Italia, patria degli impuniti, in salita la lotta all´evasione
(La Repubblica, LUNEDÌ, 03 LUGLIO 2006, Pagina 7 – Economia)
Italia, patria degli impuniti in salita la lotta all´evasione
Così condoni e inefficienza hanno disarmato il fisco Il governo punta a riportare in cassa almeno una piccola parte dei circa 200 miliardi di euro non pagati Negli ultimi anni si è inceppata la macchina dell´Erario: diminuiti i controlli e i recuperi di tassazione La Commissione tributaria ha pendenti 360 mila ricorsi che al ritmo attuale andranno avanti per vent´anni Sono in aumento i contribuenti totalmente sconosciuti al fisco. Ma l´amministrazione fatica a rincorrere chi non paga
ALBERTO STATERA
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«Sant´Agostino ha detto che se i tributi sono troppo alti, non è peccato non pagarli e io obbedisco a Sant´Agostino, il patrono dei tartassati, per non arrivare nudo alla meta». Così Torquato Pezzella, evasore fiscale impersonato da Totò, filosofeggiva con l´inflessibile maresciallo Topponi, interpretato da Aldo Fabrizi, nell´indimenticabile film di Steno “I tartassati“. Correva l´anno 1959, sfrecciavano poche Fiat 600 nelle strade semideserte sotto il palazzo marmoreo dell´Eur dedicato a santi, navigatori e poeti ma, forse per una dimenticanza, non agli evasori. Erano più o meno gli stessi anni in cui Ennio Flaiano, incontrando gli amici in una trattoria di Roma, li apostrofava omettendo una «s»: «Ecco gli evasori fi… cali». Per dire come il paese campione della frode tributaria fosse già allora oggetto di mille calembour. Mezzo secolo è passato, ma le tasse pagate e soprattutto quelle non pagate, il «Calvario preferito dagli italiani», come l´ha definito il professor Mario Monti, tornano – eterna croce e delizia – al centro delle politiche prodiane che dovrebbero salvare la finanza pubblica e il paese, coventrizzati da cinque anni di «creatività» di Giulio Tremonti e dei suoi «danti causa. Si tratta, come direbbe per l´appunto l´ex ministro commercialista transitato «from Marx to Market», di «onorare un colossale, mefistofelico pagherò», in questo caso da lui controfirmato senza soverchi scrupoli nell´ultimo lustro. Puntando più sull´aumento delle entrate che sul taglio delle spese. Funzionerà veramente, nonostante l´usura dei decenni abbia ormai oltraggiato lo slogan della «lotta all´evasione»? Romano Prodi, Tommaso Padoa Schioppa e Vincenzo Visco ci credono e, se non ci credono, devono almeno far finta di crederci «per contratto»: tre miliardi di euro o giù di lì si dovrebbero poter recuperare con qualche incursione nel regno dei furbi, che mai come nell´ultimo quinquennio sono stati coccolati, vellicati, quasi invitati ad abbassare il già miserevole livello di «tax morale» del paese. Con il presidente del Consiglio in persona che, novello Sant´ Agostino e Cavalier Pezzella, proclamava: «Volete che chi è sottoposto a un furto non s´ingegni? È legittima difesa». Così, con il «Principe» dedito allo svuotamento delle sue stesse casse, partì la più grande raffica di condoni della storia, all´insegna del motto che Giulio Tremonti aveva coniato con sdegno quando ancora frequentava Marx e tuonava contro i «cialtroneschi programmi dell´uomo di Arcore»: «Farla franca, farla lunga, farla fuori con poche lire di condono». Esattamente ciò che gli italiani pensano che avvenga, secondo i risultati di una ricerca della Banca d´Italia. I tre quarti degli intervistati sono convinti che l´evasione fiscale sia un problema grave o gravissimo tra quelli dello Stato, contro un misero 4 per cento che lo considera marginale. Naturalmente, fra quei tre quarti, ci sono anche evasori. Ma per gli italiani gli evasori sono sempre gli