Nasce l’Onu dell’usato, i venditori chiedono spazi e garanzie

by Sergio Segio | 14 Giugno 2010 13:32

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ROMA – Non solo si possono rivelare molto utili in tempi di crisi, ma sono anche ecologici, sostenibili e multietnici. Sono i tanti venditori dei mercatini delle pulci, della strada e delle fiere che, il 16 giugno prossimo, presenteranno alla Città  dell’Altra Economia di Roma la prima organizzazione nazionale di settore degli operatori dell’usato. Le Rete Onu (si chiama proprio così) è stata promossa da Associazione Bidonville, Associazione Operatori del mercato di Porta Portese, Associazione Vivibalon, Occhio del riciclone e Rete di sostegno ai mercatini rom. Organizzazioni molto diverse tra loro, ma unite per un unico obiettivo: dare vita a “una battaglia pacifica ma intensa” per conferire dignità  e uno status giuridico adeguato ai tanti operatori del settore. A questo scopo la Rete presenterà  un manifesto nel quale, oltre a chiedere spazi e garanzie per poter esercitare serenamente il proprio mestiere, si condensa la filosofia di fondo di questa pratica antica e, al tempo stesso, nuovissima: “È un settore che accoglie e reintegra le persone messe al margine – si legge – che senza capitali da investire riescono ad avviare la loro piccola attività  per vivere onestamente. È un settore fondato sulla microimpresa, e i soldi che riesce a generare vanno direttamente in tasca alle famiglie”.

Ma chi sono i “caschi blu” dell’usato? Attualmente la rete rappresenta 3mila operatori, un numero che, secondo i promotori dell’iniziativa, è destinato a crescere in breve tempo. “La nuova organizzazione si appresta a crescere vertiginosamente – afferma Augusto Lacala, presidente di Bidonville – perché risponde a una drammatica e impellente necessità  che coinvolge tutti gli operatori italiani del settore, che sono privi di uno status realmente riconosciuto, e sono quindi privi di garanzie e di diritti”. A denunciare l’informalità  alla quale sono costretti numerosi lavoratori dell’usato, è invece il portavoce degli operatori di Porta Portese, Antonio Conti: “Un’informalità¡ – spiega – che non porta vantaggi, ma apre piuttosto lo spazio ad arbitrii, con il risultato che chi vuole fare questo mestiere ha difficoltà  a farne un vero progetto di vita”. Piuttosto grave, poi, la condizione degli operatori di origine romanì la cui attività , secondo il responsabile dello “Sportello per l’avviamento al lavoro dei rom e sinti a Roma” Aleramo Virgili, “é fortemente penalizzata nonostante per molti di loro l’usato sia l’unica alternativa alla questua e alla devianza. I rom, sempre più numerosi, che decidono di diventare rigattieri, devono essere incoraggiati e sostenuti”.

Il riuso ha poi anche un risvolto ecologico. “Senza l’arcipelago dell’usato – commenta il direttore del Centro di ricerca di “Occhio del Riciclone” Pietro Luppi – le discariche italiane riceverebbero ogni anno centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti in più. Il riutilizzo – prosegue – è una priorità  nella legislazione nazionale ed europea, ma il settore economico di riferimento per questa pratica non viene preso in considerazione”. Secondo il vicepresidente dell’Associazione Vivibalon di Torino Alessandro Stillo, infine, “l’usato deve essere sostenuto e salvato anche in virtù del suo impatto culturale e simbolico. I mercati dell’usato sono anche un importantissimo e insostituibile luogo d’incontro tra etnie, generazioni e classi sociali”. La Rete nazionale degli operatori dell’usato verrà  presentata venerdì 16 giugno alle ore 11 presso la Sala Conferenze della Città  dell’Altra Economia (ex Mattatoio di Testaccio). (ap)

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