Gli operai dello stabilimento: vogliamo il lavoro e la dignità 

by Sergio Segio | 15 Giugno 2010 6:29

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Pomigliano D’Arco (Napoli) – Francesco l’accordo l’ha portato ieri mattina in lastratura, il suo reparto, per discuterne con i compagni di lavoro. «Le condizioni sono impossibili, 700 milioni non compreranno la dignità  di noi operai», afferma deciso, «io sono figlio di operaio, mio padre ha lottato per conquistare questi diritti, Marchionne non può dire: prendere o lasciare, non può comprare la mia vita».

Stabilimento Giambattista Vico, ai cancelli della Fiat tra paura, rabbia e rassegnazione. Al 2 entrano i “comandati” per allestire le linee dell’Alfa 159, la fabbrica dei 5000 cassintegrati riapre ma solo da oggi a venerdì. Andrea Amendola, segretario della Fiom napoletana, dopo l’attivo con i delegati, ripete: «Ora tutti riscoprono il referendum, ma sarebbe una farsa, solo un ricatto. Se chiedi: vuoi lavorare o no, che debbono rispondere?», e s’infila in macchina per andare a Roma al comitato centrale. Lucio Abruzzo, al montaggio della 159, non ha dubbi: «Per me la Fiom sta facendo bene. La nostra vita sociale che fine fa con queste nuove regole?». Un’impiegata si affretta all’ingresso: «Le cose peggiori sono che si rubano i nostri permessi personali. Se fanno il referendum purtroppo passerà  l’accordo. La gente qui è presa per il collo, e Fiat lo sa. Siamo tornati indietro di 30 anni. Tuttavia – prosegue – la Panda vogliono farla qui, se no perché questo lunghissimo tira e molla?». Salvatore, della verniciatura, parla da rassegnato: «Ci servono i soldi, dobbiamo pensare a lavorare, in Campania ci è rimasta solo questa fabbrica». Così pure Giuliano: «Marchionne ha attuato il suo piano, ci ha messo alle corde e alla fine si prende tutto. Se si fa il referendum la Fiom rischia di non rappresentare più nessuno». Stefania, lastratura, 26 anni: «Ho sempre lavorato, non ho problemi, mi hanno detto che a Melfi con questa organizzazione si trovano bene, non credo che ci vogliono fregare». «Non è colpa loro», dice Ciro, «non conoscono l’accordo». Paolo è iscritto alla Fismic: «Spero ancora in un accordo al 50 e 50, così è un massacro, tempi, pause turni, perdiamo tutti i diritti». Gennaro, saldatura, avverte: «Schiavi no. Non facciamo come le tre scimmiette, tiriamo fuori la dignità ».

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