Welfare Italiano-l’Europa nonostante tutto– intervento Passoni

Loading

NULL

“Welfare Italiano – l’Europa nonostante tutto – Valori,scenari, compatibilità”

Forum Annuale della Rivista delle Politiche Sociali – Roma, 7/8 novembre 2005

Introduzione di Achille Passoni, Segretario confederale Cgil

Ritengo questa prima edizione del Forum sul “Welfare italiano – l’Europa nonostante tutto” – molto importante così come lo è la Rivista delle politiche sociali. A distanza di un anno possiamo dirci soddisfatti. Per la verità forse più per l’attenzione che ha suscitato all’esterno del sindacato, cosa che evidentemente ci fa alquanto piacere, che per la diffusione al nostro interno. Questo Forum ne è una ulteriore conferma.
Il successo della Rivista è sicuramente merito della sua Direttrice che ha, al meglio, tradotto il bisogno che sentivamo di uno strumento d’incontro tra sindacato e intellettualità, tra azione concreta di rappresentanza e, per quanto ci è possibile, di cambiamento e competenze e saperi. Un incontro in grado di rafforzare, di meglio attrezzare il nostro compito, specie per il futuro, il nostro concreto agire. Un incontro che può fornire al mondo accademico – che ha risposto alla nostra sollecitazione – una sede nella quale si possano creare le condizioni per la fattibilità e la verifica di alcuni nostri assunti. Le centinaia di vertenze, contrattazioni nelle quali siamo impegnati ogni anno e ad ogni livello, possono rappresentare, infatti, un laboratorio formidabile per costruire politiche sociali e di tutela in grado di rispondere alle sfide che abbiamo di fronte. Questo è, in particolare, l’impegno di Maria Luisa Mirabile. Impegno che ha il nostro convinto e interessato sostegno.
Dicevo di un Forum molto importante anche perché si colloca temporalmente a un anno circa dalla seconda Conferenza nazionale della Cgil sul diritto alla salute.
Nel prossimo autunno terremo infatti quell’assise e sarà una occasione, intanto per una verifica di quanto accaduto nel paese nel corso dei tre anni che – a quel punto – saranno trascorsi dalla prima Conferenza. Ma, soprattutto, sarà un appuntamento decisivo per meglio precisare, arricchire e rilanciare le scelte che stiamo compiendo col nostro Congresso e per realizzare un qualche cosa in più.
Delineare una nostra autonoma proposta di innovazione del welfare del nostro paese. Se la prossima Conferenza potrà misurarsi davvero con questo tema – l’innovazione – vorrà dire che il buio sarà passato. Che l’aggressione al sistema di protezioni sociali sarà cessata. Che una certa idea di libertà che non si coniuga mai con uguaglianza e che tanti danni ha causato – pensiamo alle controriforme della scuola e del mercato del lavoro, ma pensiamo anche alla sanità e all’assistenza – quella certa idea sarà stata battuta. Vorrà dire, in sostanza, che il centro-destra sarà stato sconfitto.
Vedete, questi quattro anni sono stati caratterizzati da una dura lotta contro le politiche neoliberiste di questa maggioranza. E’ stata necessariamente una lotta difensiva, nella quale gli aspetti di innovazione – assai necessari – non hanno potuto certo rappresentare il centro della nostra iniziativa. L’unico obiettivo da perseguire – con “accanimento terapeutico” – per noi e per fortuna non solo per noi, è stato quello di impedire che in questo paese si smantellasse lo stato sociale universalistico, per sostituirlo con uno stato sociale minimo, caritatevole. Di impedire che si realizzassero giganteschi processi di privatizzazione del sistema, a partire dalla sanità. Di ridurre, con il mezzo della contrattazione, i danni provocati dai processi controriformatori – penso alla legge 30 e alla previdenza complementare (che peraltro ad oggi ancora non si sa che fine farà) – oppure impedendo che ne producessero ancora di più, come nel caso della prima proposta di riforma della previdenza, con la previsione della decontribuzione che avrebbe minato le fondamenta stesse del sistema pensionistico. Di ricercare con il sistema delle Regioni e delle Autonomie locali – anche qui attraverso l’uso della contrattazione – tutte le soluzioni possibili e immaginabili per impedire che il taglio ai trasferimenti, sistematicamente messo in campo dal governo centrale, si traducesse in tagli ai servizi e alle prestazioni. Di arrestare il dilagare di una politica che privilegia i trasferimenti monetari alle famiglie anziché l’infrastrutturazione dei servizi sul territorio
