RAZZISMO. Pat Kuouma picchiato da controllori ATM di Milano

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«Volevano il biglietto, mi hanno preso a calci e pugni»

(Corriere della Sera, 25 maggio 2006)

Controllo sul tram, poi stessa richiesta sul marciapiedi. Alle proteste del passeggero è scattata la reazione. La vittima ha tenuto centinaia di lezioni sull’integrazione

Scrittore senegalese con la cittadinanza italiana: sono stato picchiato da 4 dipendenti dell’Atm

«I controllori dell’Atm erano in quattro. Il primo mi ha tirato un pugno in faccia. Ho reagito, anch’io con un pugno: per difendermi, avevo paura. Gli altri tre mi hanno buttato a terra e colpito con calci alla spalla, in testa. C’erano dieci persone attorno, in attesa di prendere il tram: nessuno è intervenuto. Tranne uno che passava in scooter, e si è fermato in strada, a urlare: “Hanno fatto bene, se serve testimonierò contro di te“». Pap Khouma, è un senegalese di 47 anni con cittadinanza italiana da 10, e da 22 residente a Milano. Giornalista, invitato a conferenze e convegni sui problemi degli stranieri in Europa e Stati Uniti, ha scritto due libri sui temi dell’immigrazione e dell’accoglienza e ha tenuto centinaia di lezioni agli studenti sull’integrazione e contro il razzismo, l’ultima delle quali ieri alla Fnac, megastore di via Torino, dove lavora e dove ha incontrato in mattinata settanta ragazzi dell’Agnesi.
Fuori dal pronto soccorso del Fatebenefratelli, Pap mostra il tesserino di abbonato all’azienda dei trasporti («Scade a fine mese») e un referto medico: l’inizio e la fine di «uno dei più tristi pomeriggi della mia vita». Un pomeriggio iniziato attorno alle 15.30 su un tram della linea 29 e finito pochi minuti dopo su un’ambulanza e al presidio di polizia dell’ospedale, per sporgere denuncia contro ignoti. Pap si massaggia la spalla sinistra dolorante, prova con la mano a pulire la camicia sporca di polvere, tira fuori dalla tasca il referto («Cinque giorni di prognosi salvo complicazioni, contusioni varie e un ematoma sotto una guancia» hanno scritto i medici)e l’abbonamento Atm.
«Ero sul tram – racconta – quando sono stato avvicinato da due controllori. “Biglietto“ dicono. E io: ho l’abbonamento, guardate. Ma loro insistono: biglietto». Il tram ferma in piazza della Repubblica. Pap scende, deve prendere la metropolitana per raggiungere il figlio, di 11 anni, all’uscita da scuola. Davanti al 29, ferma un altro tram. «Non mi ricordo di quale linea. Ricordo bene, invece, altri due controllori scendere, venirmi incontro, chiedere il biglietto». Pap estrae, per la seconda volta, il tesserino: «Ho l’abbonamento, guardate». I due «sembrano non voler sentire e domandano di nuovo del biglietto. Non ce l’ho, ho l’abbonamento. L’ho già mostrato a due vostri colleghi» prova a spiegare.
Intorno, una decina di persone. E ci sono «pure i primi due controllori, quelli del 29. Tutti e quattro i dipendenti dell’Atm – prosegue il senegalese – mi si mettono davanti. Uno di loro dice, e se la ride: “Ehi tu, guarda che qua non sei a casa tua. Qua tu devi fare quello che ti diciamo noi, intesi?“». Replica: «Non sono a casa vostra: sono sul marciapiede». Controreplica: «Tu devi andare a casa tua. Vai via. Tornatene da dove sei venuto. Vai a casa. Vai via tu e tua sorella». Pap reagisce: «Vai a casa tu. E se io ci vado con mia sorella, tu ci devi andare con tua mamma». Attimi di silenzio, «poi parte il pugno. Forte, deciso. Lo incasso in pieno, mi fa male. Mollo un pugno anch’io. Se e dove l’ho colpito? Non lo so, è stato un gesto istintivo, per difendermi. Ma non è servito, non è servito a niente: anzi, in tre mi sono saltati addosso. Siamo finiti tutti e cinque sull’asfalto, con le auto che rallentavano, per fortuna non ci hanno investiti. Mi sono arrivati tre, quattro, cinque calci».
Quando Pap si rialza, «vedo due agenti – continua a raccontare -. Qualcuno deve aver chiamato la polizia, non so chi. I poliziotti si informano di quanto successo. Chiedono le generalità sia a me sia ai controllori. Chiamano l’ambulanza, che mi porta al Fatebenefratelli».
In ospedale lo hanno sottoposto a due radiografie, che hanno escluso fratture. Nell’attesa della visita neurologica, ieri pomeriggio Khouma si aggirava fuori dal pronto soccorso in cerca di campo per il cellulare: «Devo avvisare a casa, dovevo andare a prendere mio figlio, adesso come faccio?». Attorno alle 20, il senegalese ha lasciato il Fatebenefratelli, dopo aver presentato denuncia. L’Atm, interpellata, non ha commentato la vicenda.

Andrea Galli

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