by redazione | 25 Maggio 2006 0:00
(da “la Repubblica“, GIOVEDÌ, 25 MAGGIO 2006, Prima Pagina)
GIUSEPPE D´AVANZO
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«È sufficientemente provato che Telecom ha posto in essere pratiche abusive attraverso l´impiego sistematico di informazioni privilegiate, acquisite in violazione di precisi obblighi». Lo scrive in un´ordinanza la Corte d´Appello di Milano, appena venti giorni fa. Accade questo. Il vecchio monopolista delle comunicazioni controlla ancora in modo esclusivo la Base Dati Unica, l´archivio informatico che custodisce le informazioni su tutti i clienti di telefonia fissa e mobile del Paese. In teoria, l´accesso alla banca dati è legittimo soltanto “per finalità di sicurezza e gestione“. Telecom, al contrario, cede alla tentazione del passo storto. Ci mette le mani per difendere i suoi affari. Quando un concorrente si fa troppo intraprendente, i tecnici di Telecom fanno qualche ricerca abusiva nella banca dati. Estraggono dati anagrafici e patrimoniali. Li selezionano per volume di traffico e propensione al consumo. Selezionano in “microfasce“ i consumatori più preziosi che hanno rinunciato ai servizi della società. Partono alla riconquista. In possesso di informazioni e dati che non dovrebbe avere, la rete di vendita contatta il cliente trasmigrato e propone servizi a condizione di favore. I giudici hanno ordinato ora alla Telecom di astenersi da questi “comportamenti abusivi“.
In attesa di valutare i possibili reati penali, la decisione della magistratura protegge, per il momento, solo la corretta concorrenza ma propone anche altre più gravi questioni. In ragione di qualche fatto.
E´ possibile per la Telecom una sorveglianza, per campione, su vasta scala o generale, delle telecomunicazioni dei cittadini e il controllo delle tracce tecnologiche che lasciamo nel corso delle nostre giornate (telefono fisso, cellulare, internet, e-mail) quindi di consumi, trasferimenti e contatti. L´accesso a questi dati dovrebbe essere possibile soltanto per “finalità di sicurezza“. Ma non è chiaro (soprattutto con l´abuso che si è fatto in questi anni delle “ragioni di sicurezza“) chi decide e chi controlla che siano rispettate le condizioni indispensabili affinché l´accesso sia legittimo.
L´ordinanza della magistratura ci dice che se ne è abusato per fini commerciali. Domanda ragionevole: se ne può abusare e se ne abusa per altri fini? Come è chiaro, sono questioni di interesse vitale per libertà, diritti e democrazia, ma Telecom Italia non sembra darsene per inteso. Quando il 16 maggio diffonde una nota per dar conto delle severe conclusioni del giudice, nega l´evidenza e scrive: “Sulle strategie applicate da Telecom Italia, la società precisa che non sono mai stati utilizzati i dati di ex-clienti…“. E´ l´esatto contrario di quanto si legge nell´ordinanza del giudice milanese. E´, diciamo, una variazione falsaria.
Dunque, si deve concludere che conviene diffidare delle prese di posizione di Telecom (ieri sono state necessarie quasi dieci ore per avere nessuna risposta a qualche domandina di routine). La società controllata dalla Pirelli pare mettere insieme i difetti dell´impresa pubblica e le debolezze dell´impresa privata. Della prima conserva l´arroganza del monopolista che non deve rendere conto di quel che fa. Della seconda, l´autoreferenzialità del proprio interesse. La stessa trama si scorge quando salta fuori che un´agenzia d´investigazione (la Polis d´Istinto), per lunghi anni al servizio ben retribuito di Telecom , ha raccolto illegalmente decine di migliaia di files (forse addirittura centomila). La reazione di Telecom è stravagante. Minacciando azioni legali “inflessibili“ invita i media a non riprendere «le illazioni», formula farfallina per definire la notizia che c´è un´inchiesta in corso e che la magistratura sta cercando di capire chi ha ordinato e pagato e per quale fine le schedature abusive (finanche di gente del calcio). Telecom conclude “auspicando che l´autorità giudiziaria possa fare quanto prima la dovuta chiarezza“. Altra stravaganza. Ci si sarebbe potuto aspettare che Telecom rivelasse la sua attiva e attuale collaborazione all´indagine o l´impegno pubblico a iniziarla, al più presto e con efficacia. In fondo, la Polis d´Istinto è stato un “fornitore“ Telecom. Per di più, infedele perché nel tempo ha schedato anche