by redazione | 12 Marzo 2007 0:00
Nel 2006 in Italia erano 619.732: il 38% era totalmente clandestino, il 22% lavorava in nero
(da www.gruppoabele.org[1]) |
Hanno mediamente tra i 35 e i 43 anni. Arrivano in Italia con un visto turistico e poi scompaiono nel nulla. Vanno a rimpinguare le fila di un vero e proprio esercito di lavoratrici invisibili. Sono le assistenti familiari, conosciute ai più come badanti. Secondo la ricerca “Qualificare il lavoro di cura”, realizzata dall’Istituto per la Ricerca sociale (Irs) di Milano in collaborazione con Caritas ambrosiana e Cgil Lombardia, in Italia nel 2006 erano 619.732: 130 mila solo in Lombardia. In testa alla classifica ci sono le donne dell’est Europa, soprattutto le ucraine che imparano l’italiano molto in fretta e già in patria si occupano abitualmente dell’economia domestica e della cura dei famigliari più anziani. Poi vengono le sud americane, le africane e le asiatiche. Quasi tutte hanno un diploma superiore, alcune anche la laurea, ma si accontentano di uno stipendio di circa 750 euro per una media di 13 ore di lavoro giornaliere in una situazione di totale precariato: il 38% di loro è clandestino mentre il 22% ha un permesso di soggiorno e lavora in nero. Tante storie diverse che si somigliano nel sognare un ricongiungimento familiare e un futuro in Italia. Molte di queste donne, come si legge nella ricerca dell’Irs di Milano, sarebbero disposte anche a frequentare corsi di formazione per accrescere le loro competenze e far diventare l’assistente familiare il lavoro della loro vita. Molte hanno nostalgia di casa e chi può cerca di tornare indietro almeno una volta al mese: sono soprattutto quelle che vengono dai paesi dell’est Europa, il cui progetto migratorio prevede di ritornare definitivamente in patria dopo qualche anno di lavoro. Ma spesso la realtà fa a pugni con i sogni, i mesi in Italia si trasformano in anni e casa e famiglia si allontanano sempre di più. Le famiglie diventano altre: quelle italiane, circa 600 mila, dove prestano servizio e vivono. Questa situazione porta allo sviluppo di rapporti complessi nei quali il confine tra lavoro, amicizia, servilismo e familiarità è molto labile. Quasi sempre alle assistenti familiari si richiede molto di più di quanto sarebbe previsto in un normale contratto di lavoro. “La situazione attuale conviene a tutti – ha detto Sergio Pasquinelli dell’Irs – alle famiglie delle persone anziane accudite, allo stato e anche alle stesse assistenti familiari. Le famiglie, assumendo in nero, risparmiano sugli oneri del contratto, lo stato si vede risolto il problema della cura degli anziani senza fare particolari investimenti e le badanti sperano di guadagnare di più”. Da tempo esistono in alcuni Comuni del nord Italia gli “sportelli badanti” per far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro. “Sono utili per il primo contatto – ha detto Pasquinelli – ma poi vengono evitati quando si passa alle condizioni di assunzione. Su dieci famiglie che si rivolgono agli sportelli, solo una firma un regolare contratto di assunzione”. Per contrastare il sommerso nel lavoro privato di cura, Pasquinelli è convinto che “le famiglie devono essere aiutate: meno oneri a chi sottoscrive un contratto e più servizi di sostegno da parte dei comuni”. In questa direzione sembra orientato anche il governo. La ministra delle Politiche della famiglia Rosy Bindi ha dichiarato che una quota del Fondo per la famiglia inserito nella finanziaria sarà impiegato per qualificare il lavoro delle assistenti familiari. Il piano governativo prevede la regolarizzazione di chi sta lavorando clandestinamente, il coinvolgimento dei servizi pubblici e degli enti locali sia nella gestione della domanda e dell’ offerta lavorativa sia nella la formazione delle future assistenti familiari. Intanto qualcosa sembra già essersi mosso. Il 13 febbraio 2007 è stato firmato il nuovo Contratto nazionale per il lavoro domestico: entrerà in vigore il primo marzo e sarà valido fino a febbraio 2011. Nelle 27 categorie di lavoratori coinvolte ci sono anche le assistenti famigliari: a loro è stato finalmente riconosciuto, sotto la voce di lavoratrici conviventi a 30 ore alla settimana, lo status di coresidenti presso le famiglie in cui sono impiegate. Per saperne di più sulla ricerca “Qualificare il lavoro di cura” clicca qui.[2] Per saperne di più sul Contratto nazionale per il lavoro domestico clicca qui.[3] |
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