Scoppia la guerra alle false Ong “Pagate dalle aziende del petrolio“

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(da La Repubblica, VENERDÌ, 21 APRILE 2006, Pagina 32 – Cronaca)

Clima, le organizzazioni “storiche“ accusano nuove sigle che compaiono e scompaiono

Scoppia la guerra alle false Ong “Pagate dalle aziende del petrolio“


Dalla Ue agli Usa associazioni no profit in rivolta

La polemica nata sul Wall Street Journal tra Greenpeace e il Public Interest Watch

ANTONIO CIANCIULLO

ROMA – Tra le associazioni ambientaliste storiche e le sigle dal nome ecologista che appaiono e scompaiono rapidamente è ormai guerra aperta. Anche perché la posta in gioco in campo energetico si fa sempre più pesante e le pressioni delle lobby dei combustibili fossili e dell´industria nucleare crescono. Tanto che sulla stampa anglosassone si moltiplicano i segnali di allarme. Sul Wall Street Journal è apparsa con buona evidenza la polemica tra Greenpeace e il Piw (Public Interest Watch), che si autodefinisce un watchdog, un «cane da guardia» delle Ong, le organizzazioni non governative. In questo ruolo il Piw aveva chiesto una pubblica audizione di Greenpeace accusando l´associazione ambientalista di crimini comuni come il riciclaggio di denaro sporco. Nel corso dell´indagine questo supposto lato oscuro di Greenpeace non è emerso, in compenso è saltato fuori un particolare interessante. A finanziare il Piw è l´Exxon Mobil, la multinazionale che Greenpeace ha definito la «criminale numero uno del clima» per la sua azione di lobbying contro le alternative all´uso dei combustibili fossili.Non è solo il Wall Street Journal a guardare con attenzione crescente ai movimenti dietro le quinte delle trattative sul clima. Il quotidiano inglese The Indipendent ha provato a comporre il mosaico formato dai gruppi con il nome politically correct e il portafoglio legato al cartello del petrolio. Ne è venuto fuori un affresco impressionante. Due casi per tutti. Il Congress of Racial Equity, interpretando il concetto di «equità» come uguale diritto per tutti di bruciare liberamente combustibili fossili, si è distinto per la determinazione nel contrastare le manifestazioni ambientaliste davanti alla Exxon Mobil. E la Scientific Alliance, per contestare la tesi dominante del rischio di crescita del mare a causa del riscaldamento climatico, ha sostenuto che l´oceano attorno al Giappone sta salendo per colpa della locale industria dell´ananas, troppo attiva nello scavare pozzi per dare acqua alle sue fabbriche.Anche Ross Gelbspan, premio Pulitzer per il giornalismo, offre sul suo sito un aggiornamento della situazione dopo il crollo della Gcc (Global Climate Coalition). La Cgc è stata il motore finanziario delle campagne mirate a screditare il lavoro dei climatologi e nel 1994 e nel 1995 spese oltre un milione di dollari per minimizzare la minaccia del riscaldamento globale. Uno sforzo massiccio andato in frantumi di fronte all´evidenza dei fatti: nel 2000 la situazione divenne insostenibile e i gruppi più avveduti abbandonarono l´ammiraglia della lobby pro petrolio. Dopo la diserzione della British Petroleum, della Shell, della Ford, della Daimler-Chrysler, della Texaco, della General Motors, la Global Climate Coalition andò in pezzi.Il suo lavoro ha però continuato ad essere svolto da una miriade di formazioni più piccole ma non meno radicali e spesso supportate direttamente dalla Casa Bianca. Sotto accusa sono così finite, oltre alle associazioni ambientaliste, le più prestigiose istituzioni scientifiche degli Stati Uniti. Ad esempio Jim Hansen, scienziato di punta della Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) ha pubblicamente denunciato la censura governativa sulle ricerche climatiche. E perfino il vertice dell´Epa, il ministero dell´ambiente di Washington, è stato costretto alle dimissioni per gli omissis imposti da Bush ai rapporti sul clima.«E´ un pressing che non si ferma nemmeno quando involontariamente sfiora l´umorismo», nota Andrea Pinchera, responsabile della comunicazione di Greenpeace e autore di un saggio sul tema, Ci salveremo dal riscaldamento globale? «Ad esempio la Western Fuels Association, un gigante del carbone americano, ha fondato la Greening Earth Society per sostenere che l´aumento dei livelli di concentrazione di anidride carbonica in atmosfera, il fenomeno che minaccia il clima, è un bene perché aiuta la crescita delle piante. Nello stesso tempo transfughi di Greenpeace, come Patrick Moore, si fanno finanziare dall´industria nucleare risibili rapporti pro atomo che mirano a inquinare l´informazione».

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