Basti pensare a quanto sta avvenendo sul cosiddetto Fondo per le famiglie, che esplicita ed esalta, appunto, una distribuzione inutile, scriteriata ed iniqua di risorse – vedi bonus per i figli o i contributi per le scuole private – anziché finalizzare, come chiediamo noi, i 1.140 milioni alla costituzione del Fondo per la non autosufficienza e all’implementazione del Fondo per le politiche sociali. Ma basti pensare anche e a quanto è accaduto – sempre in tema di trasferimenti monetari – a livello locale, purtroppo anche in Amministrazioni guidate dal centro-sinistra.
Attenzione: si sceglie una scorciatoia che porta in un vicolo cieco e mette le famiglie in una condizione pericolosa di solitudine, di fronte al problema che gli si presenta. Di solitudine di fronte al mercato, al quale saranno costretti a rivolgersi per trovare aiuto.
Una lotta difensiva, dunque, assolutamente necessaria ma che non ha consentito di affrontare e declinare quella esigenza di innovazione di cui sentiamo, e non da ora, una pressante necessità. Una esigenza di innovazione in grado di affrontare i fattori chiave di criticità del sistema fordista di welfare e dall’esigenza di rispondere ai bisogni indotti dalle trasformazioni sociali, a partire dai nuovi rischi e dal senso così largo e diffuso di insicurezza e di ansia per il presente ma, soprattutto, per il futuro delle giovani generazioni. Ma tant’è. Non sempre si è in grado di imporre il terreno e l’agenda della discussione e dell’iniziativa. E, d’altra parte, sullo macerie dello stato sociale sarebbe stato assai difficile innestare qualsiasi innovazione.
Una lotta difensiva, dunque, – che speriamo termini col finire della legislatura – ma che dobbiamo ancora condurre con forza in queste settimane, per impedire che, con la finanziaria 2006, venga assestato un ennesimo colpo al welfare, in particolare al welfare locale e alla sanità.
Questa legge finanziaria, come sapete, colpisce Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, riducendo di 10-12 punti la possibilità di spesa del sistema delle Autonomie locali e di 4,5 miliardi le risorse alle Regioni per la sanità. Ed è difficile – tra parentesi – non cogliere in questa vera e propria aggressione, non solo il lucido disegno di assestare ulteriori colpi al sistema di welfere, ma anche il sapore di una rivincita del centro-destra dopo l’ultima sconfitta elettorale. E anche questo la dice lunga sul senso dello Stato – tornerò ancora su questo tema – di questa maggioranza.
Una finanziaria, quindi, in piena continuità con quelle che l’hanno preceduta – anche per il carico di bugie che la condizionano, a partire dai dati sull’entità del deficit, sul livello del debito, sulle previsioni di crescita del prossimo anno e sull’aleatorietà di alcune voci d’entrata previste dalla finanziaria stessa e da quelle che l’hanno preceduta.. E il fatto stesso che l’entità della manovra, ipotizzata in origine in 19 miliardi, sia lievitata a 27, se da un lato rappresenta una lampante ammissione di colpa, dall’altro, non la cancella affatto, poiché l’impianto della Finanziaria rimane inalterato. Una finanziaria in piena continuità con le precedenti tre, anche su un altro punto fondamentale: l’assenza di scelte orientate allo sviluppo e alla crescita, a sostegno ai redditi da lavoro e da pensione assai martoriati in questi anni. Ma è esattamente questa continuità, per giunta con una pesantezza se possibile ancora maggiore delle volte precedenti, che determina un vero e proprio allarme. Il barile è stato raschiato tutto e se questa manovra passasse così, anche la pura difesa dell’esistente in termini di servizi e della loro qualità, diverrebbe assai problematica.
