“Basta suicidi, Guantanamo va chiusa“

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(La Repubblica, LUNEDÌ, 12 GIUGNO 2006,
Pagina 9 – Esteri)

“Basta suicidi, Guantanamo va chiusa“

L´America sotto pressione dopo la morte di 3 detenuti a Camp Delta

I generali Usa definiscono le morti “simili a un atto di guerra“

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
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enrico franceschini
LONDRA – Per un ex-detenuto dello stesso campo era «inevitabile» che accadesse. Per gli Stati Uniti è solo «una mossa pubblicitaria, un colpo ad effetto per distrarre il mondo dai misfatti del terrorismo». Per Amnesty International è invece «una tragica riprova che bisogna chiudere quella prigione». Il suicidio di tre detenuti arabi a Guantanamo ha riaperto il dibattito sulla legalità del carcere di massima sicurezza americano a Cuba, dove dal 2002 gli Usa tengono alcune centinaia di sospettati di terrorismo, catturati prevalentemente in Afghanistan dopo l´intervento militare contro il regime islamico dei Talebani e le basi di al Qaeda. I tre uomini, due sauditi e uno yemenita, si sono tolti la vita usando lenzuola e abiti per impiccarsi nelle loro celle, ha reso noto ieri il dipartimento della Difesa americano. Avevano precedentemente preso parte a lunghi scioperi delle fame per protesta, tanto da essere alimentati con la forza dai soldati che fanno la guardia al carcere. Fino ad ora ventitre detenuti hanno tentato il suicidio a Guantanamo, alcuni ripetutamente, per un totale di quarantuno volte; ma il suicidio dei tre porta i primi decessi nella controversia storia del campo di prigionia.
«La notizia mi ha sconvolto, ma al tempo stesso è inevitabile che sia successo qualcosa del genere», commenta Shafiq Rasul, un britannico di origine pakistana e di religione musulmana che è stato detenuto per due anni e mezzo a Guantanamo prima di essere rilasciato senza alcuna imputazione grazie anche alle pressioni del governo Blair su Washington. «Ci furono numerosi tentativi di suicidio mentre ero a Guantanamo, è accaduto anche davanti ai miei occhi», racconta Rasul, intervistato dalla rete televisiva britannica Sky News. «C´era gente che non ne poteva più, che stava impazzendo e che perciò cercava di uccidersi. Io stesso, in tutto il tempo che ho passato laggiù, non avevo alcun diritto. Non avevo comunicazioni col mondo esterno, non avevo accesso ad avvocati, venivo accusato di essere un membroi di al Qaeda, mi sentivo dire che ero il peggio del peggio. Sono stato picchiato più volte, interrogato, ammanettato al suolo in posizioni molto dolorose e lasciato lì per ore e ore». Rasul è uno di tre pachistani che dicono di essersi recati in Pakistan nel 2001 per un matrimonio e di essere poi entrati in Afghanistan, su richiesta di un imam, per distribuire aiuti umanitari. Dopo il suo rilascio da Guanatanamo nel marzo 2004 ha accusato gli Usa di tortura e lanciato una campagna legale per ottenere un risarcimento.
Completamente opposta la versione di Colleen Graffy, vicesegretario di stato americano per la pubblica diplomazia: «I suicidi sono una buona mossa di pubbliche relazioni per attirare l´attenzione», dice intervistata dalla Bbc. «Sembrano parte di una strategia. Questa è gente che non dà valore alla propria vita e certo nemmeno alla nostra vita, gente che usa gli attentati suicidi per portare avanti la causa della guerra santa. Se avessero voluto soltanto protestare per la situazione in cui si trovano, non avevano bisogno di uccidersi, poiché hanno accesso agli avvocati e possono scrivere alle loro famiglie». Ma la polemica contro Guantanamo continua a crescere. «Questa nuova tragedia ci rammenta che bisogna metter fine all´illegalità di quella prigione», afferma Amnesty International, chiedendo anche la creazione di una commissione d´inchiesta indipendente «su tutti gli aspetti delle pratiche di detenzione e di interrogatorio condotte dagli Stati Uniti».

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