«Italia sempre più povera e priva di speranza»
Un’opera «eretica», «eversiva». Così Lucio Babolin, presidente del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza, ha definito il Rapporto dei diritti globali 2010, presentato ieri nella sede nazionale della Cgil. Controcorrente perchè «noi parliamo di estensione – ha spiegato Babolin – e il mondo parla di sottrazione. Quest’opera sollecita la mobilitazione sociale, mentre poi ci viene chiesto di proseguire in un pacato silenzio». Giunto all’ottava edizione, il Rapporto ha spostato l’attenzione, nel corso degli anni, sull’«emergenza Italia». E infatti sono le cifre del nostro paese a fare paura: nel 2008 le famiglie in povertà relativa erano 2 milioni e 737 mila per un totale di 8 milioni e 78 mila persone, il 13,6 % della popolazione.
Sergio Segio, curatore del Rapporto e presidente dell’associazione Società INformazione, ha parlato di «logica terrorista della finanza», lui che, da ex-militante di Prima linea, il terrorismo sa cos’è. «I responsabili della crisi – ha continuato Segio – hanno morso la mano che li ha salvati dalla bancarotta, ovvero la mano pubblica, compiacente e complice ai poteri finanziari».
E a pagare sono i più deboli. Il rapporto denuncia che oramai avere un lavoro non basta per salvarsi dalla povertà . Il 15,1 % delle famiglie poverissime ha, infatti, un capofamiglia occupato, maschio sotto i 44 anni, quasi sempre operaio e unica fonte di reddito, con un altro familiare in cerca di lavoro (per lo più donna) e almeno due figli a carico. Come sempre è il meridione del paese a stare peggio: il 69 % delle famiglie assolutamente povere vive al sud.
A questa situazione già di per sé preoccupante, bisogna aggiungere 2 milioni e mezzo di famiglie che sfiorano la soglia della povertà e che non riuscirebbero ad affrontare spese straordinarie. Sono coloro che, in un futuro vicinissimo, potrebbero non riuscire a pagare le cure mediche, le bollette, il riscaldamento, le spese alimentari, l’affitto per la casa. Basti pensare che i principali fruitori del Banco Alimentare (81 %), sono operai, cioè persone che percepiscono uno stipendio.
Le politiche del governo sono state deludenti, denuncia il Rapporto. La social card è arrivata solo al 18 % delle famiglie colpite da povertà assoluta e i beneficiari totali sono stati 851 mila (l’1,48 % della popolazione), l’abolizione dell’Ici ha avvantaggiato soprattutto le famiglie più ricche e, come hanno rilevato le associazioni a difesa dei disabili, handicap e povertà non si traducono automaticamente in sussidi statali (una coppia di anziani, lui titolare di pensione sociale, lei invalida civile totale e con handicap grave, non riceve nulla, mentre una coppia, lui con pensione di 30 mila euro all’anno, lei priva di pensione ma con handicap, riceve 1.000 euro).
La ridefinizione e la messa in crisi dello stato sociale è avvenuta anche sul piano teorico: l’ispirazione è contenuta nel Libro Bianco sul welfare. Il testo del ministero del lavoro si fa promotore di valori che hanno sostituito la filantropia ai diritti. Coerente con il progetto del governo, il ministro Maurizio Sacconi ha dichiarato che «il più efficace strumento di lotta alla povertà è il dono». Nell’introduzione al Rapporto, il segretario generale della Cgil Guigliemo Epifani ha così risposto al ministro: «Un’affermazione che dimostra solo la volontà di mettere in discussione gli stessi principi costituzionali alla base del nostro sistema del welfare».
Ma la battaglia per i diritti globali non si gioca solo nel settore del lavoro. Luigi Ciotti , presidente del Gruppo Abele, ha denunciato il ruolo delle mafie e ha criticato la legge contro le intercettazioni. «Certa politica vuole far passare una legge che impedisce di far conoscere dove si formano e nascondono illegalità e ingiustizia», ha detto Ciotti ricordando il ruolo che ha conquistato, in anni recenti, la «quinta mafia dei colletti bianchi».
«Una società alla deriva culturale e che ha perso le speranze, colpita da un vento di razzismo e violenza – continua Ciotti – Infatti negli ultimi anni è triplicato il consumo di anti-depressivi». Ancora: Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, ha ricordato che il governo italiano continua a ignorare le sanzioni della Ue sulle torture nelle carceri.
«I valori costituzionali sono quotidianamente messi in discussione da certi settori dell’economia e della politica», sembrano parole del nostro tempo. Invece le ha pronunciate Giovanni Falcone nel 1989 e Ciotti, che domenica ha partecipato alla commemorazione della strage di Capaci («quanta retorica», ha commentato il presidente del Gruppo Abele), ha dovuto ripeterle ancora una volta.
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