ANZIANI. Triplicati i centenari in 15 anni. Censimento ISTAT
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(da “La Repubblica, SABATO, 21 GENNAIO 2006, pagina 1 – Prima Pagina)
I “super-anziani“ erano 3.300 nel ´91, oggi sono più di 9.000
Il Paese dei centenari triplicati in quindici anni
PAOLO RUMIZ
SONO nascosti in case di riposo, appartamenti e case protette; dispersi in reparti geriatrici, reti di assistenza domiciliare, centri diurni e notturni; sorvegliati da eserciti di infermieri e badanti. Li fotografano per una volta sola e basta, davanti al parentado e le candeline. Invisibili, eppure sempre più numerosi in quest´Occidente tirato a fondo da una perversa demografia che svuota le culle e allunga la vita media.
Loro, i più vecchi dei grandi vecchi: i centenari. 75 mila in America, oltre 25 mila in Giappone, 6 mila in Gran Bretagna, oltre 9 mila in Italia. Uomini e donne che hanno vissuto un secolo. Straordinari archivi fuori circuito.Ti aspetti che siano l´epigrafe di se stessi. Appagati, privi di desideri o rimorsi, col bilancio in pari. Pensi che la marea della vita, ritirandosi, abbia portato via le scorie, liberato le spiagge che portano all´Eterno. Invece no, i grandi padri e le grandi madri arrivano senza certezze al compleanno del secolo. Semplicemente hanno imparato a coabitare con i loro dubbi, sempre fragili come adolescenti; e si spaventano davanti all´unica cosa che funziona in loro, la memoria. Macchina maledetta, che si ostina a frugare negli archivi e tirarne fuori – a tradimento – volti, filastrocche, o sogni fatti magari una volta sola.«Non morirò di magagne solo per il peso delle troppe cose da dire» brontolava Carlo Orelli, morto a Roma un anno fa a quota 111. Al posto del verbo «morire» usava la parola «traslocare». «Tutti dovemo traslocà» ghignava davanti alle figlie allarmate. E intanto faceva petizioni perché gli installassero l´ascensore per uscire in giardino a respirare il venticello de Roma. A Maria Terenziani, classe 1900 da Reggio Emilia, i vecchietti più giovani del centro diurno di Montecchio fecero recapitare per burla, nell´anno fatidico, una finta lettera di complimenti di Berlusconi, ma lei mangiò la foglia e si mise a cantare l´Internazionale. Entrambi, Carlo e Maria, coabitavano eroicamente con la loro decadenza. Daisy Nathan ha fatto cent´anni il 16 gennaio. Un fenomeno. Prende ancora l´aereo, cammina senza aiuto e legge. Apre la porta di casa sua a Roma e ti guarda curiosa con gli occhi color nocciola, appena vellutati dal tempo. In quegli occhi, il film di una vita: la famiglia ebraica, Trieste sotto l´impero d´Austria, il funerale di Franz Ferdinand («Ah, quei lampioni a gas fasciati con drappi neri, quanto mi impressionarono»), le due guerre, il fascismo, la madre strappata dal letto e portata ad Auschwitz, il fratello pittore, Arturo, pure lui morto in un lager. Non ti dice una sola cosa che ricalchi il cliché.«Ce l´ho con Dio» mette subito in chiaro con un sorriso disarmante. «Se fosse l´essere misericordioso di cui si parla, non avrebbe permesso tutto questo». È stata felice? «No», ti gela. «Troppi traumi. Non ho mai superato la morte di mia madre. E´ sempre come se fosse successo ieri. Mi è morta anche una figlia a 47 anni. Tento di ragionare, penso che si muore comunque, ma non serve a niente». Tutto da buttare? «No, le amicizie sono la grande consolazione. Ma talvolta avrei preferito non esistere… Dev´essere una cosa di famiglia: mio fratello era un depresso, diceva che l´esistenza è una fogna».La vita è breve? «Breve? Macché, è troppo lunga. Essere centenari è noioso. Non cammini, non vedi, non senti… E poi hai visto troppo. Non ci tengo affatto a vivere. Guardo alla morte come a una liberazione». Rimorsi? Almeno qui ti aspetti un «Non, je ne regrette rien» e invece niente: «Ho fatto del male senza saperlo, l´ho capito sempre quand´era tardi. Ho commesso i miei errori anche nell´educazione dei figli. E poi sono enormemente pigra. Non ho mai lavorato, sono una snob. La tipica vita della cretina borghese». Non lascia spiragli, non si autoassolve in niente. E da buona ebrea mitteleuropea si sfianca in autoanalisi.