LAVORO E CONTRATTI. La lotta dei metalmeccanici a una svolta

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(da “La Repubblica”, martedì, 17 GENNAIO 2006, pagina 10 – Economia)

Oggi la giunta Federmeccanica
Calearo: “I sindacati paghino chi manifesta“. Epifani: “Industriali chiusi in una torre d´avorio“

Metalmeccanici, il giorno decisivo

Ancora scioperi e blocchi stradali. Sacconi: governo pronto a mediare
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ROMA – Ancora tensioni e disagi sulle strade e autostrade per gli scioperi e blocchi messi in atto dai metalmeccanici che chiedono il rinnovo del contratto scaduto da oltre un anno. Oggi sarà una giornata decisiva perché a Milano, nel pomeriggio, si riunisce la Giunta della Federmeccanica che dovrà decidere se proseguire il negoziato oppure rompere definitivamente con i sindacati. Si profila così una nuova giornata di caos con due manifestazioni principali: a Bologna e a Milano.
Le dichiarazioni di ieri del presidente della Federmeccanica, Massimo Calearo, hanno lasciato aperte entrambe le ipotesi: «La situazione non è semplice. Le imprese hanno bisogno di competitività, ma comprendiamo anche che i lavoratori hanno bisogno di euro». Si intrecciano così le richieste di aumento da parte dei sindacati (non meno di 100 euro per il biennio 2005-2006) nonché agli incrementi aggiuntivi (25 euro) per quei lavoratori che hanno solo il contratto nazionale; e le controfferte degli industriali che con l´allungamento di sei mesi del contratto sono arrivati a proporre 94,5 euro ma hanno detto no ai 25 euro e hanno chiesto una dose maggiore di flessibilità per attenuare la perdita di competitività delle loro imprese (-5,8 per cento negli ultimi quattro anni).
Ieri le tute blu hanno isolato Torino con blocchi stradali lungo tutta la cintura cittadina. Bloccata l´autostrada Milano-Torino. Il traffico è impazzito nel centro di Genova. In tilt anche l´A4 vicino al casello di Brescia Ovest, come l´Autosole tra Firenze e Arezzo. Interrotta la superstrada per Perugia e l´Aurelia all´altezza dello stabilimento della Piaggio. «E se la Federmeccanica darà una risposta negativa – ha minacciato il segretario generale della Uilm, Tonino Regazzi – i blocchi e le proteste si estenderanno in tutta Italia». Provocatoria la replica di Calearo: «Bisognerebbe consigliare ai lavoratori che si mettono al freddo e al gelo a bloccare le strade, di farsi pagare le ore perse dai sindacati, come accade in Germania».
I metalmeccanici incassano il sostegno dei partiti dell´Unione, mentre il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, continua ad attaccare gli industriali: «Federmeccanica chiusa in una torre d´avorio pare non si accorga di quello che sta accadendo».
L´accordo è l´obiettivo anche della Confindustria purché non si comprometta la competitività delle imprese. A scendere in campo sono stati due vicepresidenti, Andrea Pininfarina e Alberto Bombassei. Ques´ultimo particolarmente ottimista sulla ripresa del negoziato. Infine il governo, pronto a mediare se le parti lo dovessero richiedere, ha detto il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, che ha però chiesto di rimuovere i blocchi.
(r.ma.)

IL RETROSCENA

Finita l´egemonia Fiat, il fronte imprenditoriale cerca una linea. E cresce la spinta delle mini-aziende

Lo scontro tra piccoli e grandi ingessa la Federmeccanica

ROBERTO MANIA
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ROMA – Innocenzo Cipolletta dice che è «aberrante» che due grandi associazioni come i sindacati e la Federmeccanica siano incapaci di trovare un accordo per il contratto dei metalmeccanici dopo un anno di trattative. L´ex direttore generale della Confindustria, oggi presidente del Sole 24 Ore, dice anche che ciò dimostra che il contratto «è inutile» o che non funziona il sistema di contrattazione. E per finire, «che i responsabili dovrebbero essere messi da parte».
Innocenzo Cipolletta dice quello che pensano in molti. Anche tra i 130 membri della Giunta della Federmeccanica che oggi a Milano (in un albergo, si spera a prova di contestazione operaia) dovranno decidere se andare allo scontro finale con Fiom, Fim e Uilm, oppure cercare la strada dell´accordo.
Ma già la convocazione del parlamentino degli industriali metalmeccanici nel momento clou del negoziato non è un segno di forza. Anzi. «Dimostra – sostiene Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, “spettatore“ interessato alla vicenda – che non funziona bene il rapporto tra la base e il vertice. Un tempo non era così». Un tempo – per esempio – c´era il ruolo guida della Fiat, della grande impresa privata. I piccoli, al massimo, rumoreggiavano in quel variegato mondo della metalmeccanica che va dal produttore di mini utensili all´industria aeronautica. Oggi no. Oggi la fine del «monopolio politico e culturale della Fiat», come sostiene Giuseppe Berta, storico dell´industria, pesa eccome nel negoziato. Fino a imbrigliarlo. «Perché la Fiat – è sempre Berta che parla – non permea più il sistema associativo, non è più il regista». D´altra parte oltre il 57 per cento delle aziende metalmeccaniche ha al massimo dieci dipendenti. È da questo fronte – soprattutto – che è arrivato l´altolà al presidente Massimo Calearo (alleato decisivo per l´ascesa di Montezemolo al vertice di Viale dell´Astronomia) all´affondo finale. «I “piccoli“ mi uccidono se passa la richiesta di 25 euro aggiuntivi per chi non ha la contrattazione integrativa», ha ammesso Calearo. I “piccoli“ (della Lombardia e del Veneto, ma non solo) vogliono più flessibilità, ma non il sindacato tra i piedi. E poi vogliono scucire pochi euro perché, impegnati in produzioni mature, devono fare i conti con la concorrenza cinese. Non sono questi i problemi dei “grandi“. La Fiat non vuole rompere con i sindacati (e in particolare con la Cgil di Epifani) perché è ancora aperta la delicata partita sugli esuberi. Intanto con Paolo Rebaudengo, capo delle relazioni industriali, punta a recuperare terreno dopo aver subito anche lo smacco (a settembre) della nomina del nuovo direttore generale (Roberto Santarelli), senza un pedigree torinese: non accadeva dai tempi del mitico Felice Mortillaro, scomparso nel 1995. Le ex aziende pubbliche, Finmeccanica, Fincantieri, ancora alla ricerca di una sintonia culturale con il sistema industriale privato, non sono in grado di imporsi. In mezzo le aziende di medie dimensioni, fortemente internazionalizzate. I pochi player globali (dalla Brembo di Bombassei all´Indesit di Merloni) che spingono per l´accordo (non a qualunque costo) ma che tendono a privilegiare le relazioni sindacali a livello aziendale anziché su scala nazionale.
In fondo, la vertenza dei metalmeccanici vista dalla parte dei padroni è lo specchio della crisi o del declino industriale italiano. Più in generale «è la dimostrazione che, in un´epoca di grandi cambiamenti, il sistema di contrattazione centralizzato non regge più», sostiene Berta, per il quale la fine dell´«anomalia Fiat» (troppo grande e troppo forte) non sarebbe un fatto negativo, ma a una condizione: che «l´interregno non sia interminabile».

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