CULTURA. Biblioteche, la grande crisi meno libri e fondi tagliati

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(da La Repubblica, VENERDÌ, 10 MARZO 2006, Pagina 20 – Cronaca)

Biblioteche, la grande crisi meno libri e fondi tagliati

Una su dieci ha chiuso, i soldi ridotti a un terzo

Dalla Finanziaria solo 7 milioni e mezzo di euro. Crollo delle presenze e dei prestiti

In controtendenza le strutture comunali e di quartiere. Specie se collegate a internet

Piacciono le sezioni per bambini, quelle multimediali e con i giornali a disposizione

MARIA NOVELLA DE LUCA
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ROMA – Chiuse, inaccessibili, sempre più povere. Senza fondi, senza tecnologia, senza aggiornamenti. E, se continua così, senza futuro. Alcune chiudono, molte sopravvivono, poche, invece, crescono, migliorano, hanno numeri da record e pagelle di eccellenza. Parliamo di biblioteche, di un patrimonio tanto ricco quanto disomogeneo della cultura italiana, oltre 12mila istituzioni che vivono oggi una delle più gravi crisi degli ultimi decenni, flagellate da tagli che hanno messo in ginocchio non soltanto le grandi biblioteche statali, ma anche la ricca rete delle biblioteche degli enti locali, colpiti, a loro volta, dalla cancellazione globale di risorse alla cultura.
Il 70% delle biblioteche italiane, secondo una proiezione dell´Aib (Associazione italiana biblioteche), ha subito negli ultimi 5 anni tagli radicali, che hanno portato ad un drastico calo di presenze e di prestiti di libri. E come può vivere una biblioteca se nessuno chiede più libri in prestito? Un dato per tutti: gli stanziamenti per i beni archivistici e librari nell´ultima Finanziaria sono scesi dai 22,757 milioni di euro del 2005, ai 7,661 milioni di euro del 2006, mentre la voce “diffusione del libro“ è restata ferma a 600mila euro. «Quello che colpisce – spiega Giovanni Solimine, docente di Biblioteconomia all´università della Tuscia – è il declino di molte istituzioni storiche, statali e universitarie, costrette dalla mancanza di risorse a ridurre orari, personale, servizi al pubblico, per non parlare dell´impossibilità di aggiornare il catalogo, perché soldi per comprare libri e per creare multimedialità non ce ne sono più. Una vera condanna all´oblio se si pensa che il 70% dei frequentatori delle biblioteche è composto da giovani e da studenti universitari, il cui rapporto con il libro passa anche attraverso la tecnologia».
Questo non significa però che l´istituzione biblioteca abbia perso appeal e ragion d´essere. Anzi. «A questa condizione di ripiegamento – dice Giovanni Solimine – si contrappone infatti la rete delle biblioteche comunali, la formula vincente di questi anni, una rete di strutture grandi e piccole, funzionali, moderne, di quartiere, spesso anche decentrate e periferiche, aperte ad un pubblico specializzato e non, con buone sezioni per ragazzi, con sale dove sfogliare i giornali, e una crescente presenza di postazioni internet e supporti multimediali. Un esempio riuscito è la rete delle oltre 30 biblioteche civiche di Roma, o la grande biblioteca multimediale di Pesaro».
Perché le biblioteche esistono soltanto se dentro c´è la vita. Oltre ai libri, naturalmente. Funzionano se sono luoghi di incontro, se ci sono i giornali da sfogliare, internet da consultare, e gli scaffali di fiabe e avventure per i più piccoli. Vincono se sono vicine, aperte tutto il giorno, accoglienti, tecnologiche. Un universo che in Italia è difficile non soltanto da gestire ma anche da censire. Se l´Iccu, l´istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche ne enumera 15.787, l´Istat, nell´ultima capillare ricognizione che risale al 2004, ne prende in esame “soltanto“ 12.676, tra statali, nazionali, comunali, ecclesiastiche, universitarie e private. E la ripartizione geografica è chiara, come spiegano gli esperti, perchè esiste un “Sud delle biblioteche“ e più si scende più la situazione peggiora, basti pensare che il 51,4% delle biblioteche è al Nord, il 20,6% al Centro e il 28% è al Sud, e oltre la metà delle istituzioni del Mezzogiorno ha un patrimonio librario, dice l´Istat, “inferiore ai 5mila volumi“. Avere un libro in prestito da Roma in giù può rivelarsi davvero un compito arduo: le provincie di Latina, Siracusa, Brindisi, Taranto e Ragusa posseggono infatti meno di una biblioteca ogni 10mila abitanti.
Accade anche, e siamo in Lombardia, regione del Festival della Letteratura, che il sindaco di San Giovanni del Dosso chiuda i battenti della piccola biblioteca locale. «Soltanto 4 utenti in 12 mesi, da 4 anni che non possiamo più comprare libri. Meglio aiutare le famiglie bisognose». Una scelta discutibile, ma non è facile sopravvivere se sei troppo piccolo e Rete è la parola chiave per le biblioteche del futuro. Perché anche da noi, tagli a parte, sta vincendo la formula della public library inglese. Ed è questa un po´ la chiave del successo dell´Istituzione biblioteche di Roma, presieduta da Igino Poggiali. «Il primo elemento di forza è stata la rivalutazione della figura dei bibliotecari, e l´idea della biblioteca come nuova piazza dell´offerta culturale, un luogo aperto, dove ci sono i libri ma anche la musica, internet, il cinema, la sezioni ragazzi, gli eventi, con un´affluenza che ha raggiunto il milione e mezzo di presenze nel 2005. Certo, da sempre le biblioteche sono quei luoghi classici dove i giovani con la scusa di studiare si incontrano. Oggi, però, e questa è la differenza, in biblioteca vengono tutti: dal bambino alla casalinga, dallo studente al pensionato, e ognuno esce con un libro. Questo sì che è un successo».

