Scuola: la ‘sindrome’ pensione CInquantamila in lista di sbarco

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I dati del ministero ritoccano verso l’alto le stime che indicavano il tetto a 40mila

di SALVO INTRAVAIA

<B>Scuola: la ‘sindrome’ pensione<br />cinquantamila in lista di sbarco</B>” src=”http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni/scuola_e_universita/servizi/scuola-2007-tre/pensionamenti-aggiornati/stor_6059086_10240.jpg” width=”200″ /></div><p></p>
<p>Siamo arrivati a quota 50 mila. I pensionamenti della scuola si stanno trasformando in una fuga senza precedenti. Il conteggio di quelle che in gergo tecnico vengono chiamate ‘cessazioni dal servizio’ sta per essere completato e il fenomeno sta assumendo i connotati di un vero e proprio esodo. Tra insegnanti, dirigenti scolastici, personale educativo e Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) sono state presentate qualcosa come 50 mila istanze: un numero che supera di gran lunga la prima stima di circa 40 mila cessazioni e che potrebbe crescere ancora. </p>
<p>Per avere un’idea dell’esodo dalla cattedra, e dalla scuola in generale, basta confrontare i numeri di quest’anno con quelli del settembre 2006, quando preferirono andare in pensione 36.845 addetti. In un solo anno, il numero di coloro che hanno preferito lasciare spazio ai più giovani si è incrementato di un terzo. </p>
<p><strong>I motivi della fuga.</strong> Sono soprattutto tre le cause della fuga dalla scuola. Le continue voci sull’ennesima riforma del sistema pensionistico italiano, richiesta con forza anche dai partner europei, non contribuisce certamente a tranquillizzare chi potrebbe ancora trascorrere qualche anno dietro la cattedra. Quest’anno, tra le altre cose, secondo la riforma Maroni era l’ultimo in cui si poteva andare in pensione ancora all’età di 57 anni e 35 di servizio. Dal prossimo anno subentrerà l’ormai famoso, o famigerato, ‘gradone’: di colpo l’età minima per congedarsi dalle aule balzerà a 60 anni. E, nonostante la possibilità per chi ha già ha maturato il diritto (35 anni di insegnamento e 57 di età) di evitare anche per i prossimi anni lo scalone, in molti hanno dimostrato di non fidarsi. </p>
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La paura che qualche altra normativa possa cambiare le regole del gioco è elevata e chi può toglie il disturbo. La seconda motivazione è di tipo strutturale: l’età media dei docenti italiani è di 50 anni: una classe docente vecchia come non si registra in nessun paese europeo e, soprattutto, stanca. Ed sono proprio le crescenti difficoltà di gestione della classe che inducono sempre più maestre e professori a lasciare anzitempo la scuola.

I dati. Appena tre anni fa, nel 2004/2005, andarono in pensione 24.603 insegnanti, capi d’istituto e Ata. Dopo tre anni, il numero è letteralmente raddoppiato. Il grosso dei pensionamenti (circa 41 mila nominativi) – con Lombardia, Campania e Sicilia in testa – riguarda i docenti: l’anno scorso furono 29 mila. Secondo questi ultimi numeri in testa ci sarebbero le maestre della scuola materna ed elementare. Ma il dato più significativo è il consistente incremento (più 40 per cento circa) di coloro che vanno in pensione per dimissioni volontarie: coloro che sarebbero potuti rimanere ancora qualche anno ma hanno preferito lasciare. Così, in totale, hanno chiesto di lasciare la scuola 5 addetti su 100.

Il risvolto. Il dato sul numero dei pensionamenti sarà certamente accolto con grande gioia sia dai tecnici del ministero della Pubblica istruzione, che possono pianificare le prossime assunzioni senza troppe preoccupazioni, sia dai 237 mila supplenti iscritti nelle graduatorie provinciali permanenti dalle quali vengono individuati metà dei neoassunti: l’altra metà proviene dalle graduatorie dei concorsi a cattedre. L’esodo lascerà vacanti un grandissimo numero di posti che consentiranno quasi certamente al governo Prodi di azzerare il precariato e concretizzare le 150 mila assunzioni preventivate anche dal ministro dell’Economia, Tomaso Padoa Schioppa.

(Repubblica.it, 5 febbraio 2007)

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