Il disastro carcerario: il digiuno continua. Articolo di Segio
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In alcune città (oggi a Milano) si fanno spettacolari esercitazioni sull’emergenza “antiattentato”, più o meno utili e necessarie e che naturalmente e doverosamente riempiono per giorni le pagine dei giornali e dei telegiornali.
C’è un’emergenza assai meno visibile e del tutto trascurata: quella che giorno per giorno accresce il disagio di chi vive ma anche di chi lavora nelle carceri. Di fronte a essa il silenzio è assoluto, la disattenzione della politica quasi totale.
Per cercare di rompere questa cappa opprimente, da 10 giorni è in atto una iniziativa nazionale che ha già raccolto molte e significative adesioni. Chi scrive è al quinto giorno di digiuno totale, altri hanno digiunato o stanno digiunando in una staffetta che durerà alcune settimane.
Oggi abbiamo tenuto una conferenza stampa davanti al carcere di San Vittore, nei prossimi giorni iniziative analoghe si terranno in altre città per dire ad alta voce che la situazione carceraria è ormai insostenibile
Il sistema penitenziario è diventato come il Titanic: sull’orlo del naufragio. E mentre questo succede, i responsabili dell’amministrazione e il governo ballano sulla tolda, incuranti del pericolo e delle grida, delle richieste di soccorso.
Eppure, un piccolo miracolo i responsabili della giustizia e del governo lo hanno compiuto: quello di mettere d’accordo tutti nella denuncia senza appello di questa situazione.
• Lunedì 19 gli avvocati penalisti hanno scioperato compatti contro la legge ex Cirielli, detta “Salva-Previti”.
• I sindacati confederali e autonomi degli agenti e del personale dipendente dell’amministrazione penitenziaria hanno proclamato lo stato d’agitazione e mercoledì 28 settembre effettueranno una manifestazione nazionale a Roma per protestare contro il sovraffollamento delle carceri (giunto al 31 agosto 2005 a 59.649 detenuti presenti a fronte di una capienza nelle 207 carceri di 42.959 posti) e le condizioni di lavoro.
• Dal 5 al 7 ottobre il sindacato degli infermieri penitenziari ha organizzato la mobilitazione e a Roma gli infermieri stazioneranno giorno e notte davanti al DAP, per protestare contro la continua diminuzione delle ore di assistenza infermieristica nelle carceri e contro il trattamento economico e di lavoro loro riservato, per chiedere il passaggio al sistema sanitario nazionale, come disposto dalla legge sin dal 1999. Per capire qual è la situazione sanitaria, basti sapere che nel 57,5% delle carceri si sono registrati casi di TBC e nel 66% di scabbia.
• Nei mesi scorsi gli assistenti sociali e il personale dei Centri di servizio sociale del ministero della Giustizia avevano protestato contro la legge “Meduri” sul riordino delle carriere dirigenziali, per gli effetti negativi che questa porterà dal punto di vista delle misure alternative e del sostegno al reinserimento sul territorio.
• Assistenti sociali, educatori e psicologi continuano peraltro a essere pesantemente sotto organico. Rispettivamente, sono 1.223 rispetto ai 1.630 previsti dalla pianta organica (1 ogni 48 detenuti); 551 anziché 1.376 (uno ogni 107 detenuti); 400, con una media di sole 2 ore per istituto (uno ogni 148 detenuti).
• Sempre nei mesi scorsi, numerose proteste hanno avuto luogo in molte carceri da parte dei detenuti per denunciare le intollerabili condizioni di vita, per chiedere riforme e indulto. Proteste invisibili, che non hanno avuto eco all’esterno e sui media, anche perché il carcere è tornato a essere un mondo opaco, a sé stante.
• Infine, anche noi, associazioni, sindacati, volontariato siamo di nuovo costretti a promuovere un’iniziativa di sollecitazione dell’opinione pubblica e delle forze politiche, con il digiuno a staffetta e con altre iniziative pubbliche.