Ma c’è di più. Come spesso accade, al peggio non c’è limite. Ed ecco, quindi, che ci capita di fronteggiare anche un taglio del 50% del Fondo per le politiche sociali 2005. Cosa significa? Semplicemente, che i Comuni non riceveranno dallo Stato la metà dei fondi che gli erano stati garantiti dalla precedente finanziaria. Il “piccolo” particolare è che quelle somme, oggi tagliate, sono già state spese dai Comuni, in quanto legittimamente previste nei loro bilanci, proprio in virtù del fatto che erano stanziate da una Legge dello Stato. Ecco un altro colpo durissimo sul sistema dei servizi.
Il 25 novembre sciopereremo perché tuttociò non accada. E giovedì saremo con i presidenti delle Regioni, delle Province, delle Comunità montane e con i Sindaci, così come abbiamo fatto il 27 ottobre, a manifestare per chiedere una radicale modifica del testo in discussione al Senato. Proseguiamo, anche così, un percorso di unità – nel pieno rispetto delle rispettive autonomie, funzioni e responsabilità – iniziato tempo fa – anche con la partecipazione del Forum del terzo settore – e che possiamo definire di alleanza per il Welfere. Un percorso che ci ha consentito, per esempio, di sottoscrivere insieme un documento impegnativo sulla 328 e di individuare terreni comuni di elaborazione e d’iniziativa, quali ad esempio la definizione dei Livelli essenziali di assistenza sociale.
Dicevo della gravità del taglio al Fondo per le politiche sociale di quest’anno. Vorrei tornare su questa gravità analizzandola da un altro punto di vista. Questo atto rende esplicito sia l’interpretazione che questo Governo dà del concetto di stato di diritto, sia un’idea assolutamente proprietaria della cosa pubblica che cancella prerogative, ruoli e funzioni delle Istituzioni diverse dallo Stato centrale. E’ un atto gravissimo, infine, perché chiama in causa l’esistenza di un serissimo problema istituzionale che, a sua volta, chiama in causa il tema della democrazia.
E’ dall’inizio del mandato di questo Governo che assistiamo ad una progressiva manifestazione di un’idea gerarchica dei rapporto con le Regioni e il sistema delle Autonomie locali. Ma, oggi – dopo quattro anni nei quali, per esempio, il grado di coinvolgimento e partecipazione nella costruzione delle Leggi di bilancio è stato praticamente nullo – l’ennesimo manifestarsi di tale concezione, attraverso il taglio di cinquecentocinquanta milioni assolutamente dovuti, determina un conflitto interistituzionale assai serio. Ma il tema della democrazia è chiamato in causa anche da un’altra questione di prima grandezza, relativa al ruolo, che la maggioranza di centro destra ha riservato al Parlamento, di pura ratifica di decisioni prese dal Governo – vedi il frequentissimo ricorso al voto di fiducia – oppure, di trasferimento all’Esecutivo della decisione concreta, come nel caso dell’abuso dello strumento della Legge delega. E poi, come non rilevare nella vicenda delle Regioni e delle Autonomie locali, l’esistenza anche di un certo parallelismo con quanto è capitato al sindacato. Anche verso di noi il Governo ha manifestato la stessa insofferenza e volontà di marginalizzazione.
Ecco, quindi, che il tema della democrazia acquista grandissima attualità e si connota assai seriamente. Non dimentichiamo che interviene anche dopo sistematici cambiamenti delle regole, come nel caso della Legge elettorale, o, addirittura della stessa Carta costituzionale. E pensiamo, a questo proposito, cosa rappresenterebbe per un pezzo rilevantissimo di stato sociale e per l’idea stessa di universalismo delle prestazioni, la devoluzione che la maggioranza si appresta a licenziare definitivamente.
Una volta condotta a termine – “vittoriosamente” – la lunga e complessa, ma assolutamente necessaria, fase di lotta, che ho definito, difensiva, occorre che il sindacato, la Cgil, si attrezzi per un nuovo percorso di analisi e proposte in grado di realizzare un welfare più giusto e rispondente alla società nella quale viviamo e che siamo in grado di immaginare per il medio periodo. Certo nessuno immagina che saranno rose e fiori. Il risanamento sarà un problema molto serio. Ma proprio la modalità del risanamento dovrà essere intrinsecamente legato ad un’idea di sviluppo del welfare.
