CASI. Diffidato e espulso, ma è italiano

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(da La Repubblica, SABATO, 20 MAGGIO 2006, Pagina 28 – Cronaca)

Vittima di una vicenda kafkiana Eskinder Solomon, nato in Etiopia nel ´74 e di nonno pugliese

Diffidato e espulso, ma è italiano


Milano, in carcere 5 mesi per non aver lasciato il paese

Anche con la revisione del processo e l´annullamento della condanna non eviterebbe la prigione

FERRUCCIO SANSA
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MILANO – «Mi hanno espulso con la Bossi-Fini. Mi hanno condannato a 5 mesi e 29 giorni perché avrei violato le norme sull´immigrazione e sono finito in cella. C´è solo un piccolo dettaglio: io sono un italiano». Eskinder Solomon parla dal carcere dove la sorella è andata a trovarlo. A questo 32enne timido e spaurito spetta il titolo non richiesto di primo cittadino italiano espulso perché «straniero». A confermare il suo racconto ci sono gli avvocati e i documenti delle autorità (dove il ragazzo è indicato appunto come “straniero“). E c´è il passaporto della Repubblica Italiana. A pagina 1 è riportato: Eskinder Solomon, nato ad Addis Abeba il 24 luglio 1974, cittadinanza italiana. Sì, perché Eskinder è figlio di padre etiope e di madre italiana (Maria Spallone).
Ecco dove la storia di Eskinder e delle sue sorelle Mulu ed Helen si incrocia con quella dell´Italia: il fascismo, le colonie e i militari italiani – il nonno Amedeo, pugliese – che arrivano in Etiopia per conquistare il Paese e invece si fanno conquistare da una donna. Così, grazie a nonno Amedeo e a sua figlia Maria, Eskinder è italiano. A provarlo c´è anche il foglio di congedo dal servizio militare, primo reggimento logistico R. M. Monviso: «Ho servito questo Paese e ora mi espellono. Mi sento tradito», sospira il ragazzo. E racconta: «Se sei nero come me, la polizia ti controlla continuamente. Un giorno gli agenti mi hanno fermato, e non avevo i documenti: mi hanno detto che se non volevo essere espulso dovevo provare di essere italiano. E il mattino dopo sono andato dalla polizia con mia madre. Ho portato il passaporto». Questa la versione di Eskinder. Ma il ragazzo – lo confermano i documenti della Procura – dopo quel controllo viene di nuovo fermato e quindi processato perché è rimasto in Italia nonostante un ordine di espulsione del Questore. E qui si innesca il mostro burocratico: «Io non sapevo di essere stato espulso. Come potevo immaginarlo? Sono italiano». Processo con un avvocato d´ufficio… «Quale processo? Nessuno mi ha mai avvertito».
Così, il 12 luglio 2003, arriva la condanna a 5 mesi e 29 giorni. Nessuno fa appello e la sentenza passa in giudicato. Tutto sembra dimenticato, finché il 4 maggio Eskinder si vede stringere le manette ai polsi. La sua difesa non conta nulla: «Ho fatto vedere il passaporto alla polizia – sostiene la sorella Mulu – ma loro mi hanno detto che non c´era niente da fare». Francesco Centorbi, avvocato d´ufficio di Eskinder durante il processo, conferma: «È una storia kafkiana». E adesso? «Ho parlato con i magistrati. Dicono che bisognerebbe chiedere la revisione del processo, ma l´annullamento della condanna arriverebbe quando Eskinder sarà già uscito di prigione». E dopo la galera è prevista l´espulsione. Eskinder dovrà tornare nel suo Paese. Cioè l´Italia, ammesso che voglia rimanerci.

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