Scuola: la ‘sindrome’ pensione CInquantamila in lista di sbarco
I dati del ministero ritoccano verso l’alto le stime che indicavano il tetto a 40mila
di SALVO INTRAVAIA
La paura che qualche altra normativa possa cambiare le regole del gioco è elevata e chi può toglie il disturbo. La seconda motivazione è di tipo strutturale: l’età media dei docenti italiani è di 50 anni: una classe docente vecchia come non si registra in nessun paese europeo e, soprattutto, stanca. Ed sono proprio le crescenti difficoltà di gestione della classe che inducono sempre più maestre e professori a lasciare anzitempo la scuola.
I dati. Appena tre anni fa, nel 2004/2005, andarono in pensione 24.603 insegnanti, capi d’istituto e Ata. Dopo tre anni, il numero è letteralmente raddoppiato. Il grosso dei pensionamenti (circa 41 mila nominativi) – con Lombardia, Campania e Sicilia in testa – riguarda i docenti: l’anno scorso furono 29 mila. Secondo questi ultimi numeri in testa ci sarebbero le maestre della scuola materna ed elementare. Ma il dato più significativo è il consistente incremento (più 40 per cento circa) di coloro che vanno in pensione per dimissioni volontarie: coloro che sarebbero potuti rimanere ancora qualche anno ma hanno preferito lasciare. Così, in totale, hanno chiesto di lasciare la scuola 5 addetti su 100.
Il risvolto. Il dato sul numero dei pensionamenti sarà certamente accolto con grande gioia sia dai tecnici del ministero della Pubblica istruzione, che possono pianificare le prossime assunzioni senza troppe preoccupazioni, sia dai 237 mila supplenti iscritti nelle graduatorie provinciali permanenti dalle quali vengono individuati metà dei neoassunti: l’altra metà proviene dalle graduatorie dei concorsi a cattedre. L’esodo lascerà vacanti un grandissimo numero di posti che consentiranno quasi certamente al governo Prodi di azzerare il precariato e concretizzare le 150 mila assunzioni preventivate anche dal ministro dell’Economia, Tomaso Padoa Schioppa.
(Repubblica.it, 5 febbraio 2007)
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