Guantanamo, i detenuti hanno un nome

by redazione | 21 Aprile 2006 0:00

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(da La Repubblica, VENERDÌ, 21 APRILE 2006, Pagina 17 – Esteri)

Tra i 558 detenuti molti sauditi e afgani. I più noti sono l´australiano Hicks e il saudita al-Quatani, coinvolti nell´11 settembre

Guantanamo, i detenuti hanno un nome

Il Pentagono pubblica la lista completa, proteste da Pakistan e Cina

Il governo costretto a divulgare le identità dopo il ricorso di un´agenzia di stampa

ARTURO ZAMPAGLIONE

NEW YORK – Centotrentadue sauditi, 125 afgani, 107 yemeniti e altri 194 «nemici combattenti» di 38 paesi sono passati per le celle di Guantanamo (e per lo più vi sono rimasti). La provenienza geografica di 558 detenuti, assieme ai loro nomi e cognomi, è precisata in un lungo documento reso noto dal Pentagono dopo una richiesta dell´agenzia Ap in base al Freedom of Information Act, la legge sulla trasparenza negli atti governativi.Negli ultimi quattro anni George W. Bush e Donald Rumsfeld si erano sempre rifiutati di fornire dettagli anagrafici sulla «prigione della vergogna» creata, dopo l´offensiva in Afghanistan, nella base navale americana di Guantanamo, nell´isola di Cuba. «Il segreto è dovuto a esigenze di sicurezza nazionale», spiegavano i collaboratori del presidente. E la Casa Bianca appariva del tutto indifferente alle proteste delle associazioni per i diritti umani per il mancato rispetto delle convenzioni sui prigionieri di guerra e per il trattamento disumano dei detenuti. Adesso il mistero è stato svelato. Controvoglia, il governo americano è stato costretto a consegnare la lista completa e ad affrontare le polemiche.Il governo pachistano è stato il primo a reagire, forse perché irritato dell´atteggiamento di Washington, che ha di fatto accettato l´arsenale nucleare di New Delhi ma non quello di Islamabad. «Abbiamo scoperto dalla lista che ci sono più connazionali di quel che ci era stato detto», ha tuonato un dirigente del ministero degli Interni. «In tutto dovrebbero essere ventidue, mentre ci era stato detto che erano solo sette. Perché ci nascondono le notizie?».Anche Pechino ha preso spunto dalla presenza nella lista di ventidue cinesi uighuri, per lo più militanti islamici indipendentisti dell´East Turkestan, per chiederne l´immediata consegna. «Il terrorismo è un nemico dell´umanità», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Qin Gang. «L´East Turkestan è una componente del terrorismo internazionale».Secondo un portavoce del Pentagono, Todd Vician, una copia della lista era già stata consegnata alla Croce Rossa. E molti nomi erano già trapelati da documenti giudiziari e indiscrezioni degli avvocati. Tra i detenuti eccellenti di Guantanamo ci sono l´australiano David Hicks e il saudita Muhammaed al-Quatani, coinvolto nei piani per l´11 settembre. Ci sono anche vari esponenti Talibani, tra cui l´ex capo della polizia di Kabul Khirullah Said Wali Khaikhwa, l´ex capo di gabinetto del ministro della Difesa Mullah Mohammed Fazil e gli ex dirigenti dell´intelligence, Abdul Haq Wasiq e Gholam Ruhani.Alcuni dei 558 detenuti di Guantanamo sono già stati rilasciati, una decina figurano sotto processo, ma la grande maggioranza vive ancora in una sorta di limbo. L´etichetta di «nemici combattenti», inventata dagli azzeccagarbugli del governo di Washington, serve ad aggirare le convenzioni di Ginevra sui prigionieri di guerra e impedire un iter giudiziario vero e proprio.

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Nell´elenco dei carcerati di Guantanamo figurano alcuni uomini passati per il nostro paese

C´è il barbiere di viale Jenner tra gli otto prigionieri “milanesi“

PIERO COLAPRICO

MILANO – «Uno dei problemi è la grafia di nomi e cognomi. Un altro è se abbiano dato il nome vero o, come non di rado accade, il nome di un parente. Terzo, mancano i soprannomi, spesso determinanti», confidano gli investigatori che si occupano di terrorismo islamista. Ma nell´elenco appena pubblicato dei 558 internati nella base militare americana di Guantanamo, ci sono otto uomini passati per l´Italia, anche se molti anni fa. E tra loro un nome che ai frequentatori dell´Istituto culturale islamico di viale Jenner ricorda qualcosa. È il numero 98, Bin Hamida Adil Mabrouk, tunisino. Era il barbiere: gli avevano dato un bugigattolo, vicino ai bagni, dove usare forbici e lamette; c´era rimasto tre mesi, poi era sparito. Quel nome dice qualcosa anche agli uffici della Procura della Repubblica di Milano. Mabrouk risulta imputato per l´articolo 416 del codice penale: associazione a delinquere, aggravata per finalità di terrorismo, ma anche per rapina, spaccio di droga e falsificazione di documenti; tutti reati “connessi“ alla necessità di incassare il più possibile prima di diventare “Mujaiddin“. Bisogna anche dire che quando Mabrouk era a Milano l´11 settembre 2001 era di là da venire: anni Novanta, la guerra era quella di Bosnia dove il barbiere della moschea andò a combattere mentre serbi e croati massacravano la comunità musulmana. In viale Jenner qualcuno lo ricorda. Abdel Hamid Shaari, il presidente dell´istituto, l´uomo che ha assicurato la piena collaborazione degli imam nella lotta al terrorismo internazionale, dice: «Uno con un nome simile c´era e faceva il barbiere, ma si può essere precisi solo se a quell´elenco di nomi e nazionalità venisse aggiunta una fotografia. Altrimenti si rischia facilmente di sbagliare persona. Se si tratta del Mabrouk che conosciamo noi, era uno dei tanti che passò qualche tempo a Milano prima di andarsene, dall´oggi al domani». La lista conferma quanto già si sapeva sugli otto detenuti che, per varie ragioni, sono passati dall´Italia. Oltre a Mabrouk, ce ne sono altri cinque, tunisini. Quello tenuto più sotto pressione è Riyad Bil Mohammed Nasseri, considerato dalla Cia l´emiro dei salafiti legati ad Al Qaeda in Afghanistan. La lista dei tunisi continua con altri tre che, sempre secondo incontrollabili fonti d´intelligence, erano stati visti più volte in viale Jenner: Ridah Bin Saleh al Yazidi, Lufti Bin Swei Lagha e Mohammed Abdul Rahman, accusato di utilizzare «almeno 50 nomi diversi quando era in Italia». Il quinto “milanese“ è Abdul Bin Mohammed Bin Ourgy, che in Italia ha ancora un fratello. Poi l´algerino Saiid Farhi, che lasciò l´Italia per l´Inghilterra nel gennaio 2001. E solo un passaporto italiano contraffatto lega al nostro paese Rafiq Bin Bashir Bin Al Hami, catturato in Pakistan. Nessuno di loro sarebbe «un tagliatore di teste» di Bin Laden.

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