by Sergio Segio | 15 Giugno 2010 6:27
ROMA – La Fiom non ci sta, l’accordo su Pomigliano d’Arco, già accettato dalla Cisl e dalla Uil non porterà la firma dei metalmeccanici della Cgil. Il piano proposto dalla Fiat per mantenere in vita lo stabilimento campano e investire 700 milioni di euro nei prossimi due anni, «contiene profili di illegittimità », ed è «impossibile sottoporre al voto accordi che violano i contratti e la Costituzione». Così ha deciso, all’unanimità , il comitato centrale della Fiom e questa è la linea che il segretario generale delle tute blu, Maurizio Landini, esporrà oggi all’incontro fra sindacati e azienda, convocato dalla Fiat nella sede centrale di Confindustria.
A determinare il «no» al piano di Torino, sono stati soprattutto due punti di quello che, secondo la Fiom, «non è un accordo, ma un ricatto»: la clausola che prevede come la violazione da parte del lavoratore delle condizioni contenute nel testo possa portare a provvedimenti disciplinari fino al licenziamento e l’ampia discrezionalità riconosciuta all’azienda nello stabilire quando c’è violazione. Ma la Fiom oggi farà a Marchionne anche una proposta: l’azienda applichi il contratto nazionale, «che già consente 18 turni di lavoro settimanale e 40 ore di straordinario in più; cioè quanto serve a produrre quelle 880 mila auto l’anno e 1.045 al giorno, che sono gli obiettivi industriali del Lingotto». Se così sarà – afferma Landini – «non metteremo in campo nessuna opposizione». Ma se così non sarà le tute blu già sono pronte a incrociare le braccia: ieri il comitato ha votato, per il 25 giugno, 4 ore di sciopero della categoria a sostegno della vertenza, che andranno ad aggiungersi alle altre 4 decise dalla Cgil per manifestare contro la manovra. Quanto alla Cgil, la segreteria del sindacato premette che «il lavoro e l’occupazione sono il primo punto di responsabilità » per un giudizio sul futuro di Pomigliano, ed è quindi «necessario rendere pienamente produttivo l’investimento». C’è il rischio che la proposta di accordo «possa violare leggi e Costituzione», ma la categoria «coinvolga gli iscritti nella discussione».
Posizioni, quella della Fiom soprattutto, che hanno scatenato polemiche e dibattiti. Chiaro il giudizio di Sergio Chiamparino, sindaco di Torino: «La risposta doveva essere diversa: accettiamo la sfida e chiediamo semmai condizioni migliorative del lavoro e delle retribuzioni aprendo una fase nuova della negoziazione. Se non si capisce questo, vuol dire che non abbiamo capito la nuova fase in cui è inserito il sistema industriale del nostro paese». Chiaro anche il commento del presidente della Camera, Gianfranco Fini, che difende il piano Fiat e invita Fiom e Cgil a firmarlo: «Se fosse stato detto “rinunciate ai propri diritti” io avrei detto no. I diritti acquisiti non si toccano. Ma non è stato così». Il sindacato gode del pieno appoggio della sinistra radicale e dell’Italia dei valori; Bersani, leader del Pd, precisa che «l’investimento va assolutamente preservato, perché ce n’è bisogno: spero che alla fine si trovi una cosa convincente per tutti». Il ministro Sacconi, sostenitore della proposta Marchionne, fa un appello al sindacato «per firmare, pur con le riserve manifestate, un’intesa utile a salvaguardare il futuro di Pomigliano e con esso quello della Fiat». La Marcegaglia, leader di Confindustria, accusa la Fiom di «cecità enorme: mi auguro che sia un’ennesima provocazione, ma credo non ci sia più spazio di negoziazione».
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