by redazione | 9 Gennaio 2007 0:00
La denuncia dell’Unasam: le famiglie di persone con malattia mentale espongono al governo una situazione oscura per la psichiatria italiana, quasi da pre-riforma Basaglia. E rilevano come stia tornando ”la cultura dello stigma”
ROMA – Le risorse sono sempre più scarse, i servizi sono spesso mal organizzati, il personale sia medico, sia infermieristico, è carente. La situazione in molte realtà italiane sta ridiventando esplosiva e c’è il rischio di tornare indietro rispetto alle grandi riforme della fine degli anni Settanta. Ma non c’è solo un problema di scarsità di risorse e di servizi insufficienti. Ci sono anche casi di vera e propria violazione dei diritti dei malati mentali che vengono sottoposti a cure e terapie forzate e spesso inadatte. E’ la deuncia molto forte che oggi ha rilanciato l’Unasam, l’unione nazionale delle associazioni per la salute mentale che ha organizzato un convegno a Roma sulle “questioni inderogabili” relative appunto alla salute mentale.
Gisella Trincas, presidente dell’Unasam, nella sua relazione introduttiva, che è stata ascoltata dirattamente dal ministro della Salute, Livia Turco (vedi lancio successivo per le proposte del governo), non ha usato mezzi termini, né una fraseologia diplomatica per descrivere la situazione reale in Italia. Nella maggior parte degli istituti (quelli che hanno sostituito i vecchi manicomi), persistono situazioni “molto difficili e inaccettabili”. Ecco solo qualche esempio che Gisella Trincas ha voluto estrapolare dalle tante esperienze dirette raccontate dalle associazioni che si occupano dei malati e delle loro famiglie. Si verifica spesso il ricorso a pratiche coercitive e lesive della dignità della persona, in molti Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, “che violano i diritti umani”. Il presidente dell’Unasam ha fatto riferimento in particolare a casi di contenzione fisica, porte chiuse, videosorveglianza. Ma queste sono quasi banalità in confronto al ritorno della pratica dell’elettroshock e del forte contenimento farmacologico, che tradotto significa uso e abuso di psicofarmaci.
Ci sono poi altri problemi non meno pesanti. Uno di questi è il sostegno quasi sempre inadeguato alle famiglie dei malati che si trovano ad assumersi sempre più di frequente il carico assistenziale in totale solitudine e disperazione. Il taglio delle risorse nei Comuni e nelle Regioni ha determinato le tante difficoltà che vivono gli operatori nei Servizi. “Il più delle volte – ha detto Trincas – gli interventi si limitano a visite periodiche ambulatoriali a distanza di uno, due o più mesi. Un medico può avere in carico anche 300 pazienti. Ci sono poi decine di casi di malati di mente che vengono letteralmente abbandonati a se stessi, mentre anche il sostegno e la tutela dei bambini e degli adolescenti figli o fratelli di persone con sofferenza mentale sono a dir poco carenti o inesistenti. In tutto ciò, nonostante la disoccupazione e l’inoccupazione in vari settori, è allarme per la mancanza di figute professionali adeguate, quali gli psicologi, gli educatori, i terapisti della riabilitazione e gli assistenti sociali. Se qualcosa ha retto, ha spiegato il presidente dell’Unasam, lo si deve alla società civile che è riuscita a reagire nonostante l’assenza della politica e delle risorse finanziarie. In una situazione del genere colpiscono le violazioni dei diritti quanto e più delle carenze. Nei Servizi succede speso che le persone in cura vengano legate, mentre denunce sul comportamento di alcuni operatori sono stati avanzate in parecchi ospedali italiani e non solo nei reparti psichiatrici, ma anche in quelli di pediatria e geeriatria. I manicomi non ci sono più, ma spesso la pratica di intervento rimane manicomiale.
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