Immigrati senza pensione, ma pagano i contributi

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Un Rapporto Caritas sulle dimensioni del problema

(il manifesto, 7 febbraio 2007)

Francesco Piccioni
Aumenta a velocità crescente il lavoro immigrato nel nostro paese.E aumenta anche il numero dei futuri pensionati provenienti da altri paesi e continenti. Ma ci è voluta la Caritas – con l’ovvia collaborazione dell’INPS -per dare un quadro statistico attendibile e aggiornato della situazione, pubblicando un rapporto di ben 233 pagine, tanto per dare l’idea dell’attenzione prestata al problema.
Le cifre sono ormai rilevanti. Gli immigrati – che hanno dato un grande contributo di lavoro al mantenimento in Italia di una serie di produzioni che altrimenti avrebbero preso la via dell’est – andranno in pensione con assegni da fame. Non che gli «autoctoni» (cioè noi) staranno particolarmente bene, visto che «con gli attuali criteri di calcolo una carriera di 40 anni consente di ricevere una pensione che ammonta al massimo al 60% dell’ultimo stipendio». Ma per gli extracomunitari, spiega la Caritas, «si andrà quasi sempre con l’integrazione al minimo». Le loro «carriere contributive» vengono infatti falcidiate dalla discontinuità lavorativa (solo il 58,5% di loro può vantare impieghi medi superiori ai 9 mesi l’anno); soprattutto le donne, che sono anche – media – molto meno pagate degli uomini (6.751 euro annui, contro gli 11mila e spiccioli dei loro connazionali maschi). La media è presto fatta: 9.423 euro l’anno, ovvero 728 al mese. Un assegno pensionistico medio, a regime, potrebbe significare al massimo300-350 euro a testa.
Finora gli immigrati hanno dato infinitamente più di quanto non abbiano ricevuto: tra i cittadini italiani c’è infatti un pensionato ogni cinque residenti, mentre tra gli immigrati solo 1 su 26. Merito della giovane età media (31 anni, di contro ai 44 degli italiani). Il che significa anche che una buona fetta delle pensioni oggi pagate -se si volesse usare l’incredibile sistema di calcolo proposto sui media, ma anche da Tommaso Padoa Schioppa – ci vengono «regalate» dai lavoratori regolari extracomunitari. Tra loro, infatti, i pensionati – quasi tutti ultra 70enni con pensioni minime – sono appena 100.000.
Ma non potrà essere così per sempre, perché per quanto giovani siano, invecchiano anche loro. Nei prossimi 15 anni, è stato calcolato, saranno oltre 315mila gli immigrati che andranno in pensione (senza scelta, a 65 anni, visto che praticamente nessuno di loro potrà produrre 40 anni di contributi). anche se la gioventù media del contingente dovrebbe essere garantita da flussi in entrata molto rilevanti. Oggi sul nostro territorio vino quasi tre milioni di immigrati; dovrebbero diventare 6 entro il 2015. A pagare di più il biglietto di ingresso nel nostro paese saranno perciò quelli della «prima generazione», uomini e donne sbarcati dai gommoni o entrati con qualche tir, o anche a piedi. Mentre i loro figli, poco a poco, dovrebbero veder ridursi il gap con noi «indigeni». Ma senza annullarlo.

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