«Le amiche dicono che sono allegra e terapeutica, mi raccontano tutto di loro. Ma io, dentro, sono complicata. Rimugino sulla vita. Passo ore a pensare, su questa poltrona, e il bello è che non mi annoio mai. Se non fosse che mi telefonano, non smetterei. E leggo tantissimo. Affogo nei libri, non riesco a buttarne via nessuno, per me sono come esseri umani. Mi dispiace solo che fatico con i giornali, i caratteri sono troppo piccoli». Miti sul passato? Anche qui, niente da fare. La briciole di felicità Daisy le cerca nel presente. Nel figlio, la ragione di vita. Nel genero e nella nuora, «adorabili». Negli incontri, che la vita le mette di fronte. «Ecco, qui sono fortunata». Niente «O tempora, o mores». Se le chiedi come va il mondo, risponde che certe cose vanno meglio. «Oggi almeno si parla di solidarietà, volontariato, tutela. E se si uccide, si uccide con rimorso. Una volta non c´era nemmeno quello». Momenti belli? Il giorno del centesimo compleanno, a Trieste. «Alla galleria Torbandena hanno dedicato una mostra a mio fratello e lì mi hanno organizzato una serata a sorpresa con musica da camera e pochi amici. La città era magnifica, il mare, le barche a vela, i pescatori… Un´armonia assoluta». E canticchia una marcetta asburgica per bambini, «Einz zwei, Polizei / Drei vier, Granadier». «L´ho imparata dalla bambinaia quando avevo tre anni. Mi è tornata fuori giorni fa, dopo un secolo che l´avevo dimenticata. Pensi un po´».Parla italiano ma pensa in triestino, lo mescola con un po´ di tedesco e inglese. «Da piccola non sapevo se ero austriaca o italiana. Poi è venuto fuori che ero ebrea. Oggi non so assolutamente cosa sono». E la religione? «Sono laica a cento per cento, ma se avessi la fede tutto sarebbe più semplice». C´è qualcosa in cui si sente migliore negli anni? «Nell´indulgenza, amico mio. Si impara a perdonare. Questo sì».
All´inizio del ‘900 se ne contavano appena 50. Oggi che la speranza di vita media è salita a 80 anni, sono destinati ad aumentare ancora
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Il boom dei centenari: sono triplicati
Da 3 mila a 9 mila in 15 anni.
L´Istat: nel 2050 ce ne saranno 200 mila
Le donne sono molte più degli uomini, in entrambi i casi vengono da famiglie longeve per tradizione
ALESSANDRA RETICO
ROMA – Capelli bianchi, visi con le rughe, corpi che hanno attraversato un secolo e spesso lo superano. Eccoli i centenari, sempre di più, raddoppiati in dieci anni, triplicati in 15. Il censimento Istat del 2001 li elenca: 6.313. Le stime a gennaio 2005 dell´istituto di statistica schizzano su che è impressionante: 9.269. Agli inizi del Novecento bisognava andarli a scovare con la lente d´ingrandimento: 50 circa (su 30 milioni di abitanti).Ci sono state le guerre, il boom industriale, siamo diventati più forti, la medicina ha fatto i suoi progressi. Da qualche tempo ci si sono messi anche i bambini che non nascono più: nel 1993, per la prima volta, il numero di chi è morto ha superato quello di chi è nato. E il fenomeno non si è fermato più, tranne una parentesi nel 2004, poi già chiusa lo scorso anno. Tra quelli che non nascono e chi se ne va, la colonna dei grandi vecchi, come gli specialisti chiamano gli over 80: sono resistenti, i più numerosi, nel 2030 saranno un italiano su 10. Sono loro che ci fanno Italia che incanutisce e lo fa veloce veloce. Ti auguro di vivere fino a cent´anni, si diceva. Bisognerà rimettere le lancette all´orologio delle previsioni: chi a 100 anni ci arriva e persino gira la boa non è più un´eccezione.La vecchiaia ha i suoi momenti belli, diceva Einstein. Il fisico aveva una visione relativa delle cose. Quando lui è morto, nel ‘55, la vecchiaia era ancora un´esperienza breve, non quella lunghissima e generosa di adesso e, si calcola, di domani. Nel 2050, tanto per dire, il numero degli ultra centenari in Italia arriverà a circa 200mila. E che gente è: esile ma ossa robuste, testardi, moderatamente innovatori, spiccato senso del sociale e la consapevolezza che il benessere dipende anche da chi ci sta intorno. Non fissati con la palestra, attenti all´ecologia e all´igiene. Molte più donne che uomini, nascono per lo più da famiglie longeve. Il ritratto lo fa l´immunologo Claudio Franceschi, un pioniere nello studio degli over 100. In Italia si vive bene e si campa tanto. Siamo tra i primi in fatto di scorze dure (dopo il Giappone), ma il fenomeno dell´invecchiamento fino a queste proporzioni è ormai generale. In Gran Bretagna ne contano 6mila di centenari, se ne aspettano 40 mila nei prossimi trenta anni. In Giappone 25 mila, nel 2050 diventeranno un milione. Negli Stati Uniti 75 mila, fra 10 anni schizzeranno a 129 mila. La globalizzazione è entrata anche negli uffici dell´anagrafe, consumatori sine die. Non importa di che, si arriva ai 100 mangiando pesce crudo, alghe e riso ma anche tortellini e lambrusco.
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