Reesom, le torture non bastano per ottenere l’asilo politico

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Il caso dell’eritreo Reesom

di GIOVANNI MARIA BELLU

I pigri cliché della comunicazione sono più forti dei principi della Costituzione. Così, testardi come muli e ciechi come pipistrelli, innumerevoli giornali e televisioni continuano a definire in blocco “clandestini” gli immigrati che arrivano in Italia via mare. L’ultimo comma dell’articolo 10 della nostra carta fondamentale (“lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”) sembra essere stato abrogato dalle antenne e dalle rotative. Eppure sono ormai anni che associazioni umanitarie, singoli volenterosi, docenti di diritto e anche qualche maestro elementare (perché il concetto è alla portata di un bambino) spiegano che circa la metà del carico umano delle “carrette del mare” è costituito da persone che si trovano proprio nelle condizioni descritte dall’articolo 10. Definirli a priori “clandestini” è come chiamare “hooligans” tutti quelli che vanno allo stadio.


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Convinta fino a ieri di veleggiare trionfalmente, in sintonia con gli umori popolari e lo spirito dei tempi, la Lega d’un colpo s’imbatte nella maledizione della politica. Vent’anni dopo, non si può permettere di tornare all’opposizione.

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