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by redazione | 3 Marzo 2007 0:00

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Africa La cooperazione italiana incontra a Bamako la società civile delle donne

(il manifesto, 3 marzo 2007)

Stefano Liberti


Inviato a Bamako

«La globalizzazione esclude l’Africa. Ma l’Africa viene letteralmente saccheggiata dalla globalizzazione dei mercati». La frase risuona nell’anfiteatro. Sbattono mani. Vengono intonati anche gli youyou, i gridolini ripetuti con cui le donne festanti usano esprimere il loro entusiasmo da queste parti. Una suonatrice di tamburi si lancia in un assolo trascinante. Aminata Traoré, ex ministra della cultura maliana, star dell’altermondialismo africano, ha appena concluso il suo intervento alla conferenza «Le donne protagoniste: dialogo fra i paesi dell’Africa occidentale e la cooperazione italiana». La folla nell’anfiteatro del centro di congressi di Bamako, adagiato sulle rive dell’imponente fiume Niger, è in tripudio.
Una folla costituita per il 90 per cento da donne dell’Africa occidentale: delegazioni venute dal Senegal, dal Burkina Faso, dal Camerun, dalla Sierra Leone, dal Chad, dalla Mauritania, e da tutti gli altri paesi dell’area per un incontro abbastanza inusuale: in un quadro del tutto istituzionale, la società civile femminile della sub-regione prende la parola. E vuole farlo da protagonista.
Lo aveva detto in apertura la vice-ministra degli esteri con delega per la cooperazione internazionale Patrizia Sentinelli: «Siamo venuti qui per ascoltarvi e per imparare da voi». Accanto a una schiera di ministre di tutta la sub-regione, attivisti e organizzazioni vogliono confrontarsi tra loro e con il vicino del Nord. Vogliono discutere con «quell’Italia che ha deciso di venire qui da noi, e vedere la situazione sul terreno», come ha detto il presidente maliano Amadou Toumani Touré nel suo saluto all’inizio della mattinata.
L’evento segna una rottura netta con un passato di cooperazione fatto di assistenzialismo e buoni propositi, viziato però spesso da una scarsa attenzione per i reali interessi e bisogni delle popolazioni a cui i vari progetti erano indirizzati. Una cooperazione che si interroga sul suo futuro, sul suo senso e sulle sue pratiche. «Questa conferenza – aggiunge Sentinelli dal palco – si inserisce in un momento di particolare interesse per la cooperazione italiana che sta affrontando una riforma strutturale e che si è data l’impegno di agire con maggiore efficacia all’interno del contesto internazionale».

I temi più scottanti
Così sfilano i delegati. Si affrontano i temi – anche i più scottanti – del divario Nord-Sud: gli accordi di partenariato economico (Epa) che Bruxelles vorrebbe imporre ai paesi terzi; le sovvenzioni agli agricoltori che i governi statunitense ed europei versano ai loro produttori agricoli uccidendo i mercati nel Sud; l’emigrazione, vista con fastidio a Nord ma reale fonte di sviluppo per il Mali e per altri paesi della regione grazie alle rimesse.
Un punto, quest’ultimo, citato dal presidente Touré, ma su cui poi martella Aminata Traoré, che da anni segue con attenzione e sgomento le evoluzioni delle rotte migratorie, le tragedie associate alla chiusura progressiva e letale delle frontiere europee. E che da anni non smette di denunciare lo scarso interesse con cui si affronta la questione nelle stanze della Commissione europea. «I viaggi della speranza verso l’Europa hanno già causato almeno 5mila morti negli ultimi anni» tuona la leader alter-mondialista. «Sono molti di più delle vittime dell’11 settembre a New York. Ma nessun ha mai osservato un minuto di silenzio per questi cadaveri dimenticati, rimasti spesso in fondo al mare».
Migrazione fa rima con spoliazione, secondo Aminata e secondo molti dei partecipanti. Finché il Nord dà con la mano degli aiuti allo sviluppo ciò che leva con quella del dumping commerciale, i giovani africani non potranno far altro che partire, fuggire da una vita senza migliori prospettive. «L’Africa è così ridotta perché la globalizzazione neo-liberale esige la spoliazione del Sud», conclude vibrante l’ex ministra della cultura, mentre centinaia di donne applaudono convinte, si alzano per andarle a stringere la mano, gridano il loro desiderio di rivalsa.
Il tasso di partecipazione è elevato; chiara la percezione delle priorità politiche, tanto da parte del Sud («no agli Epa, sì a un partenariato equo e paritario») che dall’Italia («In Africa, e in particolare in Africa occidentale, la sfida per il miglioramento della qualità della vita passa attraverso la lotta alla discriminazione nei confronti delle donne», sottolinea Sentinelli). Tutti temi già emersi a Bamako l’anno passato nel corso della tappa africana del Forum sociale mondiale policentrico e ribaditi a fine gennaio al Forum sociale di Nairobi.

Per imporre la propria agenda
Una società civile africana sembra aver preso forma, convinta di voler imporre a propria agenda ai governanti. E a questa società civile la Divisione generale della Cooperazione ha deciso di dare ascolto, con una scaletta di interventi rivolti soprattutto alle donne.
Quindi, attenzione prioritaria alle politiche di genere, a programmi di sviluppo per micro-credito femminile; alla lotta contro le mutilazioni genitali. Le partecipanti sono la voce viva di un’Africa che vuole rialzare la testa e che rifiuta la visione miserabilista di fucina di malattie e di sottosviluppo veicolata dai media del Nord.
Un’Africa che è spesso accusata di essere la responsabile di tutti i propri mali, funestata da guerre civili e da governanti corrotti. «Sì, i nostri governanti sono corrotti – chiosa Aminata -. Ma non ci sono corrotti senza corruttori».

Nella capitale maliana una delegazione della Farnesina cerca di imparare qualcosa dal nuovo protagonismo femminile dell’area. Applausi per la star dell’altermondialismo africano Aminata Traoré, in lotta contro la globalizzazione che saccheggia

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