DONNE E POLITICA. Solo in 11 guidano un Paese.

by redazione | 17 Gennaio 2006 0:00

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(da “La Repubblica”, martedì, 17 GENNAIO 2006, pagina 15 – Esteri)

Solo in undici guidano un paese ma cresce la spinta delle donne

In Liberia si insedia la Sirleaf. Prossima sfida:la Casa Bianca

FRANCESCA CAFERRI
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Era ancora notte nel Cile di Michelle Bachelet quando Ellen Johnson-Sirleaf, avvolta in un vestito tradizionale bianco, con turbante uguale, giurava di guidare la Liberia verso un futuro di speranza e promesse. La gordita, come la chiamano i cileni, forse dormiva ancora: o forse era davanti alla tv a godere del trionfo di un´altra donna che, come lei, tanta strada ha fatto per arrivare alla testa del suo Paese.
Hanno storie simili le nuove presidenti di Cile e Liberia: sono fatte di esilio, carcere, torture, di morte vista da vicino e di tenacia d´acciaio. Quella che le ha spinte ha superare tutto ed arrivare, per un curioso destino, sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo nello stesso giorno. Michelle Bachelet e Ellen Johnson-Sirleaf sono la manifestazione più evidente di quello che il settimanale americano Newsweek definisce «uno dei fenomeni meno raccontati degli ultimi anni»: l´ascesa delle donne sulla scena politica.
Oggi al mondo ancora solo undici fra capi di Stato e di governo sono donne (cinque i primi ministri, sei i presidenti). Al conto va aggiunta Michelle Jean, governatrice del Canada, figlia di immigrati fuggiti da Haiti e oggi rappresentante di Elisabetta II in un Paese che formalmente dipende ancora dalla Corona britannica.
In complesso la percentuale di donne al potere è ancora bassa se confrontata con quella degli uomini, ma è il segno di un percorso che non sembra destinato a fermarsi. Il fenomeno è iniziato sottovoce negli anni ‘50 – l´unica donna alla testa di un governo era Suhbaataryn Yanjmaa della Mongolia – e da allora è cresciuto senza sosta: l´esplosione è arrivata negli anni ‘90, con più di trenta donne nelle stanze dei bottoni come capi di Stato e di governo.
Era l´epoca delle “prime“: la prima presidentessa democraticamente eletta, la prima leader di Paese musulmano, la prima presidente donna nel Parlamento europeo scelto dai cittadini. Oggi, di primati da battere ne restano sempre meno (Johnson-Sirleaf ne ha infranto un altro: è la prima donna presidente in Africa), ma di donne che puntano in alto ce ne sono sempre più. In prima fila alla cerimonia di insediamento a Monrovia ieri c´erano Laura Bush e Condoleezza Rice: qualche giorno fa la first lady ha parlato dell´attuale segretario di Stato come di «un´ottima candidata alla presidenza degli Stati Uniti». La Rice per ora nega ma molti giurano che sarà fra lei e un´altra donna, la ex first lady e senatrice Hillary Clinton, il prossimo scontro per la Casa Bianca.
Senza troppe battaglie invece sono arrivate in alto le donne che il potere lo hanno ereditato con il sangue: le regine Elisabetta II in Gran Bretagna, Beatrice in Olanda e Margherita II in Danimarca. Alle loro spalle è già pronta una nuova generazione, fatta di bambine che faranno storia, se non altro perché con tutta probabilità sarà per loro che cadranno tabù vecchi di millenni che in alcuni Paesi ancora impediscono alle donne di salire sul trono: le principesse Leonor di Spagna e Aiko, figlia dell´erede al trono imperiale del Giappone.

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L´INTERVISTA

La neopresidente liberiana ha una missione difficile e pericolosa: ricostruire un Paese devastato dalla guerra

“Gli uomini hanno fallito, ora tocca a noi“

ANN CURRY
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Ellen Johnson Sirleaf ha colto di sorpresa persino gli Stati Uniti quando è stata eletta prima presidente donna africana. Qual è stato il suo slogan? «Tutti gli uomini in Liberia hanno fallito. Questa volta proviamo con una donna».
Presidente Sirleaf, pensa che la Liberia possa insegnare qualcosa agli Stati Uniti in fatto di elezioni presidenziali?
(Ridendo) «Oh, certamente! In Africa ci siamo riusciti. Quindi per una volta possiamo proprio dire: vi abbiamo battuto!».
Il governo degli Stati Uniti credeva che avrebbe vinto il suo avversario. Lei è stata sottovalutata. Prova qualche disappunto?
«No, hanno sottovalutato la passione e il potere delle donne, l´elettorato che mi ha votata».
La neo presidente liberiana un tempo era cameriera in un ristorante di Madison, in Wisconsin. Ha così potuto pagarsi il college, poi è andata ad Harvard prima di tornare in patria ed entrare nel pericoloso mondo della politica liberiana.
Qual è stato il momento peggiore della sua vita?
«Nel 1985 fui prelevata a forza dalla casa di mia madre e messa in una cella insieme ad altre 15 persone. Poi le fecero uscire tutte e dopo poco sentii dei colpi di arma da fuoco».
Sentì che venivano fucilate?
«Sì».
Ma Ellen Johnson Sirleaf è uscita di prigione con un desiderio di sfida, guadagnandosi il soprannome di «lady di ferro», ingaggiando una lotta politica che 20 anni dopo l´avrebbe portata a vincere la presidenza.
Crede che la gente pensi che essendo una donna sarà una leader «soft»?
«Mettetemi alla prova: ne rimarrete impressionati».
Per sistemare le cose in Liberia Ellen Johnson Sirleaf dovrà usare la mano pesante: 25 anni di guerra e devastazione hanno fatto centinaia di migliaia di morti. Il suo predecessore, Charles Taylor è stato incriminato da un tribunale Onu.
Taylor si trova in Nigeria e sarà assicurato alla giustizia soltanto se il neo presidente liberiano ne farà richiesta. Tutti gli sguardi sono puntati su di lei. Che cosa farà?
«Taylor ha sempre detto di volersi difendere in un tribunale. Credo che dovremmo accordargli questo privilegio».
I fedelissimi di Taylor sono pronti a destabilizzare la sua presidenza. Gli Usa hanno inviato in Liberia un corpo scelto per proteggerla. Se lei dovesse perdere la vita, pensa che ne sia valsa la pena?
«Sì, anche se dovessi fare il sacrificio estremo, ne sarebbe valsa la pena. Ora dobbiamo rimettere il nostro Paese sulla strada del rinnovamento e spero che avremo almeno il tempo di iniziare questo processo. Se no, altri lo porteranno a termine».

(Copyright Nbc News. Traduzione di Anna Bissanti)

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