AMBIENTE. Grandi opere, indagine IPSOS

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Indagine Ipsos per il Forum P.A.2006

Grandi opere, gli italiani vogliono decidere

Alta Velocità, rifiuti, scorie nucleari, vogliamo dire la nostra. Sulle grandi opere pubbliche gli italiani chiedono di essere interpellati, soprattutto su quelle che hanno un forte impatto sul territorio. Anche perché non hanno molta fiducia nella capacità di risolvere le situazioni di crisi da parte delle forze politiche o dello Stato. A svelare questa richiesta di democrazia è l’ultima indagine Ipsos su “Pubblica amministrazione e governance nelle situazioni di crisi”, proposta in anteprima oggi a Roma nel corso del convegno di presentazione di Forum P.A. 2006, tenuto presso il ministero della Funzione pubblica.

La grande maggioranza degli intervistati, quasi 3 italiani su 4 (il 71 per cento degli intervistati), ritiene che l’ultima decisione, in caso di conflitto per l’istallazione o meno, ad esempio, di un termovalorizzatore, debba spettare alle comunità locali interessate, tramite referendum diretto o comunque interpellando le rispettive amministrazioni comunali. Solo il 23 per cento risponde che decidere riguarderebbe invece l’ente preposto, poiché più competente e portatore di un interesse generale. A conferma di questo generale orientamento, il 34 per cento per cento ritiene che siano i cittadini ad “avere più voce in capitolo”, il 20 indica invece lo Stato e i ministeri, l’11 la Comunità europea.

La concertazione, intesa come azione preventiva e mediazione, è la soluzione indicata dai più (75 per cento) in caso di possibili conflitti. Il 17 ritiene invece che le discussioni siano inefficaci a risolvere contese, e che debba essere un unico ente ad avere l’ultima parola.

Il 51 per cento considera inadeguate pubblica amministrazione e forze politiche a gestire situazioni di crisi. E qualora la conflittualità nasca da preoccupazioni che riguardano l’impatto ambientale di un certo progetto, la maggioranza degli intervistati accende il semaforo rosso. Per quasi 1 italiano su 2 (il 46 per cento degli interpellati), bisogna infatti “fermare i lavori e rivedere il progetto”, anche se questo comporta maggiori costi che si riversano sull’intera collettività; il 29 risponde invece che bisogna andare avanti, ma anche compensare adeguatamente i cittadini interessati; il 13 ritiene che è indispensabile proseguire nei lavori, usando anche la forza pubblica, poiché è più importante favorire l’interesse comune piuttosto che quella di una minoranza.

Per tornare alle questioni pecuniarie, emerge però una certa perplessità a pagare di tasca propria per risarcire il disagio causato da un’attività di pubblica utilità. Il 49 per cento degli intervistati non è propenso infatti a pagare una tassa aggiuntiva per compensare le comunità locali sfavorite da un progetto di interesse collettivo, il 39 risponde invece positivamente.

(www.rassegna.it, 24 gennaio 2006)

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