Bloody Sunday, le scuse di Cameron ai nord-irlandesi
LONDRA – Un primo ministro che chiede scusa, in parlamento, in diretta tivù, per le colpe di cui si macchiarono quasi quarant’anni prima i soldati del suo paese. Si vede anche in questo, la democrazia britannica. David Cameron, premier conservatore, riassume le conclusioni del rapporto sul “Bloody Sunday”, la strage commessa dai parà dell’esercito nel 1972 a Londonderry, in Irlanda del nord. La domenica di sangue in cui morirono quattordici civili, durante la marcia di protesta organizzata dall’Ira, l’Irish Republican Army, il gruppo clandestino cattolico indipendentista. «Sono un patriota e non amo parlare male delle nostre forze armate», dice Cameron alla camera dei Comuni. «Ma ciò che avvenne quel giorno è sbagliato e ingiustificabile. Quando i nostri soldati fanno qualcosa che non va, la responsabilità è del governo. Perciò, a nome del governo, voglio esprimere il mio profondo rammarico e le mie scuse per quanto accadde».
Sulla piazza di Londonderry, nello stesso punto in cui i parà spararono, migliaia di persone ascoltano le sue parole ritrasmesse su un grande schermo. E quando il premier si scusa, nella piazza scoppia un applauso. Molti piangono. Alcuni alzano il pugno al cielo. Quindi, uno alla volta, i familiari delle vittime salgono su un palco e dicono: «La verità è finalmente emersa. I nostri congiunti non erano terroristi. Ci siamo levati un peso dal cuore. Giustizia è fatta». Ci sono anche Jerry Adams, il leader dello Sinn Fein, partito cattolico nord-irlandese, braccio politico dell’Ira, e Martin McGuinness, l’ex comandante militare dell’Ira, oggi vice premier nel governo autonomo congiunto tra protestanti e cattolici in Irlanda del nord.
Il rapporto, risultato di un indagine durata un decennio, «non lascia dubbi», afferma Cameron. Nessuno dei morti era armato. Dalla manifestazione partì qualche colpo di arma da fuoco, ma nessun soldato fu ferito o ucciso. I soldati persero il controllo della situazione. Durante la prima inchiesta che si svolse subito dopo i fatti, «mentirono» per nascondere il loro comportamento. In alcun modo i manifestanti rappresentarono una minaccia. L’allora capo dell’Ira McGuinness quel giorno era presente e armato di mitra, ma non sparò. «Non si difende l’esercito britannico difendendo coloro che non meritano di essere difesi», dice il premier in parlamento. «E uno Stato, accettando di farsi giudicare e riconoscendo, non diventa più debole, diventa più forte. E’ giusto cercare di ricostruire la verità ».
Se sia anche giusto processare i soldati o ex soldati colpevoli della strage, Cameron non lo dice. «Non spetta a noi, ma alla magistratura, decidere i passi successivi», conclude il premier. Augurandosi che il rapporto, e le sue scuse, servano a «voltare pagina, a guardare insieme a un futuro di pace per tutti», quarant’anni dopo la domenica di sangue.
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