gli affari di famiglia della moglie del presidente Marco Tronchetti Provera. Invece, niente di tutto questo. Soltanto quel ditino minaccioso nell´aria che ottiene lo scopo. Del pasticcio, la stampa italiana non se ne occupa (se si esclude il comitato di redazione della “7“). Ci si potrebbe attendere almeno l´interesse del ceto politico e l´avvio di una discussione pubblica. Niente anche da questa parte. Encefalogramma piatto. Abituali chiacchieroni scelgono il silenzio. Chi apre la bocca, come il ministro Clemente Mastella, lo fa soltanto per dirsi dispiaciuto di quanto è accaduto “alla sua amica Afef“ (che sarebbe poi la moglie del presidente di Pirelli/Telecom). E le altre vittime? E i prossimi “obiettivi“ degli spioni? E il controllo o l´autoregolamentazione del “sistema“? La politica italiana non sembra interessata a comprendere come possono cambiare (e come si possono proteggere) i comportamenti individuali e collettivi sottoposti allo sguardo onnipresente della tecnologia. Come si possono mettere in sicurezza i nostri spazi di libertà assediati dalla sorveglianza continua. Da queste colonne Stefano Rodotà lo ripete da anni, la deriva tecnologica trasforma non soltanto le forme dell´organizzazione sociale, ma incide sul sistema delle libertà e dei diritti e dunque sulla qualità della democrazia. Non è il caso di avere su questi temi – e a partire da una conoscenza meno manipolata di quanto è accaduto e accade – una discussione pubblica, politica e istituzionale? O il ceto politico crede che davvero ogni cosa andrà al posto giusto per le dinamiche di mercato e con qualche delega a volenterose autorità di garanzia? O si crede di poter affidare ogni controllo di legalità, salvo poi lamentarsene, a una magistratura che interviene quando il danno è già stato combinato e patito?
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(da “la Repubblica“, GIOVEDÌ, 25 MAGGIO 2006, Pagina 19 – Cronaca)
“Telecom schedava gli ex clienti“
Dopo il cambio di operatore. Lo stop del giudice: pratiche abusive
Raccolte migliaia di informazioni riservate su utenti passati a Fastweb
Profili, domicili e dati sui consumi utilizzati per lanciare le nuove offerte L´azienda sotto accusa si difende: abbiamo consultato solo archivi pubblici
La sentenza della corte di appello di Milano “Violate così le norme sulla concorrenza“ Fissata una multa di 500 euro per ogni futuro illecito di questo genere
Acquisiti e utilizzati profili, domicili e dati sui consumi L´azienda sotto accusa si difende “Consultati solo archivi pubblici“
CARLO BONINI
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ROMA – Telecom Italia ha schedato migliaia di ex clienti passati ad altri operatori telefonici. Ha acquisito e utilizzato informazioni privilegiate che li riguardavano (profili anagrafici, domicili, utenze, consumi telefonici, propensioni alla spesa) «in violazione di precisi obblighi legali e regolamentari». Lo ha fatto «con pratiche abusive», «in violazione delle norme sulla concorrenza» e «con mezzi non obiettivamente giustificabili».
Così sono andate le cose nella più grande azienda telefonica del Paese. Quantomeno a fini commerciali. Per spezzare l´offensiva di un aggressivo concorrente, Fastweb. Lo scrive nella sua ordinanza, firmata il 2 maggio scorso e depositata il 16, Filippo Lamanna, giudice della prima sezione della Corte di appello civile di Milano. Quarantaquattro pagine che documentano un abuso ai danni di migliaia di consumatori. Ne ordinano «l´immediata cessazione». Fissano una sanzione di 500 euro per ogni singolo illecito che dovesse ripetersi. Avvisano Telecom del possibile approdo dell´affare: «Poiché il trattamento illecito di dati riservati è fonte di molteplici fattispecie di reato, punibili anche con la reclusione, ci si riserva la decisione di comunicare o meno quanto emerso alla competente autorità di indagine penale». Vale a dire alla Procura di Milano che – come ha rivelato “Repubblica“ il 23 maggio scorso – dell´uso di informazioni riservate e violazione della privacy si sta già occupando nell´indagine a carico di Emanuele Cipriani, investigatore privato a contratto liquidato da Telecom con 14 milioni di euro su conti esteri e nei cui computer sono saltati fuori migliaia di dossier abusivi sull´intera classe dirigente italiana.
Ma veniamo dunque a quanto documentato nell´ordinanza di Lamanna.