altri, tanto che la stessa ricerca rivela che la ragione dell´evasione viene indicata dalla maggioranza proprio nel fatto che non pagano tutti e quindi non c´è la giusta reciprocità. E naturalmente nei limitati rischi che notoriamente si corrono evadendo. Una fuga velleitaria destinata al fallimento, come molte volte è capitato nell´ultimo mezzo secolo, quella di PPV, Prodi, Padoa, Visco, o un progetto realistico, dato il livello dei tributi evasi, collocato ormai nei pressi dei 200 miliardi di euro? La fama di «Dracula», vampiro dei Carpazi in servizio all´Avis, appiccicata a Visco potrebbe persino giovare, se è vero quanto sostiene Alberto Zanardi, professore di Scienza delle finanze a Bologna. Sapete perché? Perché una serie di ricerche internazionali (Cummings, Scholz, Lubell e altri) dimostrerebbero sul campo che i livelli di obbedienza fiscale e di «tax morale», a parità di controlli, sono determinati dal rispetto per la serietà degli intenti del governo. Ma, purtroppo, anche dall´efficienza e dalla fiducia nei confronti dell´amministrazione fiscale. Nel nostro caso, questo oggi è il punto. Cummings e i suoi soci non possono neanche immaginare che cosa è capitato da noi nell´ultimo lustro in termini di delegittimazione dell´amministrazione e, di conseguenza, di depressione della «tax morale». A raccontarcelo nei dettagli è Massimo Romano, primo direttore dell´Agenzia delle Entrate, silurato dal precedente governo e ora tornato in auge con Prodi. Il povero Romano si sente più o meno come un superstite a Pompei dopo l´eruzione del Vesuvio: l´amministrazione è delegittimata, inutile investirci se poi si fa di tutto per renderla inoffensiva, la credibilità del sistema è devastata da una raffica di condoni e amnistie di fatto, così numerosi da perderne quasi la memoria. Si va dal «condono tombale» alla «rottamazione dei ruoli», dallo «scudo fiscale» al «concordato preventivo», fino a una sanatoria per il futuro che si dispiegherà fino al 2008. Poi c´è «ET», che non è un extraterrestre, ma l´evasore totale che ha ripreso a vegetare rigogliosamente. I controlli sono scesi da 589 mila a 482 mila, le imposte acquisite al netto delle iscrizioni a ruolo sono scese da 593 a 63 milioni di euro, la Commissione tributaria ha pendenti 360 mila ricorsi che, al ritmo attuale, andranno avanti per vent´anni, lo squilibrio nella distribuzione del carico fiscale si è aggravato, facendo dell´Italia uno dei paesi del mondo più fiscalmente iniqui. In questo scenario «lacerato», la produttività dell´amministrazione è stata minata e non sarà facile recuperarla. Ora basta – implora Massimo Romano facendo il censimento delle macerie in uno scritto appena pubblicato dal «Mulino» – si «recuperi stabilità e credibilità» e «non si ripetano per il futuro aspettative di condoni e sanatorie». Basta allora con «Perdonopoli», soprattutto per i ricchi, visto che chi vive di stipendio in genere non ha bisogno di condoni. Ma far la faccia feroce, come dimostra la storia, non basterà a far recedere i reprobi, né a migliorare la «tax morale» del paese. Se i commercianti dovranno comunicare «telematicamente» i loro incassi ogni settimana, mandando in pensione i registratori di cassa, ci sarà qualcuno che «telematicamente» riuscirà a controllarli? E se l´elusione sulle stock option multimilionarie in euro sarà ricondotta a una tassazione ordinaria, quanto ci vorrà ai manager che si assegnano premi oltre il limite della fantasia dei comuni mortali a trovare un´altra forma di elusione? «Quando incontro la tributaria – diceva il saggio Cavalier Pezzella – mi si chiude la bocca dello stomaco». Ma, si sa, quegli incontri sono sporadici.
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