e mezzo tra Louisiana, Alabama e Mississippi e per la prima volta si spinge anche in Florida. Applausi e critiche. «Aiutaci a salvare la nostra baia». «Perché ti sei mosso solo ora?». Un altro sintetizza: «Dai un calcio nel sedere alla Bp da parte nostra». Lui in tv giura che l’America tornerà più forte di prima. I sondaggi lo danno in picchiata con Hillary Clinton che se la ride per l’insperato sorpasso. Il 70 per cento degli americani dice che «non è stato duro abbastanza». Ma “nella base navale più antica d’America”, come ricorda lui stesso qui a Pensacola, tra i suoi soldati che lo hanno atteso sparando a palla Springsteen & Stones, ritrova la forza del Comandante in Capo. Ai ragazzi dal tifo da stadio dice che rimetterà tutto in ordine anche grazie al loro aiuto: «Se serve utilizzeremo la forza militare». Ma tornato a Washington ricorda anche che adesso bisogna cambiare: il disastro è colpa pure di questo modello non più sostenibile. Non possiamo continuare a dipendere dal petrolio. Preme sul Congresso: serve la svolta e l’accordo per la legge su clima e consumi.
Mette in campo tutta la sua abilità di Comunicatore in Capo. Usa quei toni familiari – «i nostri figli e nipoti» – così diversi da quella volta in cui gli americani si sono visti lanciare un altro messaggio in diretta tv: nello Studio Ovale c’era George W. Bush e parlava dell’11 settembre. Obama ha già paragonato il disastro del Golfo a Ground Zero raccogliendo un suggerimento dell’amico premio Pulitzer Tom Friedman. Il parallelo ha provocato le proteste dei parenti delle vittime ma la minaccia ecologica – dice ora il presidente – è davvero un richiamo per l’America. Obama prova perfino a sfidare la maledizione di Katrina: il nuovo disastro nello stesso Golfo non diventerà la sua tomba politica come è stato per Bush perché «le nostre coste torneranno a essere sane come prima dell’uragano».
Come farà ? Il presidente spiega gli sforzi per contenere il pozzo maledetto e dice che è stata l’amministrazione a rispedire indietro i piani approntati da Bp e a costringere la multinazionale a darsi da fare davvero. L’altra sera una candid camera che la Fox ha mandato impietosamente a palla lo ha pizzicato mentre si confida a tavola: «Anche se sono il presidente degli Stati Uniti non ho poteri illimitati. Non posso tuffarmi lì e tappare la folla. Non posso risucchiarla con la cannuccia». L’ha scritto anche il Time: non è mica Aquaman. Ora la Casa Bianca dice che entro fine luglio sarà contenuto il 90% del petrolio che continua a sgorgare. E il conto di questo disastro sarà presentato alla compagnia più odiata d’America: «Dovrà pagare tutto» quella Bp con cui stamattina farà letteralmente i conti quando vedrà alla Casa Bianca il presidente Carl-Henric Svanberg e il Ceo Tony Hayward. Anche il Congresso ha convocato domani l’amministratore delegato: ha in mano un dossier alto così con gli allarmi inascoltati e la responsabilità della Bp nel disastro. Il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs assicura che il presidente ha “l’autorità legale”, nel caso, per costringere Bp a ripulire fino all’ultima insenatura e ripagare fino all’ultimo centesimo.
Obama ha istituito una task force, nominerà uno zar per verificare i progressi nelle operazioni di recupero del petrolio e lancerà controlli a tappeto. Dice che le spiagge di Pensacola sono pulite e che i turisti non dovrebbero lasciarsi spaventare. Azzanna un sandwich al pesce da Laura e Mark Pizzino: italiani immigrati da non si sa più quante generazioni. La sera prima si era affacciato finalmente su Orange Beach: quella con le spiagge bianche diventate color petrolio. E da Tacky Jacks – un’istituzione qui – si era fatto forza dando l’esempio: chele di granchio, coda di gambero, costolette e nachos. Peccato che il pesce arrivasse dal Texas.
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