AMBIENTE. I rifugiati ambientali: nuova emergenza

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(Il manifesto 14 febbraio 2006)

Eco-rifugiati, la nuova emergenza

MARINA ZENOBIO

La stagione dei disastri ambientali del 2005 si è chiusa con 322mila morti accertati e una marea umana di sfollati che vagano alla ricerca di un posto dove poter ricominciare a vivere. A poco più di un anno dallo tsunami, a pochi mesi dal passaggio di Katrina su New Orleans e di altri uragani che hanno devastato l`America centrale, l`emergenza dei «rifugiati ambientali» sembra apparire sempre più come uno dei grandi problemi del secolo. Qualcuno comincia a definire queste vittime di catastrofi o calamità «eco-rifugiati», i nuovi condannati della terra per i quali la macchina burocratica della politica non prevede alcun riconoscimento. Nel suo ultimo libro Calamidades, Ernesto Garzòn Valdés – docente di diritto e scienze sociali all`università argentina di Cordoba – evidenzia la distinzione concettuale tra catastrofi e calamità. Le prime come fenomeni naturali – inondazioni, terremoti, eruzioni vulcaniche – che sfuggono al controllo umano, le seconde come disgrazie causate intenzionalmente dall`azione umana – deforestazioni, erosione del terreno da monocolture e sfruttamento intensivo. Una distinzione concettuale che non esclude la possibilità di stabilire relazioni tra causa ed effetto dei due fenomeni. Garzòn Valdés porta ad esempio Katrina: «Le conseguenze del catastrofico uragano hanno raggiunto il grado massimo di distruzione anche a causa di misure calamitose, come la costruzione di dighe poco resistenti per evitare l`inondazione di una città prevedibilmente esposta agli uragani». Presidente e governatori si sono poi mostrati indifferenti ed infastiditi da un`«emergenza sfollati» che non avevano in agenda, ma per lo meno nel caso di New Orleans le proteste hanno raggiunto il Palazzo. In America centrale, dove l`uragano Stan si è abbattuto con più violenza, nei venerati indicatori macroeconomici i suoi effetti sono stati quasi impercettibili. Nonostante le morti, la distruzione di case, la perdita delle terre coltivate, il Pil di Guatemala e Salvador avrà una crescita simile a quella dell`anno precedente. Questo perché, d`accordo con uno studio realizzato dal Cepal (la commissione economica dell`Onu per l`America latina e i Caraibi), anche se l`impatto sociale è stato elevato, l`uragano ha colpito soprattutto contadini e piccoli commercianti con una economia familiare, quindi il danno e le perdite sono poco visibili. Tanto invisibili che i governi non hanno previsto alcun tipo di assistenza per chi ha perso tutto. Oltre a tsunami, uragani e altri disastri ad alto impatto ambientale, c`è un altro assassino, più silenzioso, che avanza provocando l`esodo di una moltitudine di persone: la desertificazione. Hama Arba Diallo, segretario esecutivo della Convenzione Onu per la lotta alla desertificazione (Unccd), informa che al momento sono 135 milioni le persone che corrono rischio di diventare profughi per cause ambientali. La desertificazione riguarda ben 110 nazioni. Il 70% dei 5,2 miliardi di ettari di terra utilizzati per l`agricoltura (30% della superficie asciutta del pianeta) è già degradato e minacciato dalla desertificazione. Ma è dall`Africa che le previsioni ci mostrano quanto calamità, catastrofi ambientali ed «eco-rifugiati» siano problemi fortemente connessi tra loro. Si stima che la metà dei 50 milioni di rifugiati ambientali previsti per il 2010 arriveranno dall`Africa subsahariana. Nel 2020 circa 60 milioni di rifugiati emigreranno dai territori desertificati del Sahel verso il nord Africa e da lì in Europa mediterranea. Ricordare il tentativo di irruzione nella «fortezza Europa», represso nel sangue, di migliaia di africani che si scagliavano contro il filo spinato di Ceuta e Mellilla l`estate scorsa, può aiutare a capire la disperazione di quanti non hanno più nulla da perdere, perché vengono da luoghi che con esistono più.

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