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IL CASO/1

Addio alla biblioteca di San Giovanni del Dosso, nessuno ci andava più

Il paese che non legge “Meglio le ballerine“

Lì vicino, a Mantova, trionfa il Festival delle letterature. Il sindaco: “Non abbiamo denaro“

DAL NOSTRO INVIATO
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roberto Bianchin
SAN GIOVANNI DEL DOSSO (Mantova) – Dormono le enciclopedie bene allineate sui vecchi scaffali di ferro grigio della biblioteca comunale. Dormono anche i libri di Calvino, di Pasolini, di Gramsci, e “Il Capitale“ di Marx sembra sprofondato in un sonno profondo. Non c´è più nessuno che li viene a svegliare, nessuno che li vuole leggere, nessuno che li chiede in prestito. La biblioteca, 1.400 volumi, è deserta. Si anima solo quando si fa festa. Allora è un successo: gran ressa per le oba-oba, un gruppo di sculettanti ballerine brasiliane, pienone per il ballo in maschera di carnevale, gente in coda per la mostra degli uccelli impagliati. Morale: il sindaco ha deciso di chiudere la biblioteca per mancanza di lettori. Le feste, invece, si continueranno a fare. «Ma le ballerine non c´entrano – brontola – anche perché non le ho chiamate io, ma il comitato della fiera. Certo, sono piaciute. Il problema della biblioteca invece è che non interessa a nessuno, che è un servizio che costa, e che io non ho in cassa il becco di un quattrino».
Il paese che non legge nella terra che fa leggere tutti, e che ha inventato quel miracolo del Festivaletteratura, dorme adagiato nella campagna: 1.200 abitanti, aria antica, c´è ancora la targa di una “Sezione del Pci“. I libri della biblioteca, un fritto misto un po´ datato di classici, saggi e racconti, sono accatastati in una delle due stanze della “Sala civica polifunzionale“, una palazzina di un rosa vezzoso, di fronte al municipio, dove si fanno anche le feste, le mostre e le conferenze. «Il nodo sta nel fatto che la biblioteca si trova in una sede diversa da quella comunale, e che per farla funzionare dovrei tenere lì un impiegato – spiega il sindaco diessino Maurizio Perboni, 46 anni, insegnante di fisica – ma io ne ho solo cinque, il mio bilancio è in emergenza, e sono costretto a tagliare i fondi alla cultura se voglio far funzionare i servizi sociali».
Inoltre, aggiunge, «non ne vale la pena. Nell´ultimo anno ci sono stati solo otto lettori che hanno chiesto dei libri in prestito. Il fatto è che oggi molti trovano su Internet quello che cercano. Una biblioteca vecchiotta e generalista come la nostra non serve più». In paese non sembrano soffrire più di tanto. «Io i libri me li compero» dice Antonella Tartari, che ha un negozio di piante. Anche la maestra delle elementari, Anna Muzzarelli, non ha rimproveri da fare.
Il putiferio l´ha scatenato la minoranza leghista in consiglio comunale, la stampa locale «ha montato uno scandalo su una cosa che non esiste», accusa il sindaco, e sono piovute le proteste di «beghine che nemmeno conosco e che l´hanno messa giù sul piano ideologico». Ma sotto sotto cova dell´altro. Perché il sindaco non ha rinnovato il contratto con il sistema interbibliotecario della zona e questo ha creato malumori. Che ora si infittiscono. Perché proprio il paese vicino di Quistello ha avviato, proprio in collaborazione con il coordinamento delle biblioteche comunali della zona, un progetto di promozione della lettura per bambini da zero a tre anni. «Nati per leggere», è lo slogan. Per le oba-oba, avranno tempo.