Tra il dicembre 2005 e il marzo di quest´anno, Fastweb e Telecom Italia finiscono in tribunale. I due operatori telefonici si accusano a vicenda di concorrenza sleale e di abuso di posizione dominante nel mercato della telefonia fissa. All´apparenza è materia per addetti che ha a che fare con il dumping sulle tariffe tra i due maggiori concorrenti sul mercato. In realtà, al nocciolo della storia c´è dell´altro. Il giudice Lamanna acquisisce un´intervista rilasciata nella primavera 2004 da Leonardo Mangiavacchi, responsabile del “Customer insight Management“ di Telecom, a “Insight“, periodico on-line di “Business intelligence“. Il manager spiega: «Telecom ha avviato un´attività diretta a ottenere segmentazioni estremamente spinte della clientela. Siamo arrivati a ragionare su “cluster“ molto piccoli incrociando un enorme numero di informazioni. La nostra prima attività è stata la razionalizzazione dei processi informativi, in particolare relativi al traffico telefonico».
Le coordinate indicate dal dirigente Telecom, nello svelare una strategia aziendale per il recupero di quote di mercato fotografano quel che in concreto, da mesi, avviene nelle case di migliaia di consumatori che hanno disdetto il loro contratto con Telecom e sono passati a Fastweb. Ricevono telefonate dai call center Telecom con l´invito a tornare al vecchio operatore. Per convincerli, i venditori Telecom offrono tariffe che calzano come un guanto sulle loro esigenze. Chi chiama da quei call center – documenta l´ordinanza – dimostra di conoscere perfettamente oltre ai nominativi, «i consumi pregressi e i profili di propensione alla spesa dei clienti passati alla concorrenza». Di loro, gli uomini del “recupero clienti“ Telecom sanno tutto. Quanto telefonano, verso quali apparecchi, in quale zona d´Italia. Se utilizzano o meno la banda larga internet. Conoscono, soprattutto, a quale nuovo operatore si sono affidati.
Come è possibile?
Il giudice Lamanna si fa curioso. Scrive: «Un cliente Fastweb cessa di avere rapporti con il gestore di provenienza, Telecom. Infatti, sia la linea, quanto il traffico, sono gestiti ex novo dal nuovo operatore, che ha realizzato una propria infrastruttura. Nuova ed autonoma, di cui fa parte anche il “doppino in rame“ del cosiddetto ultimo miglio. Telecom non dovrebbe dunque sapere che quel doppino è attivo con un altro operatore». E invece lo sa. Perché? «Se lo sa – scrive il giudice – sta abusando di un´informazione acquisita altrimenti».
Dove?
Telecom sostiene di aver attinto ad «archivi pubblici»: «le Pagine Bianche» e «l´elenco dei clienti Fastweb su internet». Il giudice Lamanna accerta le due circostanze come false. Scrive: «Le Pagine Bianche non contengono alcuna informazione sulle caratteristiche dei clienti e sulla loro propensione al consumo o sull´uso della banda larga». Aggiunge: «Il sito Fastweb ha consentito fino alla primavera 2005 di trovare il numero di un abbonato, ma soltanto conoscendone già il nome». E dunque e ancora: dove ha pescato le sue informazioni Telecom?
Se ne era già in possesso, la legge gli avrebbe imposto di distruggerle a contratto rescisso. Se non le aveva, deve averle pescate nella “Base Dati Unica“, che raccoglie i dati sui consumatori così come comunicati da tutti gli operatori con licenza di rete fissa o mobile. Ma a quell´archivio si può accedere «esclusivamente per finalità di sicurezza e gestione». Se è qui che Telecom ha attinto, la violazione diventa doppia.
Delle conclusioni di Lamanna abbiamo detto. La replica di Telecom arriva nella serata di ieri. In mattinata, Repubblica aveva formulato quattro domande: “Quali sono le regole per la trattazione dei dati sensibili?“ “Le informazioni sugli ex clienti vengono distrutte e in questo caso con quale cadenza temporale?“ “Quali uffici aziendali hanno accesso a queste informazioni?“ “I responsabili della sicurezza Telecom hanno accesso alla Base Dati Unica?“. Ecco la risposta: «Si sta valutando l´eventuale impugnazione dell´ordinanza e dunque non abbiamo altro da aggiungere a quanto già comunicato il 16 maggio. Non sono mai stati utilizzati i dati degli ex clienti e l´azienda non ha promosso alcuna campagna riservata all´attuale clientela Fastweb». Una sola annotazione di fatto. Agli atti del processo di Milano, figurano due documenti riservati della Divisione commerciale Telecom: “Lista di marketing su 7732 clienti residenziali romani Fastweb“; “Lista di marketing su clienti business platinum“. I clienti sono classificati in «fasce». Per volume di traffico telefonico, spesa e, naturalmente, gestore cui si sono rivolti. Fastweb, appunto.
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