Disoccupazione in calo, ma aumenta chi rinuncia a cercare lavoro
Le rilevazioni dell’Istat
Le rilevazioni dell`Istat Disoccupazione in calo, ma aumenta chi rinuncia a cercare lavoro Nel secondo trimestre 2006 il tasso di disoccupazione in Italia è sceso al 6,5% (era al 7,5 nel secondo trimestre 2005). E` quanto comunica l`Istat. L`istituto di statistica precisa che al netto dei fattori stagionali il tasso è passato dal 7,3% del primo trimestre 2006 al 7% del secondo, il tasso più basso dal 1992. Il numero dei disoccupati e` sceso a 1.621.000 unita` in calo dell`11,8% in confronto a un anno prima toccando i minimi dal quarto trimestre del 1992. In aumento la forza lavoro pari a 23.187.000 unita`, in aumento del 2,4%.
Sulla percentuale, però, influisce sensibilmente il fenomeno delle fuoriuscite dal mercato del lavoro, ossia di chi rinuncia a cercare un impiego. Il numero delle persone in cerca di occupazione, informa sempre l`Istat, si e` infatti ridotto del 13,3% (-119.000 unita`) per la componente maschile e del 10,3% (-97.000 unita`) per quella femminile. Il calo e` stato piu` contenuto nel Centro, dove la riduzione della componente maschile e` stata parzialmente compensata dall`incremento di quella femminile. La riduzione e` stata piu` sensibile nel Nord e nel Mezzogiorno, dove ha interessato entrambe le componenti di genere. Il tasso di disoccupazione e` diminuito su base annua di cinque decimi di punto nel Nord, posizionandosi al 3,4%. Nel Centro l`indicatore si e` portato al 5,9% dal 6,3% di un anno prima. Nel Mezzogiorno il rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze di lavoro si e` attestato al 12%, 2 punti percentuali in meno rispetto al secondo trimestre 2005. Il calo ha riguardato sia gli uomini sia, in maggior misura, le donne. Per gli stranieri il tasso si attesta all`8,8% (5,7% per gli uomini e 13,1% per le donne). Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) e` sceso nel secondo trimestre 2006 al 20,6% dal 22,9% di un anno prima. Il tasso di disoccupazione di lunga durata si e` attestato al 3,4%, con una diminuzione tendenziale di quattro decimi di punto.
L`Istituto comunica inoltra che nel secondo trimestre del 2006 l`occupazione è cresciuta. Il numero degli occupati e` risultato pari a 23.187.000 unita`, 536.000 in più rispetto a al 2005 (+2,4%). Confermando tendenze gia` in atto da tempo, rileva l`Istat, contributi rilevanti alla crescita dell`occupazione derivano dalla componente straniera (+162 mila unita`) e dalle persone di 50 anni e oltre (+242.000). Un ulteriore significativo apporto all`aumento del numero degli occupati e` fornito, tra la popolazione italiana con meno di 50 anni, dai lavoratori a tempo determinato (+120 mila unita`). In termini destagionalizzati l`occupazione nell`insieme del territorio nazionale e` salita dello 0,6% in confronto al primo trimestre 2006. Il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni si e` portato dal 57,7 del secondo trimestre 2005 all`attuale 58,9%.
L`incremento tendenziale dell`occupazione ha riguardato sia la componente maschile (+2,0 per cento, pari a +275.000 unita`) sia quella femminile (+2,9 per cento, pari a +261.000 unita`). L`incremento ha interessato tutte le aree territoriali. Nel Nord l`occupazione e` aumentata del 2,1 per cento, pari a +241.000 unita`. Il contributo della componente straniera, cresciuta di +104.000 unita`, e` stato ancora una volta rilevante. Nel Centro l`occupazione e` salita del 3,3 per cento, pari a +151.000 unita`. Poco piu` di un terzo dell`incremento riguarda cittadini immigrati. Nel Mezzogiorno l`aumento del numero di occupati, dovuto quasi esclusivamente alla componente italiana, e` stato del 2,2 per cento, pari a +144.000 unita`. Con riguardo alla popolazione in eta` compresa tra 15 e 64 anni, il tasso di occupazione nel secondo trimestre 2006 si e` portato al 58,9 per cento dal 57,7 per cento di un anno prima.
Cgil, molte ombre
“La rilevazione Istat sulle forze lavoro, relativa al secondo trimestre 2006, se letta in maniera approfondita ci indica un mercato del lavoro con numerose ombre”. Così commenta Fulvio Fammoni, segretario nazionale della Cgil i dati resi noti dall’Istat. “A fronte di una crescita di 536 mila occupati – continua Fammoni – infatti emerge che ben 162 mila unità sono connesse al lavoro immigrato che ha beneficiato di una recente sanatoria, con un fenomeno più di emersione che non di creazione di nuova occupazione. Soprattutto se a questi sottraiamo il dato dei 242 mila nuovi occupati di età superiore ai 50 anni emerge che dei 232 mila nuovi occupati, di cui una parte autonomi, tra i 15 e i 50 anni ben 120 mila occupati sono a termine. Cioè viene confermato quanto anticipato qualche mese fa dall’indagine Excelsior/Ministero del Lavoro sull’occupazione: i lavoratori precari sono la maggioranza assoluta dei nuovi occupati trai i giovani e non solo.
Infine è de segnalare sia come le attuali tendenze occupazionali continuino a vedere una crescita dell’occupazione superiore tra gli uomini rispetto alle donne, confermando l’interruzione di una tendenza positiva durata fino al 2004, sia come questi processi non investano il Mezzogiorno i cui i tassi di attività e l’offerta di lavoro permangono sostanzialmente stabili.
Occorre allora – continua il sindacalista – che già dalla prossima Finanziaria il Governo intervenga con radicalità su alcuni nodi, inserendo misure e risorse per una sistematica lotta al lavoro nero; favorendo forme di automatismo tra denuncia dell’immigrato clandestino contro il caporale che lo sfrutti e un permesso temporaneo di soggiorno (sono ancora diverse centinaia di migliaia gli immigrati che lavorano, impossibilitati alla regolarizzazione dalla Bossi-Fini); intervenendo su collaborazioni e associati in partecipazione, con un aumento delle aliquote contributive, l’estensione dei diritti riconosciuti ai lavoratori subordinati, norme per garantire salari dignitosi; contrastando gli abusi oggi connessi all’uso dei contratti a termine e rimettendo al centro del mercato il contratto a tempo indeterminato come forma normale di lavoro.
In sintesi – conclude Fammoni – i dati dell’Istat indicano non solo la necessità di una profonda riscrittura delle norme vigenti in materia di mercato del lavoro, ma segnali chiari ed immediati per fermare uno scadimento della qualità occupazionale del nostro paese”. (www.rassegna.it,
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