Mercoledì 28 settembre effettueremo un sit-in davanti alla sede del Consiglio Regionale della Lombardia con l’iniziativa della “Memoria itinerante”, che ricorda i nomi delle 70 persone morte in carcere dall’inizio dell’anno e che sarà ripetuta davanti ad altre carceri nelle prossime settimane. Si tratta del triste censimento che meritoriamente viene svolto dalla rivista “Ristretti orizzonti” del carcere di Padova e Venezia (www.ristretti.it), certamente incompleto, stante che i dati ufficiali da tempo non vengono resi noti. Si tratta di morti di carcere, non semplicemente in carcere: la gran parte per suicidio e per malasanità.
Nei giorni scorsi è stato sollecitato il presidente della Camera Casini, che ha preso atto della grave situazione e in particolare del sovraffollamento, riservandosi di sottoporre all’attenzione dei Capigruppo talune proposte di legge in materia all’esame della Camera. Nei prossimi giorni anche i promotori di questa iniziativa si rivolgeranno ai Capigruppo parlamentari per sollecitare la messa all’ordine del giorno di alcune misure legislative.
Questi sono il significato e gli obiettivi della nostra iniziativa e del mio appello, che abbiamo chiamato senza tema di enfasi “Il disastro carcerario e la disattenzione della politica”:
– chiedere ad alta voce al Parlamento che in questi ultimi mesi della legislatura trovi posto nel calendario dei lavori almeno l’approvazione della legge che istituisce il Garante nazionale delle persone private della libertà, arenatasi in Commissione Giustizia.
– Diversamente, chiediamo con forza che venga abbandonata la legge “ex Cirielli” sulla recidiva (nonché quella Fini sulle droghe), che produrrebbero in breve volgere di tempo un sensibile aumento della popolazione detenuta (stimato in una crescita di presenze del 25%), con tutti i rischi del caso e con l’ulteriore penalizzazione della gran massa dei detenuti, vale a dire i più poveri, privi di difesa e di opportunità. La vera prevenzione del crimine non si fa inasprendo le pene ma consentendo un reale recupero e reinserimento attraverso misure ad hoc, come quel “piccolo piano Marshall per le carceri” che avevamo proposto nella passata legislatura e che è stato colpevolmente lasciato cadere dopo molte promesse. Un piano che intendiamo rilanciare nei prossimi mesi. Se pensiamo che tenere una persona in carcere, per giunta in queste condizioni inaccettabili, costa 200 euro al giorno, è agevole pensare che investire nel recupero e nel reinserimento consente anche risparmio economico alla collettività, oltre che rispetto delle leggi.
– Chiediamo che alcune buone leggi già esistenti vengano finalmente applicate: dalla legge “Finocchiaro” per la scarcerazione di bambini e delle detenute madri (oggi vi sono in carcere 60 bambini e 54 madri, più di quanti ve ne fossero prima della legge), a quella “Smuraglia” per incentivare il lavoro penitenziario, a quella del passaggio di competenze della sanità penitenziaria al sistema sanitario nazionale, a quella che consente la scarcerazione dei malati gravi, sino al Regolamento penitenziario approvato nel 2000, tuttora inapplicato o eluso nella gran parte dei penitenziari. Il carcere, abbiamo detto in questi giorni, è in situazione di pesante e perdurante illegalità.
– Ma, al di là di questo scorcio di legislatura, chiediamo alle forze politiche e in particolare al centrosinistra che si candida a governare nel 2006, di prendere sin da ora precisi impegni su queste materie, da inserirsi nei programmi e da realizzare nei primi 100 giorni di governo. Impegni che diano il segno inequivocabile di un cambiamento di rotta rispetto alla politiche sin qui seguite (e non solo nell’attuale legislatura) in materia penale e penitenziaria. Magari riprendendo anche quella proposta di abolizione dell’ergastolo, già approvata da un ramo del parlamento nella passata legislatura e poi lasciata cadere, e quella dell’amnistia e indulto per la quale ci siamo a lungo battuti, che si è scontrata contro il muro di gomma dell’indifferenza e indisponibilità delle forze politiche di entrambi gli schieramenti. Indifferenza e indisponibilità che ci hanno condotto su questo Titanic, ora in procinto di affondare definitivamente.
Sergio Segio
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