by redazione | 30 Dicembre 2006 0:00
Opera Il campo nomadi apre tra i fischi dei razzisti
(il manifesto, 30 dicembre 2006)
Giorgio Salvetti
Milano
Sono entrati nel campo di Opera sotto i fischi dei razzisti, ma senza incidenti. 77 rom, di cui 37 minorenni, sono finalmente alloggiati nelle tende della protezione civile nell’area circense destinata a loro appena fuori Milano. Il 21 dicembre le tende della protezione civile erano già pronte ad accoglierli, ma sono state incendiate con la benzina durante un blitz squadrista preparato da Lega e An, ma tollerato, se non apertamente appoggiato, anche da molti cittadini che votano centrosinistra. «Quel campo si farà. Le istituzioni non possono cambiare idea perché c’è stato un atto vandalico», aveva promesso l’altro giorno il prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, dopo il vertice con i cittadini che non vogliono gli zingari. E così è stato. Ieri mattina sono cominciati i lavori di allestimento. Le tende sono state montate sotto la protezione di una settantina di agenti di polizia, finalmente vigili. Quando i rom sono arrivati sono stati accolti da fischi e dal lancio di oggetti e di alcuni petardi da parte di una cinquantina di esagitati irriducibili, gli stessi che da giorni animano il presidio. Qualche testa pelata, uomini di Lega e An, signore «per bene» fuori dai gangheri. Alcuni di loro, se le «forze dell’ordine» avessero fatto il loro mestiere, dovrebbero essere agli arresti per l’incendio di settimana scorsa; invece sono stati ricevuti dalle istituzioni, sono stati ascoltati e ritenuti degni di dialogo. E sono ancora lì, stizziti, inviperiti, straparlano di legalità. Sono rimasti in pochi, tenuti d’occhio dalla polizia. Almeno per il momento sono sconfitti, ma rimangono, minacciosi. Non possono sopportare che dei bambini abbiano almeno un accampampamento dove sopravvivere in pieno inverno, nemmeno se, come promesso, resteranno lì solo fino al 31 marzo. Nemmeno se alcuni sono appena nati
I rom sono arrivati in pullman e hanno cominciato a sistemarsi nelle 16 tende blu della protezione civile, sei metri per quattro, dentro solo brandine e riscaldamento con le stufette. «Va un po’ più bene», dice una signora. Sul posto ha assistito al trasloco il sindaco di Opera, Alessandro Ramazzotti, che ha accettato di accoglierli dopo che un mese fa furono sloggiati dal campo di via Ripamonti, nel territorio del comune di Milano. Ora nessuno – Provincia, Palazzo Marino, prefetto – vuole prendersi la responsabilità di quello sgombero assurdo. Immancabile fra le tende don Virginio Colmegna della Casa della Carità, da giorni cerca di mediare con tutti, razzisti compresi, pur di trovare una soluzione, fino al punto di far firmare ai nomadi un «patto di socialità e legalità» per tentare di tranquillizzare i cittadini terrorizzati solo dall’idea degli zingari. Potranno rimanere accampati a Opera solo se faranno i bravi, protetti dalla polizia, e non a lungo. Filippo Penati, presidente della provincia di Milano, si è sentito in dovere di rassicurare gli operesi: «Si tratta di una soluzione transitoria». Già il 19 gennaio se ne riparlerà in Prefettura, anche con il comitato anti-rom che fino ad allora, dicono, manterranno il loro presidio.
Sotto scorta L’accampamento è sorvegliato dalla polizia e dalla Casa della Carità, mentre fuori continua il presidio anti-rom
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