Economia globale e diritti
Un Rapporto della Banca Mondiale
Banca mondiale sott`accusa: promuove
i paesi dove i lavoratori non hanno diritti di Davide Orecchio Da pochi giorni è uscito Doing Business, il Rapporto più diffuso e importante della Banca mondiale. Misura la competitività e l`apertura all`impresa di 175 paesi, dando voti che pesano, bocciando i cattivi e promuovendo i buoni. Ma Doing Business ha una visione un po` distorta della realtà: paesi dove si può licenziare senza giusta causa, dove i sindacati sono fuori legge e gli orari di lavoro altissimi corrispondono all`identikit del “best performer” e del “business friendly”. In molti paesi in via di sviluppo
Doing Business è il best seller della Banca mondiale, uno dei rapporti più letti e diffusi tra quelli che sforna l`istituto presieduto da
Il Rapporto (alla sua quarta edizione annuale) è stato realizzato esaminando le economie di 175 paesi e se ne evince che nel 2006 sono state adottate 213 riforme, in 112 paesi, affinché le imprese si adeguassero ai requisiti legali e amministrativi in meno tempo, con meno costi e più agevolmente. Secondo gli analisti del Dipartimento per lo sviluppo del settore privato (l`ufficio della Bm che elabora il Rapporto), i paesi migliori per fare impresa sono Singapore, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Canada, Hong Kong, Regno Unito, Danimarca, e via scendendo fino a un imbarazzante 82esimo posto in classifica: quello occupato dall`Italia, retrocessa qui sotto dal già poco illustre 69esimo assegnato dal rapporto precedente. Rispetto al 2006, invece, alcuni paesi hanno fatto grandi passi avanti, come
Ogni paese ha la sua pagella stilata sulla base di 10 criteri, dalla facilità nell`avvio di un`impresa alla pressione fiscale alla facilità nel
commercio con l`estero. Però tra questi – ecco il punto dolente – è compreso anche l`indicatore
“Il rapporto considera come ostacoli all`impresa un`ampia gamma di istituti giuslavoristici”, sottolinea in un
Fatto ancora più grave – accusa sempre il sindacato – è che Doing Business dà voti eccellenti a paesi che violano apertamente i princìpi e diritti del lavoro sanciti dall`Oil. Ad esempio l`anno scorso l`Arabia Saudita ha ottenuto il miglior voto possibile (ossia “0”) alle due voci “difficoltà ad assumere” e “difficoltà a licenziare”, nonostante in questo paese i sindacati siano fuori legge, la contrattazione collettiva proibita e alle donne siano vietate molte occupazioni. Ci sono altri esempi, e
I rappresentanti dell`Icftu hanno chiesto che dal Rapporto fossero espunti gli indicatori incriminati, senza ottenere risposta. Inoltre il sindacato sottolinea un comportamento ambivalente dell`istituto, dal momento che tutti i suoi presidenti hanno sostenuto pubblicamente la campagna per i diritti dell`Oil e le sue convenzioni internazionali.
“
Alla fine della giostra sorge il dubbio che quell`82esimo posto assegnato all`Italia non sia poi così disdicevole. Incombe l`eterna domanda: è meglio arrivare primi barando o ultimi con fair play? Chi non sa la risposta, non la vada a cercare in Micronesia. (www.rassegna.it,
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