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IL CASO/2

A Roma una formula anti-crisi tra fiabe, computer e animazione

La ricetta in periferia “Qui giocano i bimbi“

Un via vai continuo, tante mamme, due classi che fanno teatrini di cartone

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ROMA – La zona si chiama Montespaccato, periferia nordovest della Capitale, intorno c´è poco o niente, ma l´insegna della biblioteca “Cornelia“ e della libreria “FieroBecco“ si leggono così bene che è difficile sbagliare. «Il vero successo? Vedere entrare qui dentro una mamma che accompagna i figli con la lista dei libri consigliata dalle maestre e vederla uscire con un libro per sé…». Non importa quale, può essere un giallo, un classico Harmony, l´importante è il testo scritto, il contatto, l´invito alla lettura.
Parla con la passione di chi ama il proprio lavoro Patrizia Miscione, direttrice di questa biblioteca di 800 metri quadrati, accogliente, luminosa, piena di postazioni internet e scaffali dove i libri sono ben visibili, accessibili, divisi per generi, con la sezione delle novità e un angolo giornali rifornito ogni mattina di nove quotidiani. Il via vai è tranquillo ma continuo. Ci sono due classi elementari che ascoltano fiabe e costruiscono teatrini di cartone, ci sono i ragazzi che studiano, c´è chi naviga, chi sfoglia, chi consulta. La biblioteca “Cornelia“, 12.300 volumi, più 1.900 video, 1000 cd Rom, 2000 fumetti da collezione, 147 posti di lettura e 46.500 prestiti nel 2005, fa parte della rete delle 34 biblioteche riaperte, rinnovate o costruite ex novo negli ultimi anni dal Comune di Roma. Un investimento enorme, nelle zone più remote della città, nelle periferie storiche e in quelle recenti, i loro nomi sono dedicate agli scrittori più amati del Novecento, Pier Paolo Pasolini e Elsa Morante, Gianni Rodari ed Ennio Flaiano, fino alla recentissima biblioteca Franco Basaglia, che sorge non troppo lontano da quello che fu il manicomio storico di Roma, Santa Maria della Pietà, chiuso poi dalla legge 180.
«Questa biblioteca è un luogo vivo, siamo un punto di riferimento per tutti, per il quartiere, per le scuole, e le presenze crescono di anno in anno. Il nostro pubblico – spiega la direttrice – è eterogeneo. Ci sono i bambini, i giovani delle scuole superiori, i professionisti che cercano testi specialistici, le casalinghe, i pensionati, gli immigrati. Ci seguono negli eventi, nelle presentazioni di libri, sono affollatissimi i corsi di alfabetizzazione al computer che offriamo gratuitamente, ogni occasione serve per familiarizzare con i libri». Tanto che, esperimento inedito per l´Italia, accanto alla biblioteca “Cornelia“, aperta ad orario continuato, è nato un vero e proprio bookshop, che dopo un inizio un po´ difficile, spiega la titolare, «adesso ha ingranato, e le persone oltre a chiederli in prestito i libri li comprano, in particolare le novità o i successi per bambini», e naturalmente sbancano Dan Brown, Harry Potter, ma anche “Tre metri sopra il cielo“ di Federico Moccia. “Cornelia“ è un esempio in controtendenza rispetto alla crisi generale delle biblioteche, un modello, forse piccolo, di quell´idea di public library multimediale che dovrebbe essere la scommessa del futuro. «Nel 2005 nelle biblioteche comunali di Roma sono stati prestati oltre un milione di libri e le presenze sono state un milione mezzo. Noi, nel nostro piccolo – conclude Patrizia Miscione – siamo cresciuti del 40%. Tutto questo dà senso al nostro lavoro».
(m. n. d. l)

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