TAV: fermare tutto. Le valutazioni degli scienziati

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dal Corriere della Sera, 14 novembre 2005

«Un rischio per le falde Bisogna fermare gli scavi»

ROMA – «Alta velocità in Val di Susa? Io, per ora direi semplicemente “Alt“. Fermi tutti. Ragioniamoci e vediamo se il progetto è compatibile con la situazione geologico-ambientale della valle. A me, a prima vista, sembrerebbe di no. Ma un’indagine tecnica molto più approfondita è d’obbligo, prima di fare altre sciocchezze, come ne sono già state fatte in diverse parti del nostro Paese». Enzo Boschi, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, professore di sismologia all’università di Bologna, scende dalla parte degli abitanti e dei sindaci della Val di Susa che invocano quanto meno la moratoria, se non addirittura un ripensamento, sul progetto del grande tunnel che dovrebbe perforare oltre 50 km di montagna per il nuovo tracciato ferroviario tra Venaus e St. Jean de Maurienne. Professore, stavolta è schierato con gli ecologisti?
«Non mi piacciono queste schematizzazioni. Bisogna valutare caso per caso, senza pregiudizi. E il caso Val di Susa impone molte cautele prima di avviare opere civili così imponenti».
Cosa teme come studioso di scienze della Terra?
«Innanzitutto ritengo che in quella valle sia stato perpetrato una sorta di accanimento di opere civili, tutte concentrate in un territorio così vulnerabile dal punto di vista geologico e ricco dal punto di vista paesaggistico: ferrovie, autostrade, tunnel. Dobbiamo continuare pure con la realizzazione di questa supergalleria? A quali danni andiamo incontro? Ne vale la pena? Ci sono alternative?».
Quali sarebbero i danni geologici o geofisici?
«Il primo e più rilevante a cui penso è la questione delle falde acquifere sotterranee. Uno scavo di quelle dimensioni, che presuppone la rimozione di svariati milioni di metri cubi di roccia, non può fare a meno di intercettare il ricco patrimonio di riserve acquifere sotterrane presente nella valle. C’è da aspettarsi che una gran parte di questo patrimonio possa andare disperso e che altre falde possano essere inquinate a causa dei lavori faraonici. D’altra parte abbiamo già assistito a devastazioni del genere in occasione degli scavi del grande tunnel sotto il Gran Sasso, tanto per fare un esempio».
Allora tutti a casa e buonanotte all’alta velocità?
«Allora, pur confessando che non sono un esperto di falde acquifere sotterranee, dico che è ben motivato il suggerimento di quanti dicono di fermarsi e avviare un’indagine supplementare super partes. Si possono fare sondaggi e valutazioni rischi-benefici più approfondite. Non andiamo avanti alla cieca».
In Italia questo equivale a fermare la modernizzazione del Paese: c’è sempre qualche vincolo naturalistico.
«Non bisogna fare mai di un’erba un fascio. Considerare le grandi opere una per una. Prendiamo il Ponte sullo Stretto. Penso che sia importante e che vada fatto. Ma come? Senza aver prima eseguito le necessarie misure di deformazione in quella zona delicatissima da un punto di vista geodinamico? Lo sa che il Ponte modificherà lo stato dinamico di tutto il sistema e, se non avremo fatto prima le necessarie indagini, perderemo per sempre delle informazioni preziose? No, così non si fa modernizzazione».
Non ci resta che rimettere a posto la vecchia Salerno-Reggio Calabria.
«Sì ma anche quella facciamola bene. Io ho il sospetto che alcuni dei viadotti in via di rifacimento o già realizzati non tengano conto del rischio sismico…».

Franco Foresta Martin

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