ISTRUZIONE. Rapporto europeo. Italia maglia nera

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(daLa Repubblica, 18 febbraio 2006 – pagina 33 – Cronaca)

Rapporto della Commissione sullo stato dell´istruzione.

Per il 22% dei ragazzi solo un diploma inferiore

Scuola, record degli abbandoni l´Italia maglia nera in Europa

ANDREA BONANNI
BRUXELLES – Nel 2004 oltre il ventidue per cento dei ragazzi italiani tra i 18 e i 24 anni avevano solo un diploma di scuola media inferiore e non stava seguendo nessun corso di riqualificazione professionale. La media europea è molto più bassa, 15 per cento. Le punte minime di esclusione si registrano in Danimarca, con il 5 per cento, e con l´8 per cento in Svezia e Finlandia, che non a caso sono protagonisti del nuovo miracolo economico basato sull´elevato grado di scolarizzazione e di preparazione dei lavoratori.Sono preoccupanti per il nostro Paese le cifre che emergono dal rapporto della Commissione di Bruxelles sullo stato dell´istruzione nell´Unione europea. Un indicatore che è considerato cruciale non solo per misurare il grado di maturazione sociale e culturale, ma anche e soprattutto per valutare il potenziale di sviluppo economico su un mercato globale dominato dalla necessità di produzioni con un sempre più elevato valore aggiunto di conoscenza e di competenze tecniche.Del resto il ritratto preoccupante dell´Italia scolastica è confermato dal decrescente impegno del governo nell´istruzione.Nel 2002 la spesa per l´istruzione è stata da noi pari al 4,7 per cento del Pil, con una leggera flessione rispetto all´anno precedente, l´ultimo del governo di centro-sinistra. Anche in questo campo siamo al di sotto della media europea, che nel 2002 è stata del 5,22 per cento con un aumento rispetto all´anno precedente.Ancora più inquietante è il quadro che emerge da un rapporto che il Danish Technological Institute ha elaborato per conto della Commissione europea e che si può trovare sul sito delle istituzioni comunitarie (http://europa.eu.int/comm/education/doc/reports/ doc/basicskill.pdf). Tra i 26 paesi che nel 2003 hanno aderito ad un esame sul grado di apprendimento dei loro studenti, l´Italia arriva ventitreesima. Ed è forse utile ricordare che, oltre ai maggiori paesi europei, hanno aderito all´inchiesta anche Giappone, Stati Uniti, Hong Kong, Corea del Sud e Turchia. L´analisi prende in considerazione le capacità di lettura, di comprensione della matematica e di preparazione scientifica. Nel complesso, la Finlandia arriva prima, seguita da Corea e Hong Kong. Poi vengono l´Olanda, il Giappone, il Belgio, la Svezia, l´Irlanda e la Francia. L´Italia si classifica terz´ultima, prima di Grecia e Turchia, per capacità di lettura e comprensione del testo; va un po´ meglio per le scienze (ventesima) e arriva addirittura penultima in matematica: solo gli studenti turchi fanno peggio dei nostri.Nel complesso, la media Ue si attesta su un punteggio di 495 per la capacità di lettura (Italia 476), 500 per le scienze (Italia 486) e 502 per la matematica (Italia 466).Sempre secondo i dati della Commissione, l´Italia si classifica agli ultimi posti anche per quanto riguarda il conseguimento di diplomi di scuola media superiore. Nel 2004 solo il 73 per cento dei giovani italiani tra i 20 e i 24 anni aveva completato gli studi superiori, contro una media europea del 77 per cento.L´obiettivo che si sono fissati i governi europei è quello di raggiungere l´85 per cento nel 2010.Questi dati, che permettono una lettura non puramente economica delle ragioni che stanno dietro la progressiva perdita di competitività del sistema Italia sui mercati mondiali, sono confermati anche quando si guarda agli indicatori dell´“educazione permanente“, cioè la riqualificazione professionale e scolastica dei lavoratori adulti. La percentuale degli italiani impegnati in corsi di qualificazione professionale era del 5,5 per cento nel 2000 ed è scesa a 4,7 nel 2003 per risalire al 6,8 nel 2004. La media europea è del 9,9 per cento. L´obiettivo fissato dalla strategia di Lisbona per la competitività è di arrivare ad una media del 15 per cento entro il 2010. Siamo a meno della metà del cammino.

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L`Ue ha prefissato dei traguardi da raggiungere entro il 2010, tra cui abbattere l`analfabetismo e diplomare più studenti. Ma per l`Italia c`è molto da lavorare

Scuola, ancora tante difficoltà
e l`Europa è sempre più lontana

di SALVO INTRAVAIA

La scuola italiana è ancora lontana dagli obiettivi europei. Troppi gli alunni che lasciano i banchi precocemente, pochi i giovani in possesso di un diploma, pochissimi gli adulti impegnati in attività di “apprendimento permanente“ e, ancora una volta, troppi i ragazzini che incontrano serie difficoltà a comprendere quello che leggono: gli analfabeti di ritorno che hanno fatto tanto discutere non più di qualche mese fa. Unico segnale positivo arriva dai laureati nelle facoltà scientifiche che crescono, ma non quanto dovrebbero.

Per raggiungere gli obiettivi prefissati dall`Unione Europea c`è ancora tanto da fare e il 2010 si avvicina. Il quadro tutt`altro che positivo emerge dall`ultima relazione della Commissione Europea sullo stato d`avanzamento del programma “Istruzione e formazione 2010“.

Cinque le aree strategiche scandagliate. (Competenze-chiave, Dispersione scolastica, Numero di giovani che hanno raggiunto almeno il diploma, Partecipazione degli adulti a corsi di istruzione permanente e Spesa pubblica per l`istruzione). In quasi tutte le graduatorie, malgrado alcuni progressi registrati negli ultimi anni, l`Italia occupa le ultime posizioni. Come nella capacità di “comprensione del testo“ mostrata dai quindicenni italiani. La percentuale di coloro che non superano il primo livello (il più basso) del test Pisa (“Programme for International Student Assessment“, programma per la valutazione internazionale dell`allievo) per la lettura è enorme: il 23,9 per cento, nel 2003, contro il 18,9 del 2000. I giovani italiani risultano “più bravi“ soltanto dei compagni provenienti da Grecia e Slovacchia. La media europea si attesta 4 punti più in basso (19,8 per cento), ma l`obiettivo comunitario è ancora lontano.

Dispersione scolastica. I dati si riferiscono al 2004. La percentuale di giovani italiani di età compresa fra i 18 e i 24 anni in possesso “solo del diploma di secondo grado inferiore“, la nostra licenza media, e che non frequentano neppure la formazione professionale – sono cioè definitivamente usciti dal sistema formativo – è ancora alto. Dei 25 paesi dell`Europa “allargata“, ci superano solo Malta, Spagna e Portogallo. Quasi un quarto (il 22,3 per cento, in calo rispetto al 2000) della popolazione di riferimento è in possesso della sola licenza media: titolo considerato a livello europeo del tutto insufficiente per affrontare le sfide sociali, economiche e lavorative del terzo millennio. La media europea è di gran lunga inferiore (15,7 per cento) e basta il confronto con paesi come la Francia (al 14,2 per cento) e la Danimarca (8,1 per cento) per darci la misura della quanta strada ancora c`è da percorrere.

Dati abbastanza recenti anche per i giovani in possesso almeno della maturità. In Italia, nel 2004, erano quasi 73 su 100 i giovani fra i 20 e i 24 anni in possesso del diploma. Ancora quartultimi, con la media europea più bassa di 4 punti, la Norvegia oltre il 95 per cento è l`obiettivo del programma “Istruzione e formazione 2010“ è lontanissimo. Per vincere la sfida del futuro, non solo economica, l`Europa punta sul cosiddetto lifelong learning (l`apprendimento lungo tutto l`arco della vita) che coinvolge gli adulti nella fascia d`età 25-64 anni. In Italia (dati 2004) sono ancora pochissimi gli adulti coinvolti in specifici programmi di apprendimento. Appena il 6,8 per cento, contro il 27,6 percento della Danimarca, il 10 per cento dell`Ue, il 24,6 della Finlandia e il 35,8 della Svezia.

Infine, gli investimenti pubblici nel sistema educativo: gioia e dolore dei governi di tutto il mondo. Nel 2000, l`Italia ha investito in educazione il 4,57 per cento del Pil, un anno dopo nel 2001 il 4,98 per cento, ma nel 2002 l`investimento cala al 4,75 per cento: mezzo punto in meno della media europea. Parecchio indietro rispetto a paesi come la Norvegia (7,63 per cento) la Francia (5,81), l`Inghilterra, la Polonia, il Portogallo e gli Stati Uniti.

I benchmark (i livelli di riferimento prefissati). Nel 2000 l`Unione Europea, per quanto riguarda l`istruzione e la formazione nei paesi membri, ha fissato alcuni obiettivi da raggiungere entro il 2010. Durante la marcia di avvicinamento sono stati apportati alcuni correttivi ed è stato stilato il programma “Istruzione e formazione 2010“.

Entro il 2010, la percentuale di quindicenni che fanno registrare difficoltà nella lettura e nella comprensione del testo (livello 1 del test Pisa) deve essere inferiore al 15,5 per cento, nel 2003 l`Italia si attestava al 23,9, l`Europa al 19,8. La percentuale di 18-24enni in possesso di un diploma di livello inferiore (la terza media) deve scendere al 10 per cento. Nel 2004, l`Europa si attestava al 16 per cento e l`Italia al 22,3. Anche il numero di diplomati deve crescere sensibilmente: entro il 2010, la media europea dei 20/24 enni deve registrare una percentuale superiore all`85 per cento. Dalle nostre parti, nel 2004, la cifra era di 72,9. Stessa cosa per gli adulti impegnati in programmi di istruzione permanente. Occorre raggiungere mediamente il 15 per cento. Nessun paese deve, inoltre, registrare livelli inferiori al 10 per cento. Il 6,8 per cento italiano del 2004 è ancora piuttosto lontano. Devono anche aumentare i laureati delle facoltà scientifiche (Matematica, Scienze e Tecnologia). L`Italia entro il 2010 ne deve contare, in luogo dei 66,8 mila del 2004, ben 79 mila. In questo campo sono stati fatti dei sensibili progressi, ma ancora occorre lavorare.

L`obiettivo di Lisbona 2000 e i rischi. “Nel marzo 2000 il Consiglio europeo di Lisbona ha fissato il seguente obiettivo strategico: l`Europa deve diventare entro il 2010 `l`economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale`. Tale obiettivo ha dato un impulso decisivo a una cooperazione più stretta a livello europeo in materia di istruzione e formazione“. È il parere del Comitato economico e sociale europeo del giugno 2003. Il mancato raggiungimento di questi obiettivi cosa produrrà, secondo gli esperti comunitari?

La risposta si trova nella relazione sullo stato di attuazione del programma “Istruzione e formazione 2010“ dello scorso dicembre. “L`Europa si trova oggi ad affrontare enormi sfide socioeconomiche e demografiche, associate all`invecchiamento della popolazione, all`alto numero di adulti con scarse qualifiche, all`alto tasso di disoccupazione, ecc. Al contempo vi è una necessità crescente di migliorare il livello delle competenze e delle qualifiche sul mercato del lavoro. È necessario rispondere a queste sfide per migliorare la sostenibilità a lungo termine dei sistemi sociali europei. Istruzione e la formazione sono parte della soluzione a questi problemi“.

Scuola e università al centro della crescita sociale, non solo quindi questioni economiche. “È dunque particolarmente preoccupante che, malgrado il rapido raggiungimento del benchmark in materia di laureati in Matematica, Scienze e Tecnologie raggiunto, siano invece troppo pochi i progressi riguardi ai benchmark più strettamente legati all`inserimento sociale“. Ecco i rischi di un sistema di istruzione e formazione non adeguato. “Se non verranno dedicati molti più sforzi – si legge nella relazione – a temi quali la dispersione scolastica, il completamento dell`insegnamento secondario superiore e le competenze chiave, una quota maggioritaria della prossima generazione dovrà affrontare l`emarginazione sociale, e il conto verrà pagato dagli interessati stessi, dall`economia europea e da tutta la società“. Una prospettiva tutt`altro che rosea. “Investire nell`istruzione e nella formazione costa – affermano i tecnici – ma a lungo termine le ripercussioni positive in termini individuali economici e sociali bilanciano le spese sostenute“. Chi vuol sentire senta.
(La Repubblica.it 17 febbraio 2006

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