In questi anni abbiamo individuato alcune idee guida. Abbiamo cominciato a declinare parole che riteniamo chiave per orientare il nostro lavoro. E il nostro prossimo Congresso ci aiuterà ulteriormente in questo senso.
Si tratta di parole quali: persona, diritti, universalismo, cittadinanza, qualità, pubblico, lavoro, Europa, integrazione, territorio, risorse, contrattazione, partecipazione.
Persona, intesa come identificazione di una nuova centralità che ampli e arricchisca il campo delle vecchie centralità, sulle quali si è costruito nel novecento il sistema di welfare; un sistema fondato, cioè, su gruppi sociali ben individuati, su rapporti di lavoro stabili, su nuclei familiari tradizionali.
Diritti, cittadinanza, universalismo, quali assi strategici di una società libera, coesa, accogliente, solidale, multietnica, nella quale l’uguaglianza rappresenti una risposta alternativa all’individualismo e alla conseguente traduzione in solitudine nella quale si ritrovano le fasce più deboli della popolazione.
Solitudine perchè “vaucher” e bonus.
Qualità, come paradigma per orientare le strutture dello stato sociale, così come qualità per rispondere alle esigenze di sviluppo della nostra economia e di competitività delle nostre imprese.
Qualità nei servizi e qualità della produzione, in alternativa a una idea di competizione del sistema paese tarata – come è stato in questi anni – sull’ossessione del taglio dei costi. Siano essi costi di produzione che costi dei servizi pubblici. Qualità, perciò, per una idea altra di sviluppo del paese.
Pubblico, inteso come riaffermazione di centralità di ruolo e funzioni. C’è bisogno di maggiore presenza del pubblico. C’è bisogno che si inverta la tendenza al ritrarsi delle strutture pubbliche e a privatizzare, magari in modo strisciante, come avviene, spesso, utilizzando la costituzione di Fondazioni, oppure – come nel caso di investimenti – maneggiando con troppa disinvoltura i proget financing. C’è bisogno, certamente, di ridare ruolo e funzione al pubblico, in termini di progettazione e controllo, ma il tutto non si può esaurire solo a quel livello. Non c’è alcuna idea statalista in noi. Semplicemente pensiamo che non c’è vera alternativa in questo campo – intendo alternativa di qualità – al neo-liberismo, se non rilanciando il ruolo del pubblico, quale soggetto primario e capillarmente presente nella gestione dei servizi.
Lavoro, pensando a quelle decine di migliaia di donne e uomini che operano nelle strutture dei servizi e che spesso rappresentano l’unico punto di riferimento per chi ha bisogno e l’unica risposta dal punto di vista della qualità dei servizi. Questo valore – il lavoro – non solo non è stato considerato, ma, addirittura, si è pensato ad esso puramente come un costo. La centralità del valore lavoro, per noi, rappresenta invece un cardine essenziale per quel processo d’innovazione di cui sentiamo l’assoluta esigenza. E quando parliamo di valore lavoro, non intendiamo solo la messa in atto di tutti i processi relativi alla garanzia dei diritti, alla valorizzazione professionale, alla salvaguardia della contrattazione, alla necessità di processi formativi continui.
Tutto ciò è naturalmente assai importante.
Ma noi, pensiamo anche alla rimessa in campo di una grande idea e pratica di partecipazione – per molti versi simile a quella che caratterizzò una fase partecipativa assai ricca di cambiamenti e innovazioni (penso agli anni della discussione sulla privatizzazione del rapporto di lavoro, o quelli delle grandi riforma della pubblica amministrazione) – .
Partecipazione, quindi, quale condizione per sentirsi partecipi e protagonisti di un grande processo innovatore, ispirato alla qualità. Peraltro, non ci potrà essere alcuna innovazione nella testa di chi lavora. La storia ce lo insegna.
