Ong: oggi presidio alla Farnesina per lo stop ai fondi per la diga Gibe III in Etiopia

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“Dopo aver azzerato i fondi della cooperazione, il Governo intende ora finanziare la diga Gibe III in Etiopia con 250 milioni di euro. Un progetto sul quale pesano gravi irregolarità  procedurali e che viene finanziato in un momento in cui viene varata una manovra finanziaria con tagli drastici alla spesa pubblica” – afferma la CRBM.

“Questa potrebbe sembrare la storia di un progetto di cooperazione qualunque. Ma non lo è” – afferma la CRBM che in un comunicato in cui ricostruisce le tappe salienti di una vicenda che comincia nel 2004 quando la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (Dgcs) approva il più grande credito d’aiuto mai concesso prima dalla cooperazione italiana, 220 milioni di Euro per la costruzione dell’impianto idroelettrico Gilgel Gibe II in Etiopia. “I lavori, già  iniziati, sono stati assegnati dal governo etiope ad una nota azienda italiana – la Salini Costruttori, ndr – senza gara d’appalto e sulla base di studi ambientali giudicati parziali dal nucleo di valutazione tecnica della stessa Direzione Generale” – evidenzia la Campagna che ricorda, inoltre, come il Ministero dell’Economia e delle Finanze avesse espresso un parere sfavorevole anche perchè l’Italia era in procinto di cancellare all’Etiopia un debito pari a 320 milioni di euro.

Nonostante le valutazioni negative dei tecnici il progetto viene misteriosamente approvato. Su tale mistero ha indagato anche la procura di Roma fra il 2006 ed il 2007, che in poco tempo ha archiviato l’inchiesta. “Sulla vicenda cade uno strano silenzio. A gennaio del 2010 l’impianto viene inaugurato alla presenza del ministro Frattini e delle autorità  etiopi. Due settimane dopo, il tunnel infrastruttura principale dell’impianto, crolla. Ad oggi l’impianto non è ancora in grado di produrre energia elettrica”.

Intanto – rocorda la CRBM – nel 2006 la nota azienda italiana Salini Costruttori firma un altro contratto con il governo etiope. Questa volta si tratta di una mega-diga sullo stesso bacino, poco più a sud dell’altro. Si chiamerà  Gilgel Gibe III e sarà  una delle più grandi dighe africane. “Anche questo contratto è assegnato senza gara ed i lavori iniziano senza studi di impatto e senza i necessari permessi ambientali. Tutto procede per il meglio, fino a che alcune Ong internazionali durante una missione in Etiopia realizzano quello che sta veramente accadendo: un mega sbarramento di 240 metri in una delle zone a più alta diversità  culturale e biologica dell’Africa. Quindici comunità  indigene che vivono grazie alle piene naturali di un fiume vedono minacciata la loro sopravvivenza. Un lago desertico, il Turkana, nel vicino Kenya che rischia di ridursi drasticamente compromettendo la pesca locale, unica attività  produttiva della regione” – evidenzia la CRBM.

“Un governo repressivo che arresta chiunque esprima dissenso e chiude tutte le associazioni di comunità . Il silenzio è rotto e la società  civile internazionale lancia la campagna “Stop a GIBE 3″ per fermare il progetto. I finanziatori tentennano, riconoscono la necessità  di rifare gli studi di impatto ambientale e sociale. Ma il governo Etiope va avanti da solo e cede un pezzo di progetto ad una società  cinese in piena campagna elettorale per dimostrarsi vincitore di quello che ormai è diventato un braccio di ferro internazionale”. Secondo le dichiarazioni dell’azienda energetica etiope EEPCo riportate da Survival International, la più grande banca della Cina, la Banca dell’Industria e del Commercio, sarebbe sul punto di fornire un prestito di circa 400 milioni di dollari per la costruzione della diga etiope Gibe III.

“Per questo – sottolinea la campagna CRBM – saremo oggi a Piazzale della Farnesina, dove l’Italia ambisce a fare affari con regimi dalla scarsa caratura democratica, con i nostri soldi, in un momento in cui viene varata una manovra finanziaria con tagli drastici alla spesa pubblica, per un progetto che non ha niente a che vedere con lo sviluppo ma, al contrario, affamerà  ed incrementerà  la povertà  di mezzo milione di persone”. Al presidio ordierno davanti alla Farnesina parteciperà  anche una delegazione di rappresentanti delle comunità  locali impattate dal progetto Gibe III che incontrerà  la dirigenza della Cooperazione Italiana.

Va ricordato che nelle scorse settimane una lettera firmata dalla maggioranza delle Ong italiane è stata inviata al Ministro degli Esteri Franco Frattini e alla direttrice del dipartimento sulla cooperazione Elisabetta Belloni per chiedere che il nostro Governo non finanzi il progetto di centrale idroelettrica di Gibe III in Etiopia. La coalizione Counter Balance, la Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Friends of Lake Turkana, International Rivers e Survival International hanno lanciato una petizione internazionale per difendere i diritti delle popolazioni della Valle dell’Omo e della regione del lago Turkana, e di attivarsi per fermare il progetto distruttivo Gibe III. [GB]


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