DIRITTI. Chiudete subito Guantanamo“ rapporto Onu contro gli Usa

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(La Repubblica, VENERDÌ, 17 FEBBRAIO 2006, Pagina 14 – Esteri)

“Chiudete subito Guantanamo“ rapporto Onu contro gli Usa

La Casa Bianca: “Non se ne parla, accuse infondate“

Un dossier di cinque esperti: detenzioni immotivate e inumane, bisogna passare ai processi

Il Pentagono contesta il metodo: “Non hanno neanche visitato la base“
Gli ispettori: “Non siamo andati perché non ci avete permesso di parlare ai detenuti“

Alberto Flores d´Arcais

new york – Tra Stati Uniti e Onu è di nuovo scontro. Un rapporto redatto da cinque esperti e presentato a Ginevra dalla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite chiede la «chiusura immediata» di Camp X-Ray, il carcere costruito nella base militare americana di Guantanamo a Cuba in seguito agli attacchi dell´11 settembre 2001. Immediata, e scontata, la replica della Casa Bianca e del Pentagono: «Non se ne parla. Quelle accuse sono roba vecchia e non provata».
Il rapporto – 54 pagine firmate da Leila Zerrougui, presidente del gruppo di lavoro sulle detenzioni arbitrarie, Manfred Nowak (tortura e altri crudeli e degradanti punizioni), Leandro Despouy (indipendenza dei giudici e degli avvocati), Asma Jahangir (libertà religiosa) e Paul Hunt (diritto alla salute fisica e mentale) – è un lungo atto d´accusa contro il governo di Washington che si comporta «come fosse insieme giudice d´accusa e avvocato difensore, il che viola le garanzie del diritto a un processo giusto» e che, dicono gli esperti, ha negato loro «libero accesso a Camp Ray-X e la possibilità di avere colloqui privati con i detenuti» come è invece consentito in tutti i paesi che visitano. Il testo -anticipato giorni fa dal Los Angeles Times – era stato definito dalla Casa Bianca «privo di fondamento» proprio perchè gli autori non avevano mai visitato la prigione.
Il documento degli esperti – nominati dalla Commissione diritti umani dell´Onu ma che agiscono in modo indipendente – elenca una serie di nozioni legali applicabili ai detenuti nella baia cubana, i diritti che sono loro negati, le tecniche utilizzate negli interrogatori e le condizioni di detenzione. Si parla di «violenza eccessiva», documentata «con fotografie e video» e il governo di Washington viene duramente criticato per «i tentativi di ridefinire la tortura in funzione della lotta al terrorismo e per consentire certe forme di interrogatorio» bandite dalle convenzioni internazionali. «La confusione negli ultimi anni su quelle che sono tecniche di interrogatorio autorizzate e quelle che non sono autorizzate è particolarmente allarmante», si legge nel testo.
A Camp Ray-X, sostiene il rapporto, si tortura – «gli interrogatori autorizzati dal dipartimento della Difesa violano la Convenzione contro la tortura, l´assenza di qualsiasi inchiesta imparziale sulle accuse di tortura rende impunibili i responsabili» – e si usano altri trattamenti «crudeli e degradanti»; «tutte le condizioni di confinamento a Guantanamo costituiscono una violazione al diritto alla salute perchè provocano un profondo deterioramento della salute mentale dei detenuti»; inoltre ci sono «violazioni di standard etici da parte del personale medico».
La reazione della Casa Bianca non si è fatta attendere. «Le Nazioni Unite dovrebbero fare indagini serie nel mondo, come hanno fatto in altri casi sui diritti umani; quella appena conclusa discredita l´Onu. Prima di tutto il team dell´Onu non ha mai visitato Guantanamo, non sono andati lí e non hanno visto come funziona. Gli abbiamo offerto gli stessi accessi che diamo ai leader del Congresso, ma hanno rifiutato. Il risultato è che hanno ripreso vecchie accuse fatte dagli avvocati che rappresentano alcuni detenuti. Noi sappiamo che ci sono pericolosi terroristi a Guantanamo, gente pronta a uccidere civili innocenti e innocenti americani. Sono nemici combattenti catturati nei campi di battaglia durante la guerra al terrorismo. Sono addestrati a disseminare false informazioni. La Croce Rossa internazionale ha avuto pieno accesso ai detenuti, che vengono trattati dai nostri militari in modo umano, seguendo le direttive del presidente degli Stati Uniti».
I cinque relatori avevano chiesto – individualmente dal 2002 e come gruppo dal giugno 2004 – di avere un accesso «illimitato» a Camp Ray-X e di potere avere colloqui privati con i detenuti. Pochi mesi fa la situazione si era sbloccata e a fine ottobre 2005 tre di loro erano stati invitati a Guantanamo in modo ufficiale dal governo Usa; avevano però rinunciato a causa del rifiuto delle autorità americane di consentire conversazioni senza testimoni con i prigionieri.
Oggi di Guantanamo si occuperà anche la Corte Suprema Usa. I giudici – riuniti a porte chiuse – esamineranno infatti la richiesta fatta dall´amministrazione Bush: quella di respingere l´appello presentato da Salim Ahmed Hamdan, un ex autista di Osama bin Laden, prigioniero a Camp Ray-X. Nel 2004 Hamdan stava per comparire di fronte al tribunale speciale creato dal Pentagono per processare i detenuti, quando un giudice di Washington bloccò tutto, riconoscendo il diritto del detenuto a fare ricorso alla giustizia federale ordinaria.
La lunga battaglia giudiziaria che ne è seguita è arrivata adesso alla Corte Suprema, che tornerà ad occuparsi di guerra al terrorismo dopo la famosa sentenza con cui nel 2004 avvisò la Casa Bianca che il presidente non può pensare di avere «un assegno in bianco» in materia.
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VENERDÌ, 17 FEBBRAIO 2006

Pagina 15 – Esteri

L´INTERVISTA

Parla l´avvocato Fidell che ha difeso il cappellano islamico dell´esercito Usa detenuto nella prigione

“Troppi segreti su quella base serve un´inchiesta americana“

In segreto si tengono processi disciplinari contro il personale militare
divieti Ai relatori dell´Onu non è stato permesso di incontrare i detenuti

CARLO BONINI
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L´avvocato Eugene Fidell, presidente del National Institute of military justice, è uno dei più quotati e ascoltati legali d´America nelle aule di corte marziale. Negli ultimi quattro anni, ha legato il suo nome e quello dello studio di Washington di cui è socio (Feldesman Tucker Leifer Fidell LLP) a Guantanamo e alle sue gabbie. Di quella galera militare d´oltremare, delle procedure che la governano, è un conoscitore profondo e ne è stato nel tempo un critico severo e appassionato, nel foro come nell´accademia. Ha potuto misurare la violenza psicologica e fisica di Camp Delta come difensore di James Yee, cappellano musulmano dell´esercito americano che a Guantanamo era stato assegnato come guida spirituale dei detenuti e da Guantanamo era uscito in catene e tuta arancio perché ingiustamente accusato di spionaggio e alto tradimento. Dice oggi Fidell: «È arrivato il momento di chiudere per sempre questa galera».
Lo chiede il rapporto dell´Onu.
«Certo. Ma io lo chiedo come americano. E a leggere le decine di e-mail che da questa mattina mi stanno arrivando credo di non essere il solo in questo Paese a essere profondamente disturbato dalla lettura delle 54 pagine del documento delle Nazioni Unite».
«Roba vecchia», dice la Casa Bianca.
«Davvero? Io invece penso che questo rapporto non è un bigliettino di san Valentino. Ma una cosa seria. Molto seria. Questo rapporto rende necessario l´insediamento di una commissione di inchiesta indipendente non condotta da militari. Perché l´America ha diritto di sapere cosa è accaduto in questi quattro anni a Guantanamo e cosa sta accadendo oggi. Deve poter dire la sua sui fatti, in modo trasparente ed esaustivo. Dico di più. In attesa che Guantanamo chiuda, questo rapporto rende urgente che all´interno della prigione venga immediatamente assicurato un monitoraggio continuo sulle condizioni di detenzione. Penso a una sorta di ombusdam, di difensore civico che non vesta l´uniforme dell´esercito degli Stati Uniti. Potrebbe essere un ex giudice di Corte di appello o di Corte federale».
L´Amministrazione muove un´altra osservazione all´attendibilità del lavoro delle Nazioni Unite: il rifiuto degli osservatori di visitare la prigione prima di rassegnare le proprie conclusioni nel rapporto finale.
«È una obiezione sciocca. Trovo del tutto ragionevole che gli autori del rapporto si siano rifiutati di accettare quale condizione della visita il divieto di avere contatti diretti con i detenuti. Piuttosto che opporre divieti, credo che l´Amministrazione debba delle spiegazioni. Su quel che accade in quella prigione e, per dirne una, anche sul merito e l´esito dei processi disciplinari nei confronti di personale militare americano accusato a Guantanamo di maltrattamenti dei prigionieri».
Esistono dei processi in corso?
«Fonti attendibili mi dicono che ce ne sono di diversi. Peccato che nessuno conosca il merito e il numero di questi procedimenti. Né le circostanze che vi hanno dato origine. Semplicemente, non si sa nulla. Aggiungo che tutto questo silenzio è ancor più insostenibile oggi, nel momento in cui l´Onu usa un termine netto come “tortura“».
A ben vedere, il rapporto Onu dice anche qualcosa di più. Che non esiste alcuna base di legittimità legale che consenta oggi agli Stati Uniti di tenere in piedi Guantanamo, di giustificarne «l´eccezionalità».
«Non c´è dubbio. E questo significa che, al contrario di quanto ritiene l´Amministrazione, oggi non esistono a Guantanamo procedure in grado di garantire il rispetto anche soltanto parziale dei principi dell´habeas corpus dei detenuti. Il che ci riporta alla questione di fondo che pone il rapporto: l´America ha davvero bisogno di Guantanamo? Ha un senso perseverare? La risposta che può suonare scontata per un europeo, qui non lo è affatto».
Sembra di capire che la sua previsione è che la Casa Bianca tirerà dritto.
«Non mi piace anticipare mosse che posso soltanto immaginare, anche se non è difficile prevedere una risposta di chiusura. Preferisco allora pensare che questo rapporto su Guantanamo possa essere l´ennesima occasione per riflettere sull´impatto materiale e simbolico che Guantanamo ha nei cuori e nella mente dell´Islam, come anche dei nostri amici europei. Molti americani continuano a chiedersi “perché ci odiano?“. Io ho un suggerimento da dare: per cercare una risposta basterà misurare nei prossimi giorni e nelle prossime settimane l´effetto simbolico e sinergico che questo rapporto dell´Onu avrà in Medioriente. Anche perché queste 54 pagine arrivano in piena guerra delle vignette e ventiquattro ore dopo le nuove nauseanti immagini di Abu Ghraib. Tutto si potrà fare, tranne che far finta di nulla».

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