Europa, intesa come conferma dell’impegno alla costruzione di una sua indispensabile dimensione politica, senza nessuna rassegnazione alla deriva contraria sulla quale ci si sta incamminando. Certo, pesano i risultati referendari di alcuni paesi, ma pesa anche l’idea antieuropea messa in campo in questi anni dal nostro Governo. Noi lavoriamo, quindi, in direzione di riprendere il cammino per la costruzione di un’Europa politica. Noi lavoriamo dentro il quadro strategico definito a Lisbona, per costruire quel modello sociale e di sviluppo. Rifiutiamo un’idea negativa, al ribasso, del processo d’integrazione, quale quella che ci viene consegnata dalla Bolkestein e ci impegnamo per rendere fattibile una integrazione intesa come crescita di quelle realtà che hanno ritardi maggiori.
Integrazione e territorio come scelte da praticare per affermare una politica che assuma davvero le discriminanti di cui parlavo, a partire dalla centralità della persona. E’ a quella centralità, infatti, che occorre piegare – nello stato sociale del nuovo millennio – le strutture e non viceversa, come è, sostanzialmente, successo finora.
E’ la persona, con la sua complessità e con la complessità e spesso concatenazione di bisogni che porta con sé, che necessita di una risposta. Risposta che non può che essere figlia di un processo integrato di intervento e di un determinato territorio che lo sappia programmare, governare e realizzare.
Risorse, poiché occorre rendere esplicita: sia l’esistenza di un problema quantitativo, anche in riferimento agli altri paesi europei; sia il valore democratico del finanziamento dello stato sociale, della redistribuzione della ricchezza e, per questa via, la necessità che la tassazione non venga considerata – come è avvenuto in questi quattro anni – un fastidio o un’ inutile e dannosa “estorsione” per i cittadini italiani.
Infine contrattazione e partecipazione.
Contrattazione, quale effettivo strumento di cambiamento che il sindacato ha a disposizione e dal quale far discendere la possibilità completa di agire il cambiamento stesso.
Partecipazione, perché lo stato sociale che vogliamo e di cui c’è bisogno vive solo se sollecita e consente partecipazione diffusa. Il contrario di quel che la destra propugna.
Terzo settore, volontariato, quindi, intesi non come semplici strumenti di un pubblico che si ritrae dalla gestione dei servizi, bensì come un valore da aggiungere, da immettere nel sistema per un di più di cui c’è un gran bisogno.
Come vedete, sono parole che indicano una idea di stato sociale, di sistema di protezioni, di tutele che immaginiamo e perseguiamo. E, al contempo, indicano anche politiche concrete per realizzare più giustizia sociale, uguaglianza, esigibilità dei diritti, libertà.
Vogliamo continuare a ragionare come Cgil su tutto questo.
Vogliamo verificare con voi, cari ospiti – in un percorso che non è iniziato oggi e che continuerà a materializzarsi attraverso la Rivista, fino alla prossima Conferenza nazionale della Cgil sul diritto alla salute – la fondatezza di questi ragionamenti, se necessario la loro correzione, il loro arricchimento, la loro concreta applicabilità.

/wp-contents/uploads/doc/“>


Related Articles

Un boom di richieste per sfuggire al controllo

Loading

AUTISTICI/INVENTATI Il cofondatore Bomboclat 

Nel mese d’agosto, il server autogestito dal collettivo Autistici/Inventati (A/I) ha dichiarato di voler chiudere temporaneamente alle nuove utenze, a causa dell’enorme quantità di richieste.

Covid. Nel decreto salta lo «scudo penale» per il personale scolastico

Loading

Nel «Dl semplificazioni» la norma non c’è. I presidi: «Scarsa attenzione dalla politica». Il movimento «Priorità alla scuola»: «Nelle scuole iniziano a essere sottoposti ai genitori “patti di corresponsabilità”»

I direttori a orologeria colpo di grazia ai musei

Loading

 

COLPO di coda di Ornaghi, colpo di grazia ai musei italiani. Delegittimati davanti ai colleghi stranieri dallo scarso potere decisionale, umiliati da stipendi miserevoli, marginalizzati dall’assenza di risorse, i direttori dei nostri musei sono ora ufficialmente messi alla gogna da una circolare in gestazione da mesi (quando Ornaghi era ministro)

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment