Emergency: Rahmatullah torturato, il governo italiano agisca

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(Unimondo.org, lunedì, 26 marzo, 2007)
Rahmatullah Hanefi - foto ©Peacereporter
Rahmatullah Hanefi – foto ©Peacereporter

“Siamo angosciati per la sorte di Rahmatullah Hanefi, il responsabile afgano dell’ospedale di Emergency a Lashkargah che è stato prelevato all’alba di martedì 20 dai servizi di sicurezza afgani. Da allora nessuno ha potuto vederlo o parlargli, nemmeno i suoi famigliari. Non è stata formulata nessuna accusa, non esiste alcun documento che comprovi la sua detenzione. Alcuni afgani, che lavorano nel posto in cui Rahmatullah Hanefi è rinchiuso, ci hanno detto però che lo stanno interrogando e torturando “con i cavi elettrici”. Teresa Sarti, moglie di Gino Strada e attuale presidente di Emergency rivolge ‘un accorato appello al Presidente del Consiglio, Romano Prodi’ ad impegnarsi per l’immediato rilascio di Rahmatullah.

Rahmatullah Hanefi è stato determinante nella liberazione di Daniele Mastrogiacomo, semplicemente facendo tutto e solo ciò che il governo italiano, attraverso Emergency, gli chiedeva di fare. Il suo aiuto potrebbe essere determinante anche per la sorte di Adjmal Nashkbandi, l’interprete di Mastrogiacomo, che non è ancora tornato dalla sua famiglia” – prosegue la nota della presidente di Emergency. “Oggi, domenica 25, il Ministro della sanità afgano ci ha informato che in un “alto meeting sulla sicurezza nazionale” presieduto da Hamid Karzai, è stato deciso di non rilasciare Rahmatullah Hanefi. Ci hanno fatto capire che non ci sono accuse contro di lui, ma che sono pronti a fabbricare false prove”.

“Non è accettabile – commeenta Teresa Sarti – che il prezzo della liberazione del cittadino italiano Daniele Mastrogiacomo venga pagato da un coraggioso cittadino afgano e da Emergency. Abbiamo ripetutamente chiesto al Governo italiano, negli ultimi cinque giorni, di impegnarsi per l’immediato rilascio di Rahmatullah Hanefi e il governo ci ha assicurato che l’avrebbe fatto. Chiediamo con forza al Governo italiano di rispettare le parola data”. E per oggi lunedì 26 marzo Emergency annununcia alle ore 19.30 a Roma una fiaccolata presso il Campidoglio per la liberazione di Rahmatullah Hanefi e di Adjmal Nashkbandi, l’interprete di Mastrogiacomo che non è ancora tornato dalla sua famiglia.

In un’intervista, Gino Strada ricostruisce il suo ruolo nella liberazione del giornalista di Repubblica, Daniele Mastrogiacomo e riponde a diverse polemiche sorte in questi ultimi giorni. “Non siamo noi ad essere intervenuti” – dice seccamente Gino Strada. “Ci è stato chiesto, mi è stato chiesto di intervenire, di provare a fare qualche cosa. E tutto quel che ho fatto o detto è stato concordato”. “Il nostro ruolo è stato quello, semplice per modo di dire, di postini, di portaparola. Non ci saremmo mai permessi di trattare. Non è il nostro compito, non è il nostro ruolo, non è nel nostro potere farlo” – afferma Strada aggiungendo di non aver posto condizioni, come l’uscita di scena dei servizi italiani.

“Abbiamo prima consigliato che il loro ruolo fosse il più discreto possibile. Solo perché sapevamo che la pretesa della parte talebana era di trattare attraverso Emergency. E perché sappiamo quanto controllino effettivamente il territorio. In seguito è stato proprio Dadullah, in una telefonata che ci è arrivata domenica 18, a dirci che sapeva dell’arrivo di alcuni italiani a Kandahar. “Se non spariscono – ci ha detto – Daniele e il suo interprete sono morti”. Ci siamo limitati a riferirlo immediatamente”. Gino Strada ammette però che in Italia “c’era chi, per Emergency, stava in contatto con dei funzionari costantemente. E so che anche il loro ruolo è stato importante. Da quanto mi hanno detto dall’Italia, sono stati loro a gestire i rapporti con i servizi “alleati” ottenendo che non si commettessero imprudenze